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Porti chiusi, da Reggio l'affondo di Gerardis: «Perso il senso di umanità»

Il presidente della Corte d’appello sulla stretta voluta dal governo sui migranti: «La dignità umana travolta da condotte dettate da altri fini. La solidarietà è diventato un optional»

Pubblicato il: 26/01/2019 – 20:10
Porti chiusi, da Reggio l'affondo di Gerardis: «Perso il senso di umanità»

REGGIO CALABRIA Il primo a parlarne è stato il procuratore generale della Cassazione, ma nella giornata di apertura dell’anno giudiziario (lo abbiamo raccontato qui), non c’è Corte d’appello che non abbia affrontato la stretta voluta dal governo sui migranti. Con toni più o meno critici, in maniera più o meno diretta, da Nord a Sud le toghe si sono schierate contro la linea dei porti chiusi e dei diritti negati. E anche da Reggio Calabria, città che per il presidente della Corte d’appello Luciano Gerardis «generalmente ha offerto per la prima accoglienza, in assoluta consonanza con le proprie radici storiche e culturali, un esempio di mirabile solidarietà attraverso armoniche sinergie tra istituzioni e associazioni laiche e religiose di volontariato», sono arrivate parole dure.
«Le cronache giornaliere ci atterriscono con il racconto di un mondo che sembra aver smarrito, in talune occasioni persino il senso di umanità – afferma Gerardis –. La dignità dell’uomo, invocata anche dal primo articolo della Dichiarazione universale dei diritti umani, in più occasioni sembra travolta da condotte dettate da altri fini. La solidarietà, di cui tratta la nostra Costituzione, appare un optional che può mettersi da parte senza alcuna conseguenza. Si torna financo a discutere di razzismo, comunque mascherato, condannato dalla Storia dopo aver determinato milioni e milioni di vittime e drasticamente bandito dal nostro universo legislativo. Il pensiero va in proposito anche all’Olocausto che domani verrà ricordato in tutto il mondo a vergogna di chi l’ha provocato e di chi ancora alimenta simili disumani sentimenti. La povertà poi, invece di interpellare le coscienze, è talvolta osteggiata perché visto come un attentato al decoro pubblico». Un affresco desolante di «una fase post ideologica» spiega il presidente della Corte d’appello, in cui «le grandi ideologie non esercitano più la loro influenza, alcune sono tramontate quasi del tutto,altre sono state soggette ad una profonda revisione da un mondo che le ha adattate alle mutate condizioni socioeconomiche. Ma questo non significa che possano essere pretermessi i valori su cui si fonda la nostra civiltà e la nostra stessa Costituzione da essi ispirata, che si apre appunto con i principi fondamentali, indefettibile ordito su cui va tessuta l’intera legislazione».

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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