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'Ndrangheta, 13 pentiti condannati per la guerra di mafia a Lamezia

Pene da 20 a 2 anni per i collaboratori di giustizia considerati legati alla cosca Giampà. Una lunga scia di sangue che parte dal 2000 e arriva al 2011

Pubblicato il: 29/01/2019 – 18:38
'Ndrangheta, 13 pentiti condannati per la guerra di mafia a Lamezia

CATANZARO Condanne dai 20 ai due anni di reclusione sono state inflitte dal gup Claudio Paris a 13 collaboratori di giustizia considerati legati, prima della collaborazione, alla cosca Giampà di Lamezia Terme. Le accuse contestate agli imputati sono emerse nel corso dei vari processi – , da “Medusa” a “Perseo”– che la Dda di Catanzaro ha istruito contro il clan egemone nella città della Piana e sono reati dei quali gli stessi collaboratori si sono addossati la responsabilità. Sono contestati, a vario titolo, l’associazione a delinquere di stampo mafioso, l’omicidio, il tentato omicidio, estorsione, violenza e minacce, rapina, danneggiamento fraudolento, intimidazione. Il passato criminale dei collaboratori è riassunto in un lungo elenco di capi di imputazione per i quali c’è da pagare lo scotto.
Il gup Claudio Paris ha inflitto 20 anni a Giuseppe Giampà (imputato, tra le altre cose, per 11 omicidi), figlio del promotore della consorteria Francesco Giampà, e “reggente” dopo la carcerazione del padre. Diciotto anni sono stati inflitti ad Angelo Torcasio; 17 anni e 6 mesi per Saverio Cappello; 16 anni e 6 mesi per Rosario Cappello; 6 anni per Giuseppe Cappello; 16 anni e 6 mesi per Francesco Vasile; 15 anni per Battista Cosentino; 15 anni per Luca Piraina; 6 anni e 8 mesi per Francesca Teresa Meliadò; 3 anni per Vincenzo Ventura; 9 anni e 3 mesi per Giuseppe Catroppa; 10 anni per Pasquale Catroppa; 2 anni e 6 mesi per Francesco Mario Meliadò.
GLI OMICIDI Numerosi sono gli omicidi che vengono imputati ai collaboratori. Una lunga scia di sangue che parte dal 2000 fino al 2011 e vede protagonisti esponenti di spicco e affiliati al clan Giampà. Alcuni di loro sono stati giudicati e condannati nel corso di separati procedimenti. In questo caso sono state tenute in conto le posizioni autoaccusatorie dei collaboratori. Le vittime sono appartenenti al clan rivale dei Cerra-Torcasio-Gualtieri o sono organici della cosca ritenuti non più affidabili. Unica eccezione il duplice omicidio Izzo-Molinaro, avvenuto nel 2000, prima che la consorteria Giampà-Cerra-Torcasio si dividesse dando vita a una faida violentissima.
Si parte dal 2000, con il duplice omicidio di Pasquale Izzo e Giuseppe Molinaro avvenuto in un bar di via del Progresso, imputato a Giuseppe Giampà, che si è addossato la colpa di avere organizzato l’azione omicidiaria. La vittima designata era Izzo, “reo” di appartenere al gruppo rivale di Giampà “Tranganiello”. Molinaro è stata una vittima collaterale e innocente della faida.
Nel 2003 la guerra tra Giampà e Cerra-Torcasio-Gualtieri è ormai scoppiata. A ottobre avviene il delitto Giuseppe Torcasio, detto “U ciucciaru”. Ad avere mandato di uccidere Torcasio è Angelo Torcasio che lo fredda nel parcheggio del centro commerciale “i Pini” dove l’uomo era in macchina ad aspettare moglie e figlio.
Nel 2004 vi è l’omicidio di Domenico Zagami, legato alla cosca rivale dei Cerra-Torcasio-Gualtieri. In questo procedimento il delitto è imputato a Giuseppe Giampà, Angelo Torcasio e Saverio Cappello.
Sempre nel 2004, a novembre, avviene l’omicidio di Giovanni Gualtieri, legato e imparentato con la consorteria rivale. Ucciso mentre sedeva in una sala giochi. Tra promotori e organizzatori, in questo procedimento, vi sono Giuseppe Giampà, Rosario Cappello, Angelo Torcasio, Saverio Cappello.
Nel gennaio 2005 viene ucciso Francesco Zagami, fratello di Domenico Zagami assassinato dalla cosca Giampà l’anno prima. Si temeva che volesse vendicare il fratello ucciso mentre guidava la propria auto da due killer a bordo di un motorino. Per questo delitto, in questo processo, sono imputati Giuseppe Giampà, Rosario Cappello, Angelo Torcasio, Saverio Cappello.
A dicembre 2005 è stato trovato carbonizzato nella propria auto Pietro Pulice. Era un uomo della cosca Giampà, un killer. Aveva ucciso Giovanni Gualtieri nella sala giochi. Ma era considerato “scomodo” perché fuori controllo e non affidabile. Saverio Cappello è l’esecutore materiale del delitto organizzato da Giuseppe Giampà insieme ad altro esponenti apicali della cosca, e Rosario Cappello.
A Luglio 2005 risale l’omicidio di Filippo Pantano, imputato a Giuseppe Giampà e Rosario Cappello.
A febbraio 2005 vi è l’omicidio di Antonio Deodato, imputato in questa sede a Giuseppe Giampà e Saverio Cappello.
Il duplice omicidio Spena-Vaccaro avviene a ottobre 2006 e ne sono responsabili, in questo procedimento, Giuseppe Giampà, Francesco Vasile e Angelo Torcasio.
Federico Gualtieri viene ucciso a marzo 2007. Per questo delitto sono stati giudicati dal gup Paris Rosario Cappello, Battista Cosentino, Angelo Torcasio e Saverio Cappello.
L’omicidio di Bruno Cittadino risale a luglio 2008. In questo procedimento sono imputati Giuseppe Giampà e Francesco Vasile.
Roberto Amendola è stato ucciso a novembre 2008 per ordine, tra gli altri, di Giuseppe Giampà.
A marzo 2010 risale l’omicidio di Giuseppe Chirumbolo; benché organico della cosca era sospettato di non essere affidabile e Saverio Cappello aveva istigato Giuseppe Giampà a eliminarlo perché sarebbe venuto a conoscenza del fatto che Chirumbolo voleva farlo fuori. A commettere materialmente il delitto è Francesco Vasile.
A dicembre 2010 viene fatto fuori Nicola Gualtieri “U coccodrillo”. In questo processo, per questa morte, sono imputati Giuseppe Giampà, Francesco Vasile e Luca Piraina.
Torcasio Vincenzo detto “Carrà” è stato ucciso a giugno 2011 mentre assisteva a una partita di calcetto. Imputati in questo procedimento Giuseppe Giampà e Angelo Torcasio.
Un mese dopo viene ucciso il figlio di Vincenzo Torcasio, Francesco. Tra i promotori, Giuseppe Giampà e Angelo Torcasio.
La faida vede anche cinque tentati omicidi: quelli di Umberto Egidio Muraca e Angelo Francesco Paradiso, Pasquale Gullo e Pasquale Torcasio e Antonio Villella.

Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it

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