ROMA «Male non fare, paura non avere». Nicola Morra usa un proverbio per sintetizzare la sua posizione. Il senatore pentastellato calabrese, da presidente della commissione Antimafia, si candida (e non è la prima volta) a portavoce della corrente antisalviniana del M5S. Il suo punto di vista, spiegato in un colloquio con il Fatto Quotidiano, richiama l’«humus» che il Movimento ha tratto «da un piano pre-politico», un retroterra per cui, si chiede Morra, i pentastellati forse dovrebbero «rispondere sì a prescindere ai giudici».
Il cronista Luca de Carolis lo intercetta mentre scende le scale di Palazzo Madama e l’argomento è, ovviamente, il caso Diciotti e il voto sul rinvio a giudizio di Matteo Salvini per sequestro di persona. Morra è evidentemente per il sì: «Nessuno di noi si deve sottrarre al giudizio».
«Quando – continua – da cittadino, ma anche da uomo delle istituzioni, pongo in essere delle scelte, devo risponderne pienamente». E ancora: «Se io dimostro che ho agito nel modo giusto, svolgo una funzione sociale importantissima. La magistratura deve sempre poter avere dubbi sull’operato della politica». Il presidente dell’Antimafia ricorda che «la credibilità è la dote più importante con cui un soggetto politico può ottenere consenso», soprattutto per gli “intransigenti” 5stelle, che sulla questione, ammette Morra, si giocano molto: «Un atteggiamento ondivago non aiuterebbe».
Il senatore nega che ci siano spaccature interne: «Non c’è una lacerazione tra giovani o vecchi, etici o non etici. Tutti dobbiamo riassaporare l’humus del Movimento. E siamo convinti che Salvini e gli altri ministri non abbiano commesso alcun reato». «So che siamo profondamente cambiati – aggiunge – rispetto alle origini, ma tra i nostri valori c’è la convinzione che chi è nel Palazzo non possa godere di un trattamento differente. Non possiamo ridurci a fare i cassazionisti, dopo aver proposto un sistema giudiziario con due gradi di giudizio».
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