LAMEZIA TERME A marzo scade il supplemento di indagini di 120 giorni che il gip ha concesso a fine ottobre, quando si è discusso della richiesta di archiviazione del caso. E più passano i giorni più emergono elementi che potrebbero portare a nuove verità sul caso di Sissy Trovato Mazza. La 28enne agente penitenziaria di origini calabresi è morta il 12 gennaio scorso dopo due anni di agonia: era in stato vegetativo a causa di un colpo di pistola alla testa ed era stata trovata in fin di vita, a novembre del 2016, in un ascensore dell’ospedale di Venezia. All’epoca lavorava al carcere femminile della Giudecca e sulla sua morte aleggiano molti, troppi misteri. I familiari non vogliono sentire parlare di suicidio e non sono gli unici ad avanzare seri dubbi su questa ipotesi. Intanto si indaga per istigazione al suicidio e nella nuova tranche investigativa è stato concesso l’esame delle celle telefoniche e quello del pc in uso all’agente. In attesa di capire se ne possa venire fuori qualcosa di utile alle indagini, sono emersi anche nuovi dettagli sulle denunce che Sissy aveva messo nero su bianco in relazione a presunte scorrettezze cui avrebbe assistito nel penitenziario veneziano. La testata Fanpage ha poi raccolto le testimonianze di una ex detenuta e di una collega di Sissy che, in sostanza, suffragano le ipotesi secondo cui la giovane agente penitenziaria sapeva di essere in pericolo per la volontà di denunciare quanto aveva visto in carcere.
L’ultima novità è quella delle tracce biologiche che sarebbero state trovate sulla pistola che era in uso a Sissy e, in attesa dell’esame del Dna che potrebbe rivelarne l’origine, a esprimere un parere sul caso è anche un esperto criminalista calabrese, Sandro Lopez, che da perito balistico si è occupato di migliaia di casi e che sulla morte di Sissy non ha dubbi: «Nelle indagini – sostiene – ci sono state evidentemente delle omissioni». Molti rilievi investigativi, secondo Lopez, non sono stati fatti quando andavano fatti e, adesso, anche gli esiti dell’esame del Dna sulla pistola potrebbero non portare a una svolta. «Il Dna è un caposaldo delle indagini, non lo metto in dubbio – spiega il perito balistico – ma potrebbe non avere nessun significato forense perché, essendo la sua pistola, è probabile che ci siano tracce di Sissy. La speranza è che ci siano tracce di altri ma potrebbero essere finite su quell’arma in molti modi e sarebbe difficile provare un’eventuale correlazione con lo sparo che l’ha uccisa». L’unica novità di rilievo, secondo Lopez, sarebbe invece se sull’Arma non ci fosse alcuna traccia di Dna, perché in quel caso «sarebbe davvero evidente che ci sia stata una manipolazione», cioè che qualcuno abbia ripulito l’arma proprio per cancellare le tracce. I dubbi più consistenti, secondo l’esperto calabrese, riguardano però la posizione della pistola al momento dello sparo: «Ho lavorato a migliaia di casi – spiega Lopez – e mai mi è capitato che qualcuno si sia suicidato sparandosi dietro l’orecchio, quasi sulla nuca. Mai nessuno, da ciò che mi risulta, ha messo la canna della pistola in quel modo per suicidarsi. Da un punto di vista anatomico è molto difficile, con un’arma come quella sarebbe complicatissimo. Sarebbe stato fondamentale fare, quando andava fatta, un’analisi balistica seria sul punto di entrata del proiettile. Così come uno stub immediato avrebbe rivelato con certezza se a sparare fosse stata lei stessa o meno». Invece la traiettoria dello sparo, secondo quando sostenuto più volte dal padre di Sissy, sarebbe stata ricostruita «senza aver esaminato da subito la ferita di mia figlia, visitata da un medico legale solo un mese dopo i fatti». E lo stesso ascensore dove è stata ritrovata è stato subito ripulito dopo la tragedia. «Omissioni», secondo Lopez, che potrebbero aver pregiudicato la ricerca della verità sulla morte di una ragazza non ancora trentenne.
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