VIBO VALENTIA Avevano annunciato con un certo orgoglio che per la prima volta i vibonesi avrebbero potuto «dare l’avvio a quella “rivoluzione gentile” da più parti invocata». E in effetti come inizio non c’è male. Per la prima volta a Vibo, ha fatto sapere una settimana fa (ne abbiamo dato notizia qui) il deputato Riccardo Tucci, alle elezioni comunali del maggio prossimo sarà in campo una lista targata M5S. A distanza di pochi giorni arriva anche il nome del candidato a sindaco, annunciato sempre dal giovane parlamentare che si vide catapultato a Montecitorio dopo un clamoroso “ripescaggio” avvenuto due settimane dopo il voto del 4 marzo 2018.
«È l’architetto Domenico Santoro – si legge in una nota diffusa da Tucci – il candidato a sindaco designato dal Movimento cinque stelle per il Comune di Vibo Valentia per la prossima tornata elettorale». Sessantaquattro anni, professore di Storia dell’arte e sicurezza urbana, «dottore in ricerca in pianificazione territoriale», Santoro ha un curriculum accademico di tutto rispetto avendo anche «frequentato un master in Economics presso la Northeastern di Boston (U.s.a)». Il professore/neocandidato ha anche «pubblicato vari libri nel campo dell’urbanistica e della partecipazione cittadina», «ha svolto diverse ricerche in campo universitario sul tema del recupero urbanistico e della legge urbanistica della Calabria» e, attualmente, «si occupa dei temi legati alla sicurezza urbana legata ai fattori della partecipazione cittadina come elemento di una “democrazia aumentata”». Infine, è stato «segretario della sezione calabrese dell’Istituto nazionale di urbanistica (Inu)».
All’annuncio ne segue però un altro un po’ più stringato, una «errata corrige» inviata alle redazioni appena un quarto d’ora dopo il primo comunicato. «Il candidato Santoro – è la precisazione di Tucci – non lo è ancora del Movimento, ma del Meetup. Lo diverrà successivamente del M5S (salvo imprevisti)». Il piccolo capolavoro è dunque confezionato: l’esordio pentastellato (con gaffe) a Vibo si tramuta subito in una contorsione che nulla ha da invidiare alle pratiche cervellotiche dei partiti tradizionali (di cui abbiamo scritto qui). La «rivoluzione gentile» può comunque cominciare. Salvo imprevisti.
s. pel.
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