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Regionalismo differenziato, il no della Fismu

La denuncia della Federazione: «Si prosegue sul solco degli errori del malinteso federalismo del Titolo V. L’assistenza sanitaria per i cittadini non è già garantita in modo omogeneo, così sarà anc…

Pubblicato il: 10/02/2019 – 14:28
Regionalismo differenziato, il no della Fismu

È in corso a Roma, presso la sede dell’Enpam, la segreteria nazionale della Federazione Italiana Sindacale dei Medici Uniti-Fismu Nel corso dell’introduzione, il segretario nazionale Franco Esposito, ha espresso, «una forte preoccupazione per le ricadute sulla sanità e i servizi per i cittadini, a seguito degli ulteriori interventi del Governo sul federalismo differenziato, sul solco della riforma del malinteso federalismo del Titolo V e delle decisioni, anche del precedente governo, prese con alcune regioni: Veneto, Lombardia, Emilia Romagna».
«Sulle “trovate” delle Regioni – racconta Esposito – vogliamo fare un ulteriore esempio: la boutade sui media sulla formula dei micro-team per la riorganizzazione della Continuità Assistenziale in Campania. E non potevano non mancare le preoccupazioni e le polemiche per la ristrutturazione di un servizio essenziale per i cittadini per garantire l’assistenza h24. Purtroppo questo è l’ennesimo capitolo di una vecchia malattia, quella di fare finta di cambiare tutto per non cambiare niente e demolire, o indebolire, anche esperienze positive nel territorio. Parlando di aggressioni, si riapre la porta per rimettere in discussione la guardia medica h24. Un errore».
«Stesso discorso – sottolinea – si può fare con la gestione della cronicità in Lombardia, di fatto privatizzata, o la demedicalizzazione del 118 in Emilia Romagna. Dal nord la sud, una responsabilità che però non è solo quindi delle Regioni. Dal ministro Grillo vorremmo sulla questione meno dichiarazioni alla stampa e più atti concreti, visto che ha un incarico di governo. I Lea, i livelli essenziali, non sono già da anni rispettati, purtroppo, ma questa è una strada in discesa, una corsa senza freni verso la demolizione dei diritti».
«Prima di avventurarci in nuove ipotesi sulla riforma delle cure primarie, dell’emergenza-urgenza, dell’ospedalità, che poi abbandoneremo fra qualche anno – spiega ancora Esposito – esaminiamo le realtà esistenti, forse alcune soluzioni sono a portate di mano. Assistiamo periodicamente a proposte di riorganizzazione della medicina territoriale, abbiamo il vizio di inventarci sempre formule nuove senza mai attuarne una fino in fondo. Ci siamo innamorati di volta in volta delle case della salute, delle Utap, poi delle Uccp e via di seguito con le varie varianti regionali».
«Ogni volta – prosegue – buttiamo a mare le varie esperienze maturate senza fare un’analisi seria. Per esempio, tra i mille problemi della sanità calabrese, nell’Asp di Catanzaro, da quattro anni è stata avviata una sperimentazione, consolidata nel nuovo Air, di ristrutturazione della medicina territoriale che ha visto coinvolti oltre 80.000 pazienti. I risultati dei dati, forniti dalla stessa Asp, dimostrano che la sperimentazione è sicuramente positiva anche in termini economici grazie alla riduzione dei codici bianchi, alla riduzione dei ricoveri impropri, alla soddisfazione dei pazienti coinvolti, alla capacità di fornire risposte diagnostiche di primo livello in tempi brevi, all’integrazione tra i vari attori della medicina territoriale medici di assistenza primaria che ritornano attori sul territorio, medici di continuità assistenziale integrati a 38 ore con attività diurna ed una forte riqualificazione della loro professionalità, specialisti integrati nelle Uccp che riescono ad intercettare i bisogni degli ammalati cronici. Servizi infermieristici h 24 che quindi accompagnando nelle postazioni i medici di continuità assistenziale garantiscono maggior sicurezza».
«Ebbene – conclude -, partendo da queste considerazioni le forze sindacali dovrebbero serenamente discutere della possibilità di adottare questo modello facendo una seria valutazione dei costi e dei benefici».

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