ROMA «Le infiltrazioni della ‘ndrangheta nell’economia legale sono consistenti anche nel nord Italia. Ciò si desume anche dalle tante interdittive antimafia rilasciate nel nord del Paese per società che operano nel settore edilizio, del trasporto e smaltimento rifiuti, dell’autotrasporto e della ristorazione». È quanto emerge dall’ultima Relazione semestrale della Direzione investigativa antimafia, che sottolinea come «la ricerca da parte delle cosche di imprenditori prestanome, necessari per l’aggiudicazione degli appalti pubblici, prescinda dalla loro area di origine e dal contesto geo-criminale in cui insistono le sedi legali delle società».
In sostanza, il modello organizzativo «verticistico-unitario, fortemente proiettato verso la gestione di tutte le attività economico-finanziarie più appetibili», continua ad essere replicato, «oltre che in Calabria, in altre aree nel Paese (come dimostrano le numerose regioni contaminate dalle cosche, in particolare Liguria, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Abruzzo, Lazio e Molise) ed all’estero, in Europa (Spagna, Francia, Regno Unito, Belgio, Paesi Bassi, Germania, Austria, Slovacchia, Albania, Romania e Malta), nel continente americano (con particolare riferimento al Canada, Usa e Messico) ed in Australia. Contesti, quest’ultimi, dove si sono, nel tempo, stabilmente insediati numerosi affiliati, incardinati in “locali” che, seppur dotati di una certa autonomia, continuano a dar conto al comando strategico della provincia di Reggio Calabria».
L’opera di condizionamento degli appalti, coltivata attraverso «pericolose relazioni politico-mafiose», «produce inevitabilmente riflessi anche sul buon andamento degli enti locali, come confermato dallo scioglimento, nel semestre, di ben sette Consigli comunali calabresi (Cirò Marina, Scilla, Strongoli, Limbadi, Platì, San Gregorio d’Ippona e Briatico)». Ma è soprattutto nel traffico di stupefacenti che la ‘ndrangheta «mantiene intatta la propria supremazia, non solo a livello nazionale, interloquendo direttamente con i più agguerriti “cartelli” della droga del mondo».
Dalle evidenze investigative arriva anche conferma della persistenza dei «riti di affiliazione, che non costituiscono mai né un retaggio del passato né una nota di colore, in quanto tuttora necessari per definire appartenenza e gerarchie interne, per rafforzare il senso di identità e per dare riconoscibilità all’esterno, anche in contesti extraregionali e persino internazionali».
COSCHE MIMETIZZATE A ROMA Dall’analisi degli investigatori della Dia, emerge nella Capitale «uno spaccato importante della capacità della ‘ndrangheta di infiltrarsi, dissimulando le proprie tracce, nel territorio romano». È quanto si legge nella sezione del rapporto della Dia, dedicata al focus dettagliato sulla “Criminalità Organizzata romana”.
Secondo la relazione, «proprio questa sua capacità mimetica rende difficile tracciare una mappatura esatta della presenza sul territorio della Capitale». Diversi sono i riferimenti a vari esponenti di cosche crotonesi, reggine e cosentine. Queste ultime – che hanno referenti delle ‘ndrine di San Luca Pelle, Pizzata e Strangio e dei Muto di Cetraro – sarebbero «specializzate nell’usura, nelle estorsioni, nelle rapine, nel traffico di stupefacenti ed armi, avvalendosi anche del supporto di pregiudicati romani».
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