REGGIO CALABRIA Lo hanno atteso nel cortile di casa e gli hanno sparato più volte, senza neanche lasciargli il tempo di scendere dalla macchina. È morto così Francesco Catalano, detto “Ciccio u bumbularu”, reggino 50enne. L’agguato è avvenuto attorno alle 20 nel cortile del condominio “Il Glicine”, ad Arghillà sud, alla periferia di Reggio Calabria. L’uomo, proprietario di una tabaccheria nella vicina Gallico, è stato sorpreso mentre stava rincasando, poco dopo aver chiuso la sua attività. Segno, si commenta fra gli investigatori, che chi lo ha ucciso conosceva le sue abitudini e i suoi orari. Sul posto sono immediatamente arrivati gli agenti della Squadra mobile, che hanno avviato le indagini, e i tecnici della Scientifica per i rilievi del caso. Nei pressi della Fiat 600 dell’uomo sono stati repertati quattro cinque bossoli, secondo le prime analisi tutti dello stesso calibro.
LA PISTA Per adesso gli investigatori non si sbilanciano, le indagini procedono a 360 gradi e sono in fase iniziale. Bisognerà cercare e sentire eventuali testimoni, controllare i filmati delle telecamere di zona, cercare fra ore e ore di video le tracce di uno o più killer. «Siamo solo all’inizio, per adesso non possiamo escludere nulla» dicono fonti ufficiali. Ma secondo le prime indiscrezioni, una pista ci sarebbe. Catalano non sarebbe stato estraneo ad ambienti contigui ai clan locali. Un tempo considerato uomo di fiducia di Paolo Iannò, ex capolocale di Gallico poi divenuto collaboratore di giustizia, il 50enne aveva alle spalle una condanna per reati di mafia. Certo, ormai da tempo era fuori dal radar degli investigatori, tuttavia – si mormora – la matrice e la dinamica dell’agguato parlano chiaro. Chi ha sparato non ha esitato ad aspettarlo nel cortile di casa sua, nelle prime ore della sera, senza preoccuparsi di essere visto. E ha agito con freddezza, in pochi secondi e senza paura di sbagliare. Per gli investigatori – stando a quanto filtra – quello di Catalano sarebbe un omicidio di ‘ndrangheta e la pista più calda sarebbe quella legata alle tensioni che da tempo si registrano nell’hinterland nord di Reggio Calabria, dove i vuoti di potere scavati da arresti e condanne hanno scatenato vecchi e nuovi appetiti, più o meno avallati dagli storici clan di Archi, che hanno sempre considerato la zona come il proprio cortile di casa. Tensioni che negli ultimi anni si sono tradotte in una scia di omicidi e sangue. Che continua a scorrere.
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it
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