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«Dalla Consulta uno stop ai Comuni “irresponsabili”»

di Claudio Cavaliere*

Pubblicato il: 15/02/2019 – 12:04
«Dalla Consulta uno stop ai Comuni “irresponsabili”»

Una sentenza importante la numero 18/2019 della Corte Costituzionale depositata l’altro ieri che ha dichiarato incostituzionale il comma 714 dell’articolo 1 della legge di stabilità del 2016 successivamente sostituito dal comma 434 dell’articolo 1 della legge che approvava il bilancio di previsione dello Stato del 2017.
La norma dava la possibilità agli enti locali in predissesto di poter “spalmare” fino a trent’anni il ripiano dei disavanzi con la possibilità di ampliare in maniera surrettizia la capacità di spesa pur trovandosi in condizioni di grave squilibrio economico.
La possibilità del riaccertamento straordinario dei residui, come fa osservare le Corte, seppure in un lasso temporale anomalo – solo in parte mitigato dal fatto che lo scaglionamento del deficit costituiva il limite massimo, ben potendosi prevedere tempi di rientro più brevi – veniva giustificata con l’unicità ed eccezionalità della situazione finanziaria di alcuni enti territoriali che, da un lato, transitavano in un diverso sistema di contabilità e, dall’altro, scontavano l’esistenza di deficit sommersi originati dall’effetto congiunto della scorretta prassi di sovrastima dei crediti e di sottovalutazione dei debiti.
Una prassi questa in verità ampiamente utilizzata e che ha condotto centinaia di Comuni calabresi in dissesto o predissesto.
Almeno tre gli aspetti censurati dalla Corte che si è espressa nel giudizio promosso dalla Corte dei Conti della Campania chiamata a pronunciarsi sulla rimodulazione del piano di una comune della regione.
Il primo riguarda l’aspetto finanziario contabile che prevede, in via gradata, l’immediata copertura del deficit entro l’anno successivo al suo formarsi ovvero il rientro entro il triennio successivo (in chiaro collegamento con la programmazione triennale) all’esercizio in cui il disavanzo viene alla luce e il rientro in un tempo comunque anteriore alla scadenza del mandato elettorale nel corso del quale tale disavanzo si è verificato.
Ciò al fine di evitare: che eventuali squilibri strutturali finiscano per sommarsi nel tempo producendo l’inevitabile dissesto e che la sua rimozione superi il tempo della programmazione triennale e quello della scadenza del mandato elettorale, affinché gli amministratori possano presentarsi in modo trasparente al giudizio dell’elettorato al termine del loro mandato, senza lasciare “eredità” finanziariamente onerose e indefinite ai loro successori e ai futuri amministrati.
Il secondo riguarda la circostanza che la tendenza a perpetuare il deficit strutturale nel tempo, attraverso uno stillicidio normativo di rinvii, finisce per paralizzare qualsiasi ragionevole progetto di risanamento, in tal modo entrando in collisione sia con il principio di equità intragenerazionale che intergenerazionale.
Ne deriva come terzo aspetto che in pratica, nessuno degli amministratori eletti o eligendi sarà nelle condizioni di presentarsi al giudizio degli elettori separando i risultati direttamente raggiunti dalle conseguenze imputabili alle gestioni pregresse. Lo stesso principio di rendicontazione, presupposto fondamentale del circuito democratico rappresentativo, ne risulta quindi gravemente compromesso lì dove non è possibile assicurare ai cittadini amministrati la cognizione delle modalità di impiego delle risorse e i risultati conseguiti da chi è titolare del mandato elettorale.
Infine la Corte ribadisce la regola aurea dell’art. 119 sesto comma Cost. secondo cui l’indebitamento debba essere finalizzato e riservato unicamente agli investimenti in modo da determinare un tendenziale equilibrio tra la dimensione dei suoi costi e i benefici recati nel tempo alle collettività amministrate. Di fronte all’impossibilità di risanare strutturalmente l’ente in disavanzo, la procedura del predissesto non può essere procrastinata in modo irragionevole, dovendosi necessariamente porre una cesura con il passato.
Una sentenza che riguarda molto i comuni calabresi stante il primato numerico di comuni in dissesto o predissesto.

*sociologo

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