CATANZARO «Puntuali come ogni anno arrivano le richieste di pagamento da parte del Consorzio di bonifica. Anche se alcuni hanno già provveduto al pagamento, trattandosi di poche decide di euro, sono in molti a chiedersi come sia possibile pretendere somme a fronte di uno stato di pressoché totale abbandono del nostro territorio. Purtroppo l’idea di affrontare un’azione giudiziaria s’infrange contro i costi che, quasi sempre, sono superiori alle somme richieste dall’Ente. E così il contributo finisce per trasformarsi in una tassa sul “quieto vivere”». Il Codacons – lo racconta una nota – ha deciso di intervenire «in soccorso di chi continua ad indignarsi ed ha posto la questione sulla scrivania del Garante per il Contribuente. Il Garante è una figura istituita dall’art. 13 della legge nr. 212/2000, cui è affidato il “compito di verificare, attraverso accessi agli uffici e esame della documentazione, le irregolarità, le scorrettezze e le disfunzioni dell’attività fiscale segnalate dai contribuenti”».
«I motivi che ci hanno spinto a sollecitare l’intervento del Garante – sostiene Francesco Di Lieto, vicepresidente nazionale del Codacons – si fondano, sostanzialmente, su tre presupposti. Preliminarmente riteniamo come le richieste di pagamento avanzate dal Consorzio siano illegittime per la violazione dell’obbligo di motivazione, previsto dall’articolo 7, Legge numero 212/2000 nonché per la mancanza delle indicazioni difensive previste dalla stessa norma. Inoltre il contributo non è dovuto quando manca il “beneficio” per il fondo. In buona sostanza – secondo quanto afferma Di Lieto – è legittimo pretendere il contributo solamente quando il Consorzio abbia effettuato, nel periodo di riferimento, delle opere che hanno portato un beneficio “diretto, immediato e specifico” al fondo. Quindi non un beneficio astratto, ma assolutamente concreto. Non è sufficiente, pertanto, la mera inclusione del terreno nel perimetro consortile, ma occorre un incremento del valore del bene che sia diretta conseguenza delle opere eseguite dal Consorzio di bonifica».
«Eppure, da quanto ci viene segnalato, “nessuna opera di bonifica e manutenzione – scrive il Codacons – sarebbe stata posta in essere” e tanto da diversi anni. Ma c’è di più. Bisognerebbe, infine, accertare se le eventuali opere eseguite dal Consorzio – e delle quali non v’è traccia nelle richieste di pagamento – siano state finanziate con contributi dello Stato, dell’Ue e della Regione. Perché, in questo caso – incalza Di Lieto – al contribuente potrebbe essere chiesta solamente la quota-parte della spesa eccedente, e quindi non coperta dai finanziamenti regionali, statali o europei».
«Abbiamo, pertanto, chiesto l’intervento del Garante perché, eseguita una verifica di quanto segnalato, provveda ad attivare, ai sensi dell’art. 13, comma sesto, Legge nr. 212/2000, il procedimento di annullamento in autotutela degli atti impositivi. Laddove fossero ritenute fondate le nostre tesi – prosegue Di Lieto – chiediamo che il Garante voglia ordinare non solo di astenersi dal pretendere le somme, ma anche la restituzione di quanto già incassato in favore di chi ha già provveduto al pagamento».
Il Codacons contesta, infatti, «il comportamento del Consorzio che, nonostante le istanze prodotte nel tempo, ha continuato a richiedere i contributi… magari confidando che, per “quieto vivere”, i proprietari provvedessero supinamente al pagamento. Per il futuro ci auguriamo che il Consorzio – conclude Di Lieto – voglia attenersi alle prescrizioni normative senza inviare richieste generalizzate e, magari, immotivate. Caso contrario non esiteremo a chiedere l’intervento della Corte dei Conti e della Procura della Repubblica per quello che appare un vero e proprio abuso. La parola passa ora al Garante».
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