CATANZARO I finanzieri dello Scico della Guardia di Finanza, con la collaborazione di diversi Reparti sul territorio nazionale, stanno eseguendo, tra Calabria, Campania, Lombardia, Liguria e Puglia, 23 ordinanze di custodia cautelare emesse dal Gip di Catanzaro nei confronti di altrettanti soggetti indagati, a vario titolo, per reati in materia di associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, aggravata dalla modalità mafiosa e dalla detenzione di armi.
L’attività completa le operazioni iniziate lo scorso 28 gennaio, quando le indagini, coordinate dal procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, e dal sostituto procuratore Annamaria Frustaci, hanno permesso di disarticolare, tramite l’emissione di un corposo provvedimento di fermo, un’organizzazione estremamente complessa dedita al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, capeggiata dai fratelli Salvatore Antonino, Giuseppe e Fabio Costantino, esponenti di spicco del clan Mancuso di Limbadi.
IL PROVVEDIMENTO Il Gip di Catanzaro, dovendosi esprimere sulla richiesta di applicazione di misure cautelari avanzata dalla Procura della Repubblica Dda di Catanzaro, concordando con le conclusioni cui era giunto il pubblico ministero, ha ravvisato l’esistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico di 30 degli indagati indicati nella richiesta cautelare, emettendo, tuttavia, ordinanza cautelare nei confronti di 23 persone (21 destinatari di ordinanza di custodia cautelare in carcere, uno colpito da misura cautelare domiciliare e uno da obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria).
Nei confronti di 7 indagati rimessi in libertà dal Gip della convalida del fermo, il giudice si è espresso diversamente, ritenendo il pieno coinvolgimento degli stessi nei fatti di reato contestati e ravvisando in particolare – a carico di Giuseppe Campisi, Francesco Scaglione, Luigi Mendolicchio, Gina Alessandra Forgione, Gennaro Papaianni, Salvatore Papandrea, nonché nei confronti dell’indagato Damiano Aquilano – gli estremi della gravità indiziaria, sia per il reato associativo, sia per alcuni reati fine loro contestati.
Il Gip distrettuale – allo stato – non ha inteso procedere ad applicazione della misura cautelare ostandovi, in materia, «limitatamente all’attuale integrazione delle esigenze cautelari», la precedente statuizione del Giudice della convalida che, per quegli stessi fatti, ha rimesso gli indagati in libertà.
LA HOLDING DEL NARCOTRAFFICO Secondo il Gip distrettuale, le indagini della Guardia di Finanza hanno consentito di accertare l’esistenza di un’organizzazione delinquenziale che, agendo in un contesto mafioso, poneva in essere condotte di allarmante gravità in una logica deviata di predominio criminale.
È, infatti, emerso come sia la compravendita “all’ingrosso” di grosse partite di cocaina dal Sudamerica, sia gli affari intrattenuti con i principali cartelli maghrebini, per l’importazione di massicce quantità di hashish, siano stati agevolati dall’appartenenza dei principali attori a potenti famiglie di ‘ndrangheta.
A riprova, poi, dell’estrema professionalità raggiunta dal sodalizio, basti pensare che gli oltre 430 kg di hashish sequestrati in Lombardia, giunti in Italia dal Marocco, rappresentavano un mero “carico di prova” per una successiva importazione pari a 3000 kg che avrebbe garantito un introito pari a oltre 4 milioni di euro che i germani vibonesi intendevano reinvestire nell’ancor più lucroso traffico di cocaina.
L’inchiesta ha consentito di svelare l’assetto organizzativo del gruppo: i fratelli Costantino erano il perno attorno al quale ruotava una pletora di pericolosi criminali italiani e stranieri, tutti accomunati da un unico interesse: massimizzare i profitti tramite il traffico internazionale di narcotici.
IL COINVOLGIMENTO DEI MAZZAFERRO Rispetto al provvedimento di fermo eseguito lo scorso 28 gennaio, l’ordinanza emessa martedì, oltre ad aver colpito i vertici del sodalizio, individuati nei Costantino, ha interessato anche Tonino Mazzaferro, esponente dell’omonimo clan di Gioiosa Jonica, da anni trapiantato in Lombardia, ove era deputato allo smistamento di importanti quantità di narcotico (nel marzo del 2018, i finanzieri rinvenivano nella sua disponibilità diversi panetti di hashish e un chilogrammo di cocaina); Francesco Ceravolo, originario della provincia di Reggio Calabria, tra i responsabili dell’importazione del carico di 3000 kg di hashish che doveva giungere in Italia e al quale il sodalizio aveva anche affidato il delicato compito di curare lo “scarico” del narcotico; Santo Tucci, pluripregiudicato di origini siciliane che, oltre ad essere un assiduo acquirente di partite di cocaina direttamente da Salvatore Antonino Costantino, curava gli aspetti tecnici delle comunicazioni telefoniche tra i sodali e, periodicamente, eseguiva bonifiche attraverso appositi rilevatori di microspie.
I VIAGGI IN SUDAMERICA E OLANDA Come emerso nel corso dell’inchiesta, per raggiungere i loro scopi, i Costantino si affidavano a navigati broker, tra i quali spicca, per abilità, Michele Viscotti. L’esperto trafficante di origine pugliese, per l’accusa, non risentendo minimamente del peso dell’età, avrebbe intrapreso numerosi viaggi in Sudamerica, dove ad attenderlo trovava la trafficante venezuelana Clara Ines Garcia Rebolledo. In tale fase investigativa, l’apporto della Direzione centrale dei Servizi Antidroga si è rivelato estremamente prezioso, consentendo sia il monitoraggio del pugliese nei Paesi dell’America Latina, sia di disvelare i preziosi contatti tenuti dallo stesso con i narcos sudamericani.
Ma le risorse di Viscotti non si sarebbero esaurite nel complesso contesto sud americano. Il foggiano era stato capace, infatti, di tessere collegamenti anche con le principali piazze di approvvigionamento olandesi, dove godeva di saldi rapporti con fornitori di droga di primissimo piano.
UN GRUPPO IPERATTIVO «Iperattività delinquenziale», quella del gruppo, secondo i magistrati, accompagnata dalle «accurate ed “ossessive” attenzioni volte a scongiurare le attività captative delle forze dell’ordine». Durante l’inchiesta è, di fatti, emerso come i Costantino fossero impegnati anche contemporaneamente su più fronti: dai grossi carichi di cocaina dal Sudamerica e dall’Olanda, all’acquisto di ingenti partite di hashish in Marocco, al reperimento di droga direttamente in territorio italiano.
DUE ANNI DI INDAGINI L’operazione è il frutto di un intenso lavoro investigativo, durato oltre due anni, che ha visto i finanzieri della Sezione Goa del Nucleo Pef/Gico, specializzata nelle indagini in materia di contrasto al traffico internazionale, con la collaborazione dello Scico della Guardia di Finanza e l’indispensabile supporto della Direzione centrale per i servizi antidroga di Roma (Dcsa), “immergersi” nei luoghi e nelle abitudini degli associati, tanto da carpirne a pieno l’organigramma ed il modus operandi. L’inchiesta, oltre ad infliggere all’organizzazione rilevanti perdite economiche, sia sotto il profilo dei capitali investiti che dei mancati guadagni, ha, così, consentito di identificare tutti i soggetti coinvolti, ognuno con un ruolo ben preciso. Lo spaccato che emerge in maniera lampante è l’estrema ramificazione delle moderne ‘ndrine che ha consentito alla ‘ndrangheta di disporre di numerosi e floridi canali di approvvigionamento, che ne hanno notevolmente accentuato la pericolosità e l’invasività.
VOCAZIONE TRANSNAZIONALE La vocazione transnazionale ha rinsaldato rapporti affaristici tra la malavita calabrese e quelle sudamericane, olandesi, spagnole e nordafricane, consentendo un abnorme ampliamento delle zone d’influenza, in molti casi, con l’esportazione del modello organizzativo tipico dei territori d’origine, nelle zone nazionali maggiormente sviluppate, determinando il predominio sulle similari associazioni delinquenziali nazionali e/o estere. Da delinquenza crudele e rurale, un tempo dedita essenzialmente alle estorsioni e ai rapimenti, la ‘ndrangheta ha saputo riciclarsi in una vera e propria holding del crimine, in grado di accumulare e gestire immensi patrimoni illeciti e di inquinare ogni settore del sociale.
Questi i nomi delle persone per le quali il Gip ha disposto le misure.
CUSTODIA CAUTELARE IN CARCERE:
BOSCO Daniele, nato in Jugoslavia (EE) il 01.12.1978 e residente a Varese;
BOSCO Vito Jordan, nato in Libia il 08.05.1975 e residente a Varese;
CARUGO Gianfranco, nato a Cerro Maggiore (MI) il 29.05.1949 ed ivi residente;
CERAVOLO Francesco Carmelo, nato a Montebello Jonico (RC) il 10.12.1953 e residente a Busto Arsizio (VA);
COSTANTINO Fabio, nato a Vibo Valentia il 03.02.1977 e residente a Comerconi (VV);
COSTANTINO Giuseppe, nato a Nicotera (VV) l’11.06.1966 e residente a Comerconi (VV);
COSTANTINO Salvatore Antonino, nato a Nicotera il 17.06.1965 e residente a Milano;
CUCCIA Carlo, nato a Tradate (VA) il 12.07.1980 e residente in Venegono Superiore (VA);
GARCIA REBOLLEDO Clara Ines, nata in Venezuela (EE) il 27.10.1951;
KOTJA Elisabeta, nata in Albania (EE) il 19.09.1979 e residente a Sesto San Giovanni (MI);
MANCUSO Francesco, nato a Vibo Valentia il 07.01.1989 e residente a Nicotera (VV);
MARIANI Giorgio, nato a Genga (AN) il 31.03.1958 e residente a Milano;
MAZZAFERRO Tonino, nato a Siderno (RC) il 04.09.1978 e residente a Cermenate (CO);
MENOTTA Ivo, nato a Tradate (VA) il 12.02.1980 ed ivi residente;
MURILLO FIGUEROA Julio Andres, nato in Colombia il 29.03.1975;
MUSCIA Gaetano, nato a Tropea (VV) il 20.04.1964 ed ivi residente;
NARCISO Antonio, nato a Vibo Valentia il 19.08.1961 ed ivi residente;
SAFINE Abderrahim, nato in Marocco (EE) il 17.01.1982 e residente a Monza (MB);
STILO Giovanni, nato a Nicotera (VV) il 04.01.1949 e residente a Meda (MB);
TUCCI Santo, nato a Catania il 06.11.1956 e residente a Milano;
VISCOTTI Michele, nato a San Severo (FG) il 23.04.1946 ed ivi residente,
ARRESTI DOMICILIARI:
ACCURSIO Giuseppe, nato a Licata (AG) il 28.05.1953,
OBBLIGO DI PRESENTAZIONE ALLA PG:
PILATI Fabrizio, nato ad Arona (NO) il 14.01.1969.
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