CATANZARO «Il mezzo è virtuale, ma la condotta è reale». Le parole di Michele Sessa, sostituto procuratore della Repubblica dei Minorenni di Catanzaro, risuonano nella sala conferenze della Camera di Commercio di Catanzaro non come un semplice monito a genitori, docenti, educatori. È l’estrema sintesi della consapevolezza di un fenomeno complesso e del fatto che la lotta alle storture delle informazioni via web viaggia attraverso le sinergie istituzionali degli organi deputati alla tutela dei minori.
Informare sulle conseguenze dell’invio di una foto intima a 14 anni, che resta nella rete per sempre, perché «per un sito hard che si chiude ne vengono aperti altri tre» significa non solo proteggere quei ragazzi, ma nello stesso tempo renderli adulti consapevoli.
Una discussione articolata e molto interessante quella animata del corso del convegno sul tema “Web education: la tutela dei minori”, organizzato dall’Associazione giovanile forense (AgiFor) sezione di Catanzaro, in collaborazione con il comitato regionale per le Comunicazioni Calabria. E oltre al sostituto procuratore Sessa, c’era anche il presidente del Corecom Calabria, Giuseppe Rotta in prima fila su tutto il territorio regionale, con attività di convegno e studio nelle scuole calabresi che hanno lo scopo di rendere sempre più consapevoli i ragazzi di un uso consapevole del web e dei social network di cui si sente sempre più la necessità.
Si parla di “web education” e di “web reputation”, ma associamo sempre più spesso il concetto di “reputazione” alla credibilità di un brand, scoprendo che si applica con gli stessi principi di monitoraggio in rete che potremmo sintetizzare con l’espressione “cosa dicono di noi”, l’educazione al web diventa fondamentale perché promuove l’uso consapevole delle tecnologie.
Un concetto, questo, su cui ha insistito anche Luciano Giacobbe, presidente Agifor sezione di Catanzaro, che ha introdotto i lavori prima di passare la parola al moderatore dell’incontro, l’avvocato Federico Sapia. «Il rapporto del minore con il digitale è complesso – rimarca Giacobbe -. Si abbassa la soglia dell’età del ragazzi che senza formazione sono capaci di maneggiare le funzionalità di macchine e programmi che nemmeno conoscono. Smartphone, tablet, tv sono diventati la prima agenzia educativa: quello che è necessario, quindi, è avere utili indicazioni di “media education” delle “buone pratiche” di relazione con i dispositivi digitali per: docenti, formatori e genitori».
Insegnare ad utilizzare in modo consapevole le nuove tecnologie è un modo per ovviare alla mancata introduzione nei programmi scolastici dell’educazione informatica, insomma. Serve concretezza proprio per quell’impatto diretto con la realtà che il mezzo virtuale impone. «L’offesa e concreta e raggiunge l’obiettivo in qualunque momento, ovunque si trovi – ha detto il procuratore Sessa -. Quella che conduciamo non è una battaglia contro lo strumento tecnologico, in sé e per sé, ma sono le conseguenze carico dei destinatari, la rete non ha alcun vincolo di segretezza: è la consapevolezza delle conseguenze di quello che si fa che deve essere ben chiaro a chi usa il web».
La chiama “la generazione dei pollici”, riprendendo uno studio che parla di una possibile alterazione delle articolazioni delle dita dei ragazzi per quella capacità di scrivere velocemente sullo screen solo con i pollici, quei ragazzi «che hanno sostituito il gioco tradizionale con il cellulare e sono capaci di rimanere seduti accanto per ore su un muretto d’estate, ognuno perso sul proprio schermo, e hanno anche il coraggio di dire che stanno insieme».
Dopo i saluti di indirizzo di Ermenegildo Massimo Scuteri, presidente della Camera Penale di Catanzaro “Alfredo Catafora”, del presidente del consiglio comunale di Catanzaro Marco Polimeni, e di Maurizio Ferrara, segretario generale della Camera di Commercio di Catanzaro, sono stati Michele Sessa e Giuseppe Rotta, Presidente Corecom Calabria ad introdurre gli elementi di riflessione poi articolati dal punto di vista normativo, con l’occhio del giurista, da Antonello Talerico, componente del Consiglio distrettuale di Disciplina del distretto di Corte di Appello di Catanzaro, che si è soffermato in particolare sulla legge 71/2017 contro cyber bullismo: la Calabria, come ha ricordato Rotta, è una delle tre regioni (assieme a Lombardia e Piemonte) ad aver adottato il complesso normativo promosso dall’ex senatrice Elena Ferrara. L’intervento normativo ha l’obiettivo di contrastare il fenomeno attraverso azioni di carattere educativo, più che repressivo, nei confronti dei minori, vittime e autori di bullismo sul web, da attuare nell’ambito scolastico secondo linee di orientamento adottate dal ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Ma se per Rotta nel maggio del 2017, la legge numero 71 è intervenuta a mettere ordine del settore, per l’avvocato Talarico il legislatore è stato un po’ distratto proprio per aver affastellato norme e figure accostabili ma non specifiche. “Una normativa – ha spiegato ancora Giuseppe Rotta – nata con un’assenza importante: quella del controllo e delle sanzioni a carico degli operatori del web. Dopo un anno di lavoro, siamo riusciti ad inserire una funzione delegata che ci incarica a diffondere e spiegare, soprattutto nelle scuole, i meccanismi sia sotto il profilo legale che dell’impatto sociologico ed educativo, di chi commette e di chi subisce atti di cyber bullismo”. A portare l’esperienza, e i suggerimenti della Polizia postale, Genevieve Di Natale, commissario capo Polizia Postale Calabria e Anna Curcuruto, assistente capo Polizia Postale Calabria.
Maria Rita Galati
redazione@corrierecal.it
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