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«Dobbiamo fermare la secessione dei ricchi» – VIDEO

A Lamezia un dibattito sui guasti del regionalismo differenziato. Speranza: «No a cittadini di serie A e di serie C». Le contraddizioni del sovranismo “autonomista” e i rischi di una decisione affi…

Pubblicato il: 22/02/2019 – 21:50
«Dobbiamo fermare la secessione dei ricchi» – VIDEO

LAMEZIA TERME «Di nascosto e in segreto stavano facendo la secessione dei ricchi. E non si tratta solo del problema dell’autonomia che lo Stato concede alle Regioni, qui c’è qualcosa di molto grave, se ogni Regione prende il suo fisco noi avremo servizi importantissimi come Sanità o Istruzione che non saranno più servizi statali ma regionali, quindi ci saranno cittadini di serie A e cittadini di serie C. Non è possibile che, senza che il Parlamento decida, tre Regioni, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, insieme al governo possano fare la secessione dei ricchi, perché questa sarebbe la più grande tragedia nazionale. Ora si è inceppato l’iter perciò è bene che se ne parli e che la questione si affronti pubblicamente in Italia». Così Gianni Speranza, già sindaco di Lamezia Terme, ha introdotto il convegno “Il Mezzogiorno e la Calabria di fronte a scadenze drammatiche”, organizzato dall’associazione “Graziella Riga”, Nicola Fiorita, professore universitario e fondatore del movimento “Cambiavento, Antonio Lo Schiavo dell’associazione “Progressisti per Vibo” e Rosario Piccioni per “Lamezia Insieme”.
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«Noi stiamo tentando di rompere il silenzio su una riforma che di fatto introduce una frattura nella costituzione formale e materiale di questo Paese – ha spiegato Lo Schiavo – creando una disparità nei diritti di cittadinanza in base ai luoghi di residenza. È un tema importante, vitale per le regioni del Mezzogiorno e su questo tema bisogna aumentare il meccanismo di informazione per rompere il silenzio che si vorrebbe mantenere. L’opinione pubblica è distratta da altri eventi rispetto a questo tema. In realtà è una questione essenziale di cui dobbiamo occuparci anche nelle prossime scadenze elettorali». Parlare di questa proposta di legge è importante, afferma Nicola Fiorita anche per «recuperare un ritardo che si è accumulato in Calabria e in tutto il Paese che ha tardato ad accendere le luci su una proposta di legge che rischia di avere effetti devastanti non soltanto sul Sud ma proprio sulla tenuta del Paese. L’Italia vive una situazione un po’ paradossale, forse un unicum nel mondo, cioè quello di avere un partito nazionalista, sovranista che in realtà punta non a rafforzare la nazione ma a indebolirla, a disgregarla, a discapito delle regioni meridionali. Quindi parlarne non basta ma è una condizione necessaria per mettere in moto un meccanismo che possa poi contribuire ad arrestare o migliorare una proposta di legge è l’esito di un processo lungo, durato 20 anni che rischia di indebolire e disgregare il paese Italia».
Si è concentrato su due temi l’intervento di Rosario Piccioni: il primo sono le ricadute della proposte di legge su istruzione e sanità. «Nel testo così come prospettato – ha detto Piccioni – si vanno a minare le basi dell’Italia che abbiamo conosciuto fino ad oggi. Si creerebbero registri docenti gestiti a livello regionale con stipendi più alti fino a 400 euro nelle regioni autonome e più ricche. La conseguenza sarebbe la tendenza a una migrazione dei docenti precari, interi gruppi familiari, in queste regioni, nelle quali dovrebbero prendere residenza e restare per un certo numero di anni. Una perdita grave per il Sud, come gravi sarebbero le conseguenze per l’edilizia scolastica e le dotazioni finanziarie per la Scuola. Per quanto riguarda la Sanità, i cittadini del Sud non potrebbero farsi curare al Nord a meno di pagare di tasca propria. Arriveremmo al sistema americano col quale può curarsi solo chi ha il denaro per farlo». Altro timore prospettato da Piccioni è che la proposta di legge che al momento ha registrato qualche frenata, possa indurre il Movimento 5 stelle, che ha espresso delle perplessità in materia, a rimettere la questione alla piattaforma Rousseau. Il rischio è che 52mila persone iscritte alla piattaforma sarebbero chiamate a votare e decidere il destino dell’Italia.

ale. tru.

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