VIBO VALENTIA Un cortocircuito spazio-temporale deve averli catapultati lì senza che si rendessero conto di nulla. È l’unica spiegazione possibile per alcuni dei massimi rappresentanti vibonesi del Pd che, sabato scorso, erano seduti in prima fila assieme ad alcuni esponenti storici della destra mentre l’avvocato Stefano Luciano lanciava ufficialmente la sua candidatura a sindaco (lo abbiamo raccontato qui).
Durante la convention, dal titolo evidentemente non abbastanza eloquente per i big del Pd locale (“Prove di dialogo per la Vibo del futuro”), Luciano ha affrontato temi molto seri e concreti per il futuro amministrativo della città e lo ha fatto con contributi autorevoli come quello del docente universitario Giulio Nardo. Ma i dati politici che ne sono inevitabilmente emersi sono, uno: l’ufficializzazione delle sue legittime aspirazioni da sindaco; due: la presenza, proprio in prima fila, di esponenti di primo piano del Pd – come il consigliere regionale Michele Mirabello e l’ex deputato Bruno Censore – e di rappresentanti storici della destra ex missina come l’ex senatore Franco Bevilacqua e l’ex assessore Pino Scianò (foto in alto). I giornalisti non possono che prenderne atto e dare le due notizie che emergono non, si badi bene, da «retroscena» o da «pettegolezzi», ma da una presenza pubblica vistosa che non può non essere letta come, appunto, una «prova di dialogo». Apriti cielo. La colpa è ovviamente degli osservatori «in malafede» ma lo stesso Mirabello, con un comunicato stampa che tenta di mettere una pezza non molto efficace, alla fine conferma la volontà dei dem di mettere in campo «alleanze larghe». Talmente larghe che, nelle stesse ore, dalla sponda del “Movimento nazionale per la Sovranità” di Gianni Alemanno l’ex consigliere regionale Salvatore Bulzomì – gliene va dato atto – evita ipocrisie e dichiara pubblicamente che c’è «condivisione» per le parole espresse dal consigliere regionale del Pd e che lo schema bipolare è ormai saltato, «superato dall’accordo trasversale che i consiglieri comunali del Partito democratico hanno sancito con una parte di Forza Italia (il riferimento è all’altro tavolo trasversale che in vista delle Comunali vede assieme il senatore forzista Mangialavori e alcuni ex dem che hanno già votato il centrodestra alle Provinciali, ndr)».
LA MARCIA INDIETRO Censore non commenta. Fatto sta che il comunicato di Mirabello non deve aver raggiunto gli effetti sperati perché, a stretto giro, ne viene diffuso un altro a firma del segretario provinciale del Pd Enzo Insardà, anche lui vittima del cortocircuito spazio-temporale che nel week end ha mandato in tilt i dem vibonesi. «A seguito delle ricostruzioni pubblicate dagli organi di stampa – dichiara Insardà – ritengo necessario fare chiarezza sulla posizione assunta dal Partito democratico in prospettiva delle elezioni amministrative, al fine di evitare l’eccessiva semplificazione intorno al quadro complesso che riguarda Vibo Valentia. Il Pd ha l’obiettivo di proseguire la fase di confronto avviata con le forze politiche e sociali della nostra comunità al fine di costruire una coalizione ampia per sostenere un progetto progressista e riformista di rilancio della Città. Come è evidente ciò non significa né rinunciare ai propri valori, alla propria identità ed autonomia politica, né può essere interpretata come alleanza tra forze distinte da visioni e culture profondamente diverse». E dunque, lo stesso Insardà che era in sala assieme ai sovranisti mentre Luciano lanciava la sua candidatura, poche ore dopo dice che «è destituita di ogni fondamento» la notizia di «un accordo con le forze sovraniste». La marcia indietro è servita.
INIZIATIVE ASSUNTE «A TITOLO PERSONALE» Il finale del comunicato di Insardà è uguale all’incipit di un altro comunicato. A scriverlo sono quattro dirigenti vibonesi del Pd (Giuseppe Ceravolo, Teresa Esposito, Antonio Iannello, Enzo Romeo) che però usano toni ben diversi da quelli del segretario provinciale: le frasi che puntano a rimarcare «il perimetro dell’azione politica del Pd» e che richiamano iniziative assunte «a titolo personale» suonano infatti come una “scomunica” politica verso chi non ha fatto mistero di puntare a un accordo con la coalizione di Luciano.
«La notizia relativa all’alleanza che il Pd avrebbe stipulato con forze diverse da quelle progressiste e di centrosinistra – scrivono i quattro dirigenti – è destituita di ogni fondamento (il Corriere della Calabria ha parlato di dialogo e mai di accordo già stipulato, ndr). Il Pd – proseguono – ha di recente riconfermato nella riunione della direzione provinciale, la linea politica con le forze progressiste, di centrosinistra, con le associazioni e i movimenti che rifiutano il concetto di “sovranismo” e si ritrovano nell’impegno civico e solidale, nell’evidenza del fallimento politico e amministrativo del centrodestra nella sue varie articolazioni». «La commissione insediata dopo il commissariamento del partito regionale e a seguito delle dimissioni del segretario cittadino, ha il preciso compito di coordinarsi con le forze progressiste, di centrosinistra e le associazioni e i movimenti sollecitando incontri e dialoghi con tutte quelle disponibili alla redazione del più idoneo programma di rinascita della città per superare le macerie lasciate dalla destra. Non ha discusso in nessuna occasione – precisano Ceravolo, Esposito, Iannello e Romeo – di candidati ma solo ed esclusivamente di alleanza di centrosinistra e di linee programmatiche appena accennate nell’ambito di un progetto che era e rimane progressista e di centrosinistra. È questo il perimetro dell’azione politica del Pd. Convinzioni e comportamenti diversi sono ovviamente rispettabili ma iniziative non conformi allo Statuto, ai deliberati e alla volontà di militanti ed elettori – è l’eloquente conclusione – sono assunti a titolo personale e non impegnano il Partito in alcun modo e in alcun luogo». Parole che hanno tutto il sapore di una bocciatura per il tentativo di dialogo emerso in maniera evidente nel fine settimana. Magari se ne potrà riparlare a un eventuale ballottaggio…
s. pel.
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