È arrivata fino in Cassazione la battaglia di Mimmo Lucano contro il provvedimento con cui il Tribunale della Libertà che nell’ottobre scorso lo ha esiliato dalla “sua” Riace. Al termine dell’udienza, gli ermellini si sono riservati la decisione, che secondo le previsioni dovrebbe arrivare fra la tarda serata e domani.
La Suprema Corte dovrà decidere se ha ancora ragione d’essere la misura cautelare disposta per Lucano, per il quale sono stati disposti prima i domiciliari, quindi il divieto di dimora, per un presunto pericolo di inquinamento probatorio. Un rischio che – quanto meno sulla carta – non avrebbe ragione d’esistere adesso che l’inchiesta è stata chiusa. Per lui e altre 30 persone, tutte coinvolte nella “macchina” dell’accoglienza che ha reso il borgo della Locride un modello mondiale di integrazione possibile e il suo sindaco uno dei 30 uomini più influenti del mondo, la Procura di Locri nel dicembre scorso ha chiuso le indagini, riproponendo l’impianto accusatorio già in parte bocciato dal giudice per le indagini preliminari.
Nel chiedere l’arresto di Lucano, il pubblico ministero lo aveva accusato di presunte irregolarità nella gestione dei fondi destinati all’accoglienza di rifugiati e richiedenti asilo, ma tali ipotesi erano state smentite dal giudice Domenico Di Croce, che nell’ordinanza aveva cassato tutte le contestazioni più gravi fra cui malversazione, truffa ai danni dello Stato e concussione. Proprio per tornare a contestare tali accuse, ieri il sindaco “sospeso” del borgo dell’accoglienza, accompagnato dai suoi avvocati Antonio Mazzone e Andrea Daqua, si è presentato in Procura a Locri per rilasciare spontanee dichiarazioni. Tutti elementi che i magistrati dovranno valutare per decidere se esercitare o meno l’azione penale e chiedere un eventuale rinvio a giudizio.
Il sostituto procuratore generale della Cassazione Ciro Angelillis ha chiesto alla Corte di rigettare l’istanza per la revoca del divieto di dimora avanzata dai legali di Lucano.
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it
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