CATANZARO Roma, le donne, notti insonni e tormentate. Tra musica e racconto, l’universo complesso di Franco Califano nel concerto-spettacolo “Qualche estate fa” sul palcoscenico del Teatro Politeama “Mario Foglietti” di Catanzaro grazie ad una affascinante Claudia Gerini, accompagnata dal Solis String Quartet (Vincenzo Di Donna, e Luigi De Maio, violini; Gerardo Morrone, viola; Antonio Di Francia, violoncello). Un progetto ambizioso – quello voluto dalla Fondazione Politeama con in prima linea il sovrintendente Gianvito Casadonte, anche ieri sera accogliente padrone di casa – che vede l’attrice romana doc imbattersi nell’arduo compito di richiamare, attraverso le canzoni e la poesia, la storia personale e artistica del cantautore scomparso nel 2013 che ha scritto pagine importanti della musica italiana, senza nascondere una personalità forte e controversa.
Il Califfo aleggia nello spettacolo “Qualche estate fa”, per la regia di Stefano Valanzuolo e la sceneggiatura di Massimiliano Vado (mentre i Solis String Quartet si sono occupati anche degli arrangiamenti). Claudia Gerini fa il suo ingresso sul palco strizzata in un completo nero, giacca e pantaloni aderentissimi, passando da un quadro ad un altro fino al cambio d’abito, rosso fuoco quasi a sottolineare la passione con cui ha voluto interpretare i testi di canzoni intrise di vita e sentimenti forti. Emozionata, recita e legge i testi interpretando nove figure di donne – di fantasia – che sono il pretesto per introdurre altrettante canzoni: il testo è volutamente tutto declinato al femminile, una mamma, la prima fidanzatina, una mignotta, una barbona introducono una canzone del Califfo.
Ed ogni volta è una (ri)scoperta della vena così poetica di testi intrisi di malinconia ma anche tanto amore per l’universo femminile. Da “Un’estate fa”, che fa scappare da un collegio di preti un giovane Califfo affamato di vita, a “Minuetto”. La canzone è introdotta da una prostituta talmente innamorata di Califano da contravvenire alla regola non scritta di non baciare mai nessuno sulla bocca. Ed è impossibile non ripensare con un nodo in gola all’anima di Mia Martini. La “Nevicata del 56” rievoca quella nevicata che rese Roma «tutta candida, tutta pulita e lucida» come in una magica fiaba. “Io nun piango” viene introdotta dalla storia di una senzatetto che il Califfo incontrava sui marciapiedi romani durante i suoi vagabondaggi cittadini. E non cambiava strada ma si fermava a chiacchierare con lei del più e del meno. L’elenco si completa con “In un tempo piccolo” raccontata da una madre che osserva il figlio crescere con così tanta rapidità, “La musica è finita”. Poi “Tutto il resto è noia”, a fine spettacolo. Una canzone splendida che racchiude tutta la filosofia di vita di Califano che, infatti, si era tatuato come frase sull’avambraccio. Altro che noia, nella vita del Califfo.
Maria Rita Galati
redazione@corrierecal.it
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