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Tutti i numeri dello “scippo” sanitario

L’audizione del dg Belcastro in Commissione Salute svela i dettagli dell’analisi e qualche retroscena. Sedute di chemioterapia pagate due volte. Pazienti di altre regioni caricati sui conti della C…

Pubblicato il: 01/03/2019 – 9:30
Tutti i numeri dello “scippo” sanitario

LAMEZIA TERME «Noi siamo andati lì e abbiamo dimostrato con un dossier in mano – dati confrontati in contraddittorio con le altre Regioni – che sulla mobilità per anni eravamo stati trattati male per una responsabilità nostra, nel senso che non controllando, non contestando mai un dato, le altre Regioni ne hanno approfittato e hanno assunto comportamenti opportunistici e non solo». Ciò che ha scritto in due lettere (quelle del 6 e 12 febbraio scorsi), il dg del dipartimento Tutela della Salute Antonio Belcastro lo ha spiegato anche ai consiglieri regionali della Commissione Salute, entrando nel dettaglio delle cifre, quei 301 milioni di euro che rappresentano la mobilità passiva del 2017. «Di questa – ha detto il 14 febbraio in audizione a Palazzo Campanella – 222 milioni è la mobilità passiva relativa al cosiddetto flusso A, che è il flusso dei ricoveri e dei day hospital; 222 milioni sono tanti però sono tanti, in proporzione, anche quelli della specialistica ambulatoriale, che sono quasi 43 milioni: significa che, per questo importo, ci sono cittadini che vanno a fare una visita specialistica fuori dalla Calabria».
L’analisi riguardo ai ricoveri «ha sconvolto tutte le Regioni nella seduta del 12 e nella seduta del 12; poi, i presidenti della Conferenza della Regioni hanno dovuto ammettere e, non potendo fare altro perché gli esercizi erano tutti chiusi contabilmente, ci hanno dato, tramite un accordo, un fondo ad hoc per sanare parzialmente l’ingiustizia che c’era stata nei confronti della Regione Calabria». Ingiustizia anche perché «siamo stati condannati in contumacia – sottolinea Belcastro – perché non ci siamo mai presentati ai Tavoli per contestare questa cosa».
Il manager entra nel dettaglio dei numeri (sempre riguardo al “flusso A”). «Questi 222 milioni di euro erano il frutto di 55.605 ricoveri fuori Regione. Di questi. il 57% avviene in quattro Regioni che sono Lombardia, per il 20%, poi l’Emilia, il Lazio e la Sicilia. Con le Regioni di confine, come la Sicilia, avremmo potuto fare nel tempo accordi per stabilire tariffe più convenienti nell’uno e nell’altro caso e non è stato fatto. Però – continua Belcastro – di questi 55.600 ricoveri, ben oltre il 30% (il 31,2%), cioè 17mila ricoveri, rientrano nei cosiddetti Lea, cioè sono quegli episodi di ricovero che si considerano inappropriati se effettuati in regime di ricovero; sono quelle cose che si devono fare ambulatorialmente e a noi 17mila ce li hanno addebitati come se fossero ricoveri appropriati per 10 milioni (9 milioni e 700mila euro); poi altri 9 milioni, pari a 6mila ricoveri, erano ricoveri che avevano trattato come alta specialità, che hanno un peso maggiore, quindi ci vengono addebitati con un importo maggiore». 
Dopo aver analizzato con attenzione i dati «è venuto fuori che be 1.099 di questi avevano una degenza inferiore ai 3 giorni, quindi abbiamo detto “scusate, finché si tratta di alta specialità ci può andare pure bene che i nostri concittadini vadano fuori per cose che non facciamo, ma non può esserci alta specialità per ricoveri di uno o due giorni”». Saltano fuori così altri 9,2 milioni di rimborsi inappropriati. «Poi – va avanti Belcastro – ci hanno sempre raccontato la favoletta che il drg di fuga più diffuso è la chemioterapia ed è vero, però la chemioterapia adesso non si fa in regime di ricovero, ma in regime di day hospital perché si somministra un farmaco e la somministrazione di questo farmaco viene pagata a parte in un flusso che si chiama F, file farmaceutico. Cosa succedeva? Le Regioni si addebitavano sia il file F, quindi la somministrazione del farmaco, sia il ricovero e la legge prevede che, quando è così il ricovero debba essere abbattuto del 90%».
Quello del dg è un viaggio in anni di indifferenza (da parte della Calabria) e di opportunismo (delle altre Regioni): «Abbiamo verificato a campione, ho detto “scegliete voi la Regione e prendiamo i casi”. Abbiamo scelto una Regione che aveva 20 episodi di chemioterapia e per tutti e venti mi hanno detto: “Hai ragione, ve li abbiamo addebitati due volte”». E «poi c’erano 4 milioni e 699mila euro di anagrafiche sbagliate, cioè di Comuni non calabresi, ci hanno addebitato mobilità di pazienti non residenti in Calabria». Anche «gli stranieri temporaneamente residenti, quelli che magari arrivano qui però non sono calabresi: questo faceva altri 4 milioni e 700mila euro».
È così che salta fuori il dato dei 36 milioni in più individuati in una prima analisi (e poi saliti a 50) per il solo 2017 (qui il nostro servizio).
Davanti al lavoro del dipartimento regionale la dottoressa Adduce (dirigente individuata dal ministero per tenere d’occhio i conti della Calabria) «più di una volta è saltata dalla sedia – dice ancora Belcastro ai consiglieri regionali –. Una Regione, il Lazio, dice: “Eh, ma qui c’è danno erariale, è un problema tutto vostro”. Dico: “Probabilmente sì, però se noi abbiamo fatto danno erariale qualcuno ha fatto truffa, perché ci ha mandato questa cosa. Quindi mettiamoci d’accordo”».
Davanti a cifre del genere è lecito aspettarsi resistenze, specie in un contesto politico che privilegia l’egoismo regionale. Ma la partita aperta per la Calabria è di vitale importanza. Lo “scippo” dell’emigrazione sanitaria potrebbe ripianare una fetta importante del bilancio. O si porta a casa il risultato oppure si rischiano aliquote extra per i cittadini e un nuovo blocco del turn over. Belcastro ricorda di aver fatto una battuta: «Se è vero che siamo stati condannati in contumacia, questa condanna sarà fine pena mai, perché due anni di blocco del turn over e due esercizi in pareggio per uscirne… non usciremo mai dal Piano di rientro».

Pablo Petrasso
p.petrasso@corrierecal.it

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