GIOIA TAURO «L’avvio della procedura di decadenza della concessione demaniale delle banchine del porto di Gioia è un segnale forte e importante che spinge tutti ad alzare il livello di attenzione. Soprattutto da parte di chi in seno al governo e alla Regione ha responsabilità politiche e istituzionali su una vicenda che è strategica non solo per quest’area del territorio calabrese». È netta la posizione del segretario generale della Cisl Calabria Tonino Russo all’indomani della decisione, adottata dall’Autorità portuale di Gioia Tauro di concerto con il ministero delle Infrastrutture, di inviare una sorta di aut aut a Constship e Til-Msc, azionisti della società Terminal Mct che gestisce il porto di Gioia Tauro. Un ultimatum sintetizzato dalle parole del ministro Danilo Toninelli nella sua visita dei giorni scorsi allo scalo portuale: «Mct avrà 30 giorni per decidere cosa fare a Gioia». Un’accelerazione impressa dal ministro che a questo punto sottolinea Russo «non può lasciare indifferente nessuno».
Cosa rischia la Calabria su Gioia?
Guardi la vicenda di Gioia Tauro è estremamente delicata non soltanto per quest’area. Qui c’è in gioco il futuro stesso della Calabria, se non del Mezzogiorno. Per questo non può essere considerata alla stregua di una vertenza qualsiasi. Come se riguardasse una singola impresa e i suoi dipendenti. A Gioia non si tratta di difendere esclusivamente i livelli di occupazione, che garantisce questa infrastruttura, ma di tutelare gli interessi di tutti i calabresi e una buona fetta delle potenzialità di crescita della regione. Deve essere chiaro a tutti, in primis ai rappresentati del governo e della regione, che c’è da mettere in campo il massimo impegno per non vedere svanire definitivamente uno dei pilastri su cui si regge la strategia di sviluppo dei nostri territorio. Per cui nessuno può tirarsi indietro.
Il governo ha fatto la sua parte?
Il ministro Toninelli e l’Autorità portuale hanno compiuto un atto coraggioso. Ma da solo non è sufficiente. Occorre anche costringere l’azienda che in questi anni ha goduto di importanti finanziamenti pubblici e di facilitazioni a pagare gli oneri di un suo eventuale abbandono del sito. Inoltre la messa in mora di Mct ha innescato un meccanismo che se non accompagnato da altre misure rischia di finire con il buttare via il bambino con l’acqua sporca.
In che senso?
Se in questo lasso di tempo concesso a Mct per decidere sulle sue reali intenzioni di investire nel porto, non si hanno altri competitor pronti a prendere il posto della società c’è il rischio di una desertificazione del sito e di vanificare così il sacrificio di anni di lavoro messi in campo prima dai portuali, che operano nella zona, ma anche dei tanti che hanno scommesso sullo sviluppo di questa infrastruttura. Per questo continuo a sostenere che la vicenda è estremamente delicata ed impone la massima responsabilità di tutti. Inoltre il governo centrale non può esimersi da un intervento più complessivo per affrontare il caso Gioia. Non basta che ad occuparsi della vertenza sia il solo ministro delle Infrastrutture, ma deve divenire una priorità strategica del governo. Qui si gioca una partita fondamentale per lo sviluppo di una parte importante del Paese.
Cosa dovrebbe fare l’esecutivo Conte
Innanzitutto dovrebbe onorare gli impegni già previsti dagli Accordi quadro firmati per il rilancio dell’area e riaffermati nell’accordo sottoscritto il 27 giugno del 2016. In quell’occasione non soltanto Mtc aveva garantito investimenti, ma anche il governo attraverso le sue articolazioni, cioè il ministero delle Infrastrutture, quello dello Sviluppo economico e del Lavoro. Parlo degli investimenti programmati in termini di realizzazione di ulteriori interventi infrastrutturali fondamentali per lo sviluppo e il rilancio dell’area e del porto. Sui quali continuano a registrarsi ritardi. E poi c’è la questione di dotare una governance forte e stabile del sito. Il procrastinarsi del commissariamento dell’Autorità portuale gioiese di fatto ne limita i poteri decisionali e dunque il futuro dello scalo. Senza contare la necessaria attenzione a non depotenziare gli investimenti per favorire altri porti italiani. Non ci deve essere una rivalità territoriale, visto che Gioia per le sue caratteristiche resta strategico per l’Italia per farla competere su scala internazionale.
E sulla Zone economica speciale?
Dobbiamo dare atto al governo che con la conversione in legge del “Decreto semplificazioni” finalmente ha contribuito a rendere pienamente operativo questo straordinario strumento di rilancio economico del territorio. Ma anche su questo fronte occorre fare attenzione. Gioia Tauro registra dei ritardi importanti per competere con le altre Zes attivate in Italia. E se dovesse fermarsi anche il porto con la sua movimentazione di container rischia di non poter concorrere ad ottenere quelle cifre stanziate dal governo per il suo sviluppo. Si tratta di 210 milioni di euro inseriti nel decreto per sostenere le Zone economiche speciali che saranno messi a bando con un meccanismo a sportello. Dunque soltanto quelle che avranno per primi i requisiti previsti dall’avviso otterranno finanziamenti. E allo stato attuale ci sono altri porti che sono più avanti di quello gioiese. Ci sono pochi giorni per recuperare il gap e per questo faccio appello anche alla Regione, oltre che al governo, a compiere tutti gli sforzi possibili per permettere a Gioia Tauro di avere pari opportunità rispetto ad altre aree del Paese. Ripeto ne va del futuro non solo della zona.
Roberto De Santo
r.desanto@corrierecal.it
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