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La grazia di Stefania Sandrelli conquista Catanzaro

L’eleganza e la semplicità di una delle attrici più amate d’Italia irrompono sul palcoscenico del teatro del capoluogo per l’ultimo appuntamento della rassegna Musica & Cinema promossa dalla Fondaz…

Pubblicato il: 04/03/2019 – 15:49
La grazia di Stefania Sandrelli conquista Catanzaro

CATANZARO Quando sorride, ritroviamo la freschezza e l’ingenuità di quella ragazzina di 15 anni che ha ammaliato registi e sceneggiatori, attori e produttori, entrando nella storia del cinema italiano per diventarne una icona. Sono quegli occhi brillanti, innamorati della vita, appassionati di ogni secondo che scorre davanti alla macchina da presa e soprattutto dietro, a fare la differenza. E forse è stata l’imprescindibile necessità di mantenere intatta la propria vita personale e familiare a tenerla bene ancorata tra la gente – anche se sembra avere sempre la testa tra le nuvole. Quella innata e tenera semplicità che le ha permesso di non perdere il contatto con la normalità, seppure diventata patrimonio di tutti attraverso l’immortalità di pellicole indimenticabili. La grazia e l’eleganza di una splendida Stefania Sandrelli irrompono sul palcoscenico del teatro Politeama “Mario Foglietti” di Catanzaro per l’ultimo appuntamento della rassegna Musica & Cinema, accolta dal sovrintendente Gianvito Casadonte e dal direttore generale Aldo Costa. Intervistata dal bravissimo giornalista Fabrizio Corallo (che è anche regista, che si è infatti appena aggiudicato il premio come Migliore documentario nella sezione “Spettacolo” ai Nastri d’argento doc per “Sono Gassman! Vittorio re della commedia), Stefania racconta del suo rapporto tra il cinema e la musica sostenuta dal legame indissolubile con il fratello Sergio, musicista, al quale era molto legata, scomparso qualche anno fa. E del suo compagno di vita, il registra Giovanni Soldati, al riparo in barcaccia ma pronto a calarsi nella veste di suggeritore se vezzosamente sollecitato.
Diva popolare, dotata di una leggerezza e di un’ironia che la fanno apprezzare dal pubblico femminile e maschile, è stata ed è un’interprete poliedrica e una donna coraggiosa e combattiva che ha voluto e saputo sfidare le convenzioni sociali in anni di chiusura e arretratezza. Le sue inconfutabili doti professionali e umane le hanno fatto meritare importanti riconoscimenti: numerosi David di Donatello, Nastri d’Argento e il Leone d’Oro alla carriera nel 2005 a Venezia. Una vita di successi per la quale si definisce «molto fortunata». «La fortuna però – dice – è un sentimento, qualcosa di cui sono cosciente, così come di quanto abbia contato nella mia vita, negli incontri».
Il rapporto con la musica ha il volto del fratello, della mamma che suona il violino e la fisarmonica, ma anche la potenza delle opere di Giacomo Puccini – il maestro abitava poco distante da casa – canticchiate all’orecchio dal nonno, nella sua Viareggio, «dove c’erano più cinema che chiese». «La musica mi fa volare», dice l’attrice più amata d’Italia che confessa di aver voluto diventare una ballerina. Dalla musica classica alla lirica, al jazz che di quei tempi le signorine perbene non avrebbero dovuto ascoltare, alle serate alla “Bussola” e “Bussolotto”, dove ebbe modo di assistere ai concerti di Chet Baker e Ella Fitzgerald, e incrociare un cantante «dalla vocetta esile e carina» che diventa un amore grande e osteggiato dalla mamma (forse anche perché era sposato ma Stefania non lo sapeva), quello per Gino Paoli. Un legame forte e intenso dal quale nascerà la sua «principessa», Amanda, attrice e mamma di Rocco, il nipote adorato che ha scelto la strada della musica studiando al conservatorio di Siena.
Anche il film che le apre le porte della popolarità e la consacra quale attrice affermata e ricercata per il suo talento, “Io la conoscevo bene” di Pietrangeli (1965) è ricco di musica: è la storia della dolente Adriana, arrivata a Roma dalla provincia friulana per fare l’attrice che passa la vita ad ascoltare musica prendendo a calci il giradischi. Stefania, però, prima di tutto è l’attrice di Germi, ma anche di Bertolucci, a Monicelli, passando per Comencini ed Ettore Scola, il cui affetto l’accomuna a Casadonte che lo ricorda sempre con un velo di commozione. “Tutti mi dicevano: non ti si dà una lira, poi però…”, davanti alla macchina da presa non c’erano parole per descriverla.
«La magia del mio lavoro è questa – dice ancora – siamo lì tutti per la stessa cosa, facciamo gioco di squadra e diventiamo una sola persona». Nessun eccesso sul set, a letto presto e sveglia all’alba, ma attraversando tutta questa vita, nella girandola di incontri, la colleganza ha portato grandi amicizie con gli uomini e nessuna rivalità con le donne. «Non ho mai lavorato nel segno della rivalità, anzi, mi è capitato di rifiutare ruoli per vedere come li facevano le altre – ammette sorridendo anche quando rivela di aver voluto la parte di protagonista nel film ‘Il Giardino dei Finzi Contini’ -. Credo molto nella sorellanza». E se del passato apprezza la bravura di Anna Magnani e Silvana Mangano, guardando al cinema contemporaneo rimarca di apprezzare molto Valeria Bruni Tedeschi, e soprattutto Margherita Buy. «Il cinema ha fatto talmente parte della mia vita che è un’abitudine fare film una consapevolezza sempre maggiore, anche di fronte a cose nuove recitare è diventato ancora più bello. La vita di un attore è come un baule più o meno grande, che rimane sempre aperto, per permettere al nuovo di entrare e al vecchio di venire riscoperto e utilizzato nuovamente».
E dal baule, Stefania toglie il ricordo di Vittorio Gassman «molto profondo e sensibile. E’ quello che mi ha fatto più male quando se n’è andato, non avevo fatto i conti con la sua fragilità». Marcello Mastroianni – «che era capace di commuoversi pensando ad un piatto di pasta e fagioli e arrivava sul set con le polpettine della nonna» – era il più naturale e il più familiare. La vitalità e la passione l’hanno accomunata a Ugo Tognazzi, «attore straordinario capace di tutti i registi», mentre Alberto Sordi «non era affatto tirchio e nelle cene a casa sua ho avuto modo di incontrare persone straordinarie come il poeta Ungaretti». Nino Manfredi? «Mi piaceva tanto, anche fisicamente, il che non guasta. Era pignolo».
La Sandrelli – che disse di no a Coppola che la voleva ne “Il Padrino” ma per una parte troppo simile a quella recitata in “Divorzio all’Italiana” – fa anche una riflessione sul cinema italiano in questo momento: «Oggi il vero problema è che non ci sono i produttori, i veri genitori di un film. Anche di sceneggiatori non ce ne sono tanti». Ma non perde mai il gusto di ridere, di mettersi in gioco e lasciarsi travolgere dall’affetto del pubblico, da cui si fa abbracciare, come il “vancale” di Tiriolo, gentile omaggio della Fondazione consegnato da Costa e Casadonte.

Maria Rita Galati

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