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L'inchiesta collegata a Stige finisce a Salerno: c’è un magistrato indagato

Negli atti il procuratore capo di Castrovillari Facciolla. I legali del maresciallo arrestato dalla Dda di Catanzaro chiedono un’eccezione per incompetenza territoriale. Lo scontro Gratteri-Lupacch…

Pubblicato il: 04/03/2019 – 20:16
L'inchiesta collegata a Stige finisce a Salerno: c’è un magistrato indagato

CATANZARO Lunedì nel corso dell’udienza preliminare a carico del maresciallo Carmine Greco – ex comandante della stazione di Cava-Melis (frazione del Comune di Longobucco), arrestato a luglio 2018 dalla Dda di Catanzaro (nell’ambito dell’inchiesta “Stige”) con l’accusa di associazione mafiosa perché avrebbe favorito la ditta di taglio boschivo Spadafora, in odore di mafia, considerata dagli inquirenti vicina al clan Farao-Marincola di Cirò – gli avvocati della difesa hanno presentato al gup Pietro Caré un’eccezione per incompetenza territoriale e funzionale chiedendo la trasmissione degli atti che riguardano il maresciallo a Salerno. Greco, infatti, è indagato dalla Procura campana – responsabile per reati che riguardano i magistrati del distretto di Catanzaro – per i reati di abuso d’ufficio e falso. Insieme a lui sono indagate altre persone, tra le quali il procuratore capo di Castrovillari Eugenio Facciolla, per fatti che sono in stretta connessione con quelli ricostruiti dalla Dda di Catanzaro nella maxi-inchiesta “Stige”. I legali di Greco, Franco Sammarco e Antonio Quintieri, nel corso dell’udienza preliminare, a sostegno della propria eccezione di incompetenza territoriale e funzionale, hanno depositato una richiesta di incidente probatorio fatta da Salerno che dimostrerebbe come i fatti contestati dalle due Procure siano sovrapponibili. Il sostituto procuratore della Dda, Paolo Sirleo, ha chiesto un breve rinvio dell’udienza che è stata spostata al 14 marzo prossimo.


“STIGE” E I SUOI INTRECCI Quello su Greco è uno dei filoni di indagine più delicati e scottanti legati alla maxi-inchiesta “Stige” (i cui titolari sono il procuratore aggiunto Vincenzo Luberto e i sostituti Domenico Guarascio e Paolo Sirleo), che vede alla sbarra, tra rito ordinario e abbreviato, 188 persone ritenute intranee o sodali alla cosca cirotana. Tra queste vi sono anche gli Spadafora.
La chiusura indagini preliminari per Greco portava con sé tre accuse pesanti: associazione mafiosa (che il Riesame aveva mitigato in concorso esterno), rivelazione del segreto istruttorio, omissioni d’atti d’ufficio e favoreggiamento, reati aggravati dal metodo mafioso. Prima di essere arrestato dai carabinieri del Noe, Carmine Greco aveva condotto indagini coordinate dalla Procura di Castrovillari. Queste hanno portato all’arresto, ad aprile 2018, di Antonella Caruso, di 53 anni, funzionaria di “Calabria Verde” l’ente in house della Regione Calabria che gestisce il settore della forestazione, e Salvatore Procopio, di 60 anni, agronomo. Secondo l’accusa formulata dalla Procura di Castrovillari, Antonella Caruso avrebbe costretto un imprenditore boschivo, Antonio Spadafora, di 35 anni, a consegnare i 20mila euro per ottenere un importante appalto per un’attività di disboscamento nel territorio di Castrovillari. Antonio Spadafora gioca un doppio ruolo: da un lato è imputato, insieme agli altri soci dell’omonima ditta, nel processo Stige come soggetto legato alla cosca cirotana, capace di monopolizzare il taglio boschivo e sbaragliare la concorrenza, e dall’altro lato è indicato dall’indagine di Castrovillari come concusso, uomo costretto a pagare la mazzetta per ottenere un appalto.
VITTIMA O COLLUSO? Ma secondo le indagini della Dda il ruolo di concusso era stato cucito addosso a Spadafora, con l’aiuto di Greco, con lo scopo di “limare” la portata della sua caratura criminale davanti alle accuse contestate dalla Dda. Sarebbe stato lo stesso maresciallo, infatti, che gestiva l’indagine coordinata dalla Procura di Castrovillari, a suggerire ad Antonio Spadafora come scrivere gli sms da inviare alla Caruso, che sapevano essere intercettata, e come calarsi nei panni, meno gravosi, di “vittima del sistema”. Il 2 ottobre 2017 Antonio Spadafora contatta Greco e gli dice che i dettagli dell’appuntamento con la Caruso erano stati definiti e che l’incontro sarebbe avvenuto a breve. Sono le nove del mattino. Alle 13 circa, Greco ferma la funzionaria della Regione che viene trovata in possesso di 20mila euro. Sulla provenienza dei soldi la donna non fornisce giustificazioni convincenti. In seguito a questo riscontro Greco chiede l’intercettazione delle utenze telefoniche della Caruso. E da quel momento partono una serie di sms dal cellulare di Antonio Spadafora sul cellulare della donna dal contenuto esplicito: Spadafora lamenta la delusione di non avere avuto lo sblocco dei lotti boschivi nonostante i 20mila euro. Un secondo sms viene mandato qualche giorno dopo e ha lo stesso tono eloquente ed esplicito. Tra un messaggio e l’altro vi sono incontri tra Antonio Spadafora e Carmine Greco. Nel corso di una intercettazione ambientale Antonio Spadafora si lascia sfuggire: «Quel messaggio ce l’ha mandato proprio l’ispettore Greco… il messaggio». Quindi Greco non solo avrebbe favorito la ditta Spadafora in più occasioni e con diverse condotte, ma tramite un’indagine avrebbe cercato, secondo l’accusa, di costruire un nuovo ruolo per Spadafora. È qui che le indagini delle due Procure, Catanzaro e Castrovillari, si incrociano e si scontrano.
CARTE A SALERNO La Procura guidata da Nicola Gratteri invia parte delle risultanze di indagine a Salerno. Ma anche questo fatto non avviene in maniera indolore. Anche per questa ragione il procuratore generale Otello Lupacchini e il capo della Dda Nicola Gratteri sono finiti davanti al Consiglio superiore della magistratura. Il primo avrebbe contestato le modalità con le quali Gratteri ha trattato la trasmissione a Salerno di alcuni atti riguardanti magistrati. Il secondo avrebbe respinto con fermezza la contestazione, ribadendo che – nell’indagine che ha portato all’arresto del maresciallo Carmine Greco – non poteva coordinarsi con la Procura di Castrovillari perché c’erano dei sospetti sugli inquirenti. Il Plenum del Csm ha presto archiviato il fascicolo aperto sui contrasti tra i vertici giudiziari di Catanzaro ma l’argomento è divenuto oggetto di un’interrogazione parlamentare. E la storia è ancora tutta da scrivere.

Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it

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