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«I giudici aiutano i Comuni a migliorare i loro bilanci»

di Ettore Jorio*

Pubblicato il: 06/03/2019 – 17:51
«I giudici aiutano i Comuni a migliorare i loro bilanci»

Questo è risultato di una (faticosa) analisi compiuta per meglio comprendere le sorti prossime dei Comuni e delle Province in predissesto.
Il maggiore impegno interpretativo ha riguardato l’approfondimento della sentenza della Corte costituzionale n. 18 del 14 febbraio 2019 e della più recente delibera/ordinanza n. 46/2019 della Sezione di controllo regionale della Campania della Corte dei conti, messe in relazione alla retroattività o meno dei dicta della Consulta e alle conclusioni cui è pervenuto il magistrato contabile napoletano.
A fronte di tutto questo è emerso che la dichiarazione di incostituzionalità dell’articolo 1, comma 714, della legge 208 del 2015, così come sostituito dall’art. 1, comma 434, della legge 232/2016, andrà ad incidere soltanto sulle situazioni aperte. Di conseguenza, i piani di rientro rimodulati antecedentemente alla declaratoria di incostituzionalità sono al momento intangibili. Ciò sulla base dell’ineludibile principio del consolidamento dell’atto amministrativo.
Il tutto, fermo restando che, così come sancito dal Giudice delle leggi, le anticipazioni di liquidità d’ora in poi non potranno più essere utilizzate con l’ammortamento trentennale. Prestiti di tal genere sono, infatti, esclusivamente riservati, ai sensi dell’art. 119, sesto comma, della Costituzione agli investimenti, necessariamente attrezzati di relativi piani di ammortamento e sempreché si sia rispettato l’equilibrio di bilancio da parte del sistema autonomistico regionale di riferimento nel suo complesso.
Quindi, a leggere bene la sentenza della Consulta, coadiuvata dall’interpretazione attuativa che ne ha dato il Giudice di controllo campano con la ordinanza depositata il 28 febbraio scorso, si ricava che gli enti in predissesto non devono necessariamente fallire ma, nello stesso tempo, non possono usare lo strumento del prestito, cioè della anticipazione di liquidità, per risolvere i loro problemi strutturali.
E ancora. Leggendo l’ultimo paragrafo della sentenza della Corte costituzionale si evincono ottimi «consigli» nel senso che potrebbero essere ben individuate diverse soluzioni per assicurare discontinuità con quel passato che sta affliggendo oggi tantissime realtà municipali.
Un compito che spetta, ovviamente, al legislatore, che dovrà dedicare al problema della criticità che involge i comuni più attenzioni più specifiche di quante ne abbia garantito sino ad oggi elaborando una normativa rateizzata e frammentaria.
Ciò che, in sostanza, pretende la Corte costituzionale è che lo strumento idoneo – sia dal punto di vista economico-finanziario, sia da quello costituzionale in riferimento ai principi affermati nel titolo V della Carta e dunque nella legge n. 42 del 2009 – è l’utilizzazione del fondo di solidarietà e non dei prestiti.
Al riguardo, vale la pena sollecitare un diverso impegno da parte di chi è tenuto a rispettare la Costituzione, a fare le leggi e ad attuarle puntualmente. Non si capisce, infatti, per quale motivo la politica finanziaria dello Stato sia quella di sottodotare continuamente il Fondo di solidarietà e di consentire, invece, questi prestiti a lunga gittata che incrementano il debito complessivo del Paese e, per di più, sottraggono potenziali fonti di finanziamento agli investimenti degli enti territoriali.
Non v’è dubbio, infatti, che il sistema dichiarato incostituzionale dalla Consulta fosse funzionale soltanto a fronteggiare le spese correnti, senza preoccuparsi minimamente degli effetti deflagranti sulla struttura e sugli equilibri del bilancio.
Da qui, l’invito al legislatore e alle rappresentanze dei Comuni e delle Province di pensare ad un sistema che possa veramente realizzare la solidarietà costituzionalmente prevista, ove ne ricorrano i presupposti, e non procrastinare un’agonia che diventa sempre più grave nella misura in cui vengono a privilegiarsi le anticipazioni di liquidità che finanziano la spesa corrente.
In tale scenario la delibera-ordinanza della sezione Campania non rappresenta altro che il fisiologico sviluppo della vicenda costituzionale. La Sezione aveva, infatti, sospeso il proprio giudizio in attesa della pronuncia della Consulta. Un giudizio appena ripreso con l’aspettativa di verificare gli obiettivi intermedi conseguiti sulla situazione contabile attualizzata a tutto il 2018 per determinarsi, poi, definitivamente sulla vicenda.
Concludendo, ora che la norma è stata rimossa e che la vicenda rimane ancora aperta, correttamente la Sezione di controllo della Campania ha ripreso l’istruttoria per vedere se l’ente interessato ha mutato, nel frattempo, la propria situazione e se, eventualmente, abbia previsto, o intenda prevedere, un accantonamento maggiore nell’arco del precedente decennio utilizzato per coprire i debiti fuori bilancio nel frattempo emersi.

*docente Unical

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