REGGIO CALABRIA La legge sulla doppia preferenza si farà il 25 marzo. Dunque non oggi ma si farà. Aspettarsi che un consiglio composto quasi da soli uomini desse il via libera alla norma senza spigolosità era, forse, eccessivo. Dopo il dibattito di lunedì in consiglio regionale si può togliere il forse. Perché i consiglieri regionali (non tutti) hanno trovato la quadra e deciso di rinviare la trattazione del disegno di legge. Certo, non mancano le rassicurazioni: l’indirizzo è certo, la data sarà certa e il consiglio regionale lavorerà insieme per approvare la norma. Non oggi, ma lavorerà insieme.
Quattro anni di inciampi e, nel giorno della possibile votazione, si decide che la parità di genere è soltanto una delle questioni da valutare nella futura legge elettorale. Serve, insomma, una valutazione complessiva. All’improvviso ci si accorge di urgenze trascurate a lungo, ma tant’è, la politica ha ragioni che la ragione non capisce. Dunque se ne riparlerà «prestissimo» (il copyright è di Vincenzo Pasqua). Di fatto, però, salta tutto. E va in scena una delle sedute più drammatiche della legislatura. Con il governatore Oliverio e il consigliere della Casa della libertà Gianluca Gallo che, mettendo da parte l’aplomb istituzionale, arrivano a darsi reciprocamente del «ridicolo». E dire che c’era “soltanto” da ratificare un orientamento largamente diviso nel Paese e aumentare (seppure per legge) la rappresentanza femminile in un’Aula che vede oggi solo una donna tra gli scranni. Il fatto è che la legge toglierà parecchio spazio agli uomini. E molti consiglieri vedono già in bilico una possibile riconferma, che evaporerebbe con la doppia preferenza di genere.
MAGGIORANZA SENZA NUMERI C’è, però, anche un dato politico che emerge al termine della riunione, caratterizzata da una pausa – in teoria di dieci minuti, in pratica più di sessanta – nella quale si è cercata una quadra che appariva in quel momento improbabile. Una parte della maggioranza ha premuto per andare al voto e approvare la “riforma Sculco”. Oliverio, Sebi Romeo, Giuseppe Giudiceandrea, Giuseppe Aieta, Arturo Bova, hanno chiesto al Consiglio di esprimersi nonostante le richieste di rinvio arrivassero anche dai banchi della maggioranza (vedi Domenico Bevacqua e Orlandino Greco, che ha annunciato il suo “no” alla legge). La prova muscolare, però, è fallita. Dopo la sospensione, infatti, si è scelto di seguire una strada condivisa, segno che i numeri per approvare il disegno di legge oggi non c’erano. Ed è, questa, un’ulteriore prova dello sfaldamento del centrosinistra. Oliverio ha ribadito che si tratta di decisioni personali e non ci sono ordini di scuderia. Ma è la prima volta che un suo appello ai colleghi di maggioranza cade, di fatto, nel vuoto.
IL DIBATTITO
SCULCO: «DOPO 4 ANNI TOCCA A VOI» La discussione parte con l’accorato appello di Flora Sculco (Cir). La consigliera si batte da tempo per l’approvazione della legge sulla doppia preferenza di genere e nei giorni scorsi aveva spiegato che il percorso sarebbe stato disseminato di «trucchi e trabocchetti», subito emersi sotto forma di proposte di legge alternative. «Non posso non esprimere la mia soddisfazione – dice Sculco – dopo la via Crucis di questi 4 anni. È stato un cammino non certo semplice, ci sono state resistenze che spero oggi siano in tutto o in parte superate o affievolite. Voglio solo evidenziare che questa legge non comprime e non condiziona le scelte degli elettori, anzi le valorizza, né crea un privilegio per le donne, ma dà solo una possibilità aggiuntiva e rappresenta un vantaggio per tutti». «Sono sempre più convinta – continua Sculco – che l’obiettivo è quello di ampliare l’impegno alla partecipazione alla vita politica della regione, non ci sono trucchi e non ci sono inganni. Il rinnovamento delle istituzioni infatti passa da una più compiuta democrazia paritaria: all’inizio di questa legislatura abbiamo approvato una modifica allo Statuto che prevede almeno il 30% di presenza di genere nella giunta, indicando un percorso che ha fatto da esempio anche ad altre Regioni. In quell’occasione il Consiglio ha dato prova di maturità: tre giorni fa si è celebrata la Festa della Donna, tutti noi abbiamo partecipato a iniziative in questa direzione con un omaggio a tutte le donne, per questo penso che oggi non dobbiamo deludere le aspettative dei calabresi e passare dalle parole ai fatti. Io ho fatto la mia parte, ora tocca a voi». L’invito non avrà il seguito sperato; Sculco al termine si dirà «delusa» ma disposta ad accettare il rinvio pur di portare a casa il risultato finale.
GRECO DICE NO A proposito di contrarietà al testo di legge sostenuto da Sculco (ed esposto da Franco Sergio), ecco Orlandino Greco (Orlandino presidente): «Voterò contro». Greco ha firmato una proposta e spiega che «la mia proposta farà il suo percorso nella Commissione». Questione politica: «Rivendico la linea di svolgere il mio ruolo. Non serve a nessuno fare melina, non intervengo come capogruppo del gruppo che rappresento perché il sistema delle regole attiene alle singole sensibilità. Qui non si tratta di metter in discussione la partecipazione delle donne all’attività politica. Sono qui a votare contro, a non votare alcun tipo di rinvio, senza nessun retropensiero, con la schiena dritta».
ORSOMARSO E LE PROPORZIONI Per Fausto Orsomarso bisogna andare avanti, ma con percentuali diverse: alle donne non dovrebbero andare il 50% dei seggi. «Cambierei – dice – la percentuale a 70-30, altrimenti ci troveremo in alcuni territori a pregare le donne a candidarsi. Se si votasse oggi proporrei di cambiare la proporzione».
BEVACQUA: «RIFACCIAMO LA LEGGE ELETTORALE» Domenico Bevacqua dice che sarebbe meglio pensarci più a lungo. «Ritengo necessario – spiega – approfondire e prendersi un po’ di tempo per fare un testo magari più puntuale. Ho apprezzato il lavoro della Sculco, ma ritengo che le cose vadano condivise, perché io in quest’aula non sono un birillo. Non voglio votare contro, ma voglio rispetto per il mio ruolo e sono disponibile a approvare una modifica complessiva della legge elettorale e non solo una parte. Chiedo al presidente Oliverio e alla mia maggioranza di riflettere meglio e puntare a una riforma complessiva del la legge elettorale».
Per Vincenzo Pasqua, che parla «a nome di tutto il centrodestra», è «necessario fare una valutazione adeguata alle istanze che provengono dai banchi della maggioranza. Ritengo che il varo di questa legge sia necessario e ci prendiamo un impegno solenne affinché possa vedere la luce in brevissimo tempo». Ma non oggi.
GIUDICEANDREA: «NO A RINVII» Dice no al rinvio, invece, Giuseppe Giudiceandrea (Dp): «È paradossale che questa legge pende da 4 anni, e penso che sia arrivato il momento di decidere senza indugi, rispettando ovviamente i colleghi che negli ultimi giorni hanno presentato nuovi testi anche se forse potevano pensarci prima (ma comunque sono in tempo). Che che oggi la proposta di Sculco sia messa ai voti perché bisogna rispettare il lavoro della Sculco e delle commissioni. Ci assumiamo il rischio, oggi mettiamo al sicuro questa norma e rispettiamo una collega come la Sculco che da quattro anni suda per questo obiettivo».
TALLINI: «SE È UN VOTO DI SINISTRA FATE DA SOLI» Chiede, in sostanza, di rinviare anche Domenico Tallini. Ma in nome di una riforma che va fatta ma in maniera bipartisan. «Richiamo le parole di Oliverio – dice –, che ha detto che una riforma dev’essere bipartisan e dev’essere fatta nel modo più ampio possibile. Ora ci troviamo davanti a una volontà di una parte del Consiglio che vuole approvare questa legge a tamburo battente così come è stata imposta dalla maggioranza».
«Il dato – spiega il consigliere forzista mentre parte della platea mormora – è che l’intero Consiglio è per la doppia preferenza di genere, si tratta di capire quale votare. C’è una larga parte che chiede l’accorpamento delle varie proposte». Il centrodestra non vuole «abbandonare l’aula, sarebbe una pagina brutta e triste per la storia di questo Consiglio regionale, ma possiamo aggiornarci e anche noi siamo disponibili al massimo impegno ad approfondire il tema, ma non possiamo pensare di essere costretti a discutere su una forzatura dettata da una posizione di principio di una collega, rispettabilissima». Gli schieramenti non c’entrano, si tratta «di fare una buona legge, a meno che questo voto non sia un accordo per abbassare la percentuale di sbarramento o inserire altri accorgimenti nella legge elettorale come l’elezione del terzo candidato presidente: sarebbe inaccettabile. Vogliamo votare una legge insieme alla maggioranza, come ha auspicato il presidente, ma in questo momento mi sembra che il presidente stia cedendo a un ricatto, che si consuma un’ora dopo che Oliverio ha auspicato la condivisione delle riforme. Temiamo che si voglia esprimere un voto politico, un voto di sinistra e se è così ve le votate voi e vi assumete la responsabilità di questa forzatura».
OLIVERIO DIFENDE LA LEGGE Mario Oliverio si schiera decisamente accanto a Sculco. E ricorda che, prima dell’inizio del Consiglio «si è deciso di rimodulare l’ordine del giorno molto folto. La proposta della Sculco era al secondo punto. Noi, sulla base di un’esigenza legittima, abbiamo deciso di vincolarci tutti a discutere la legge e a stare fino alla fine. La seconda considerazione che faccio: io ho detto che trattandosi di una riforma sulle regole del giorno, è una riforma che non va fatta a maggioranza ma con il concorso più largo possibile, al di là di appartenenze, maggioranze e opposizioni, perché un voto in un senso o nell’altro va ricondotto alla responsabilità personale». Per Oliverio non si può dimenticare che «c’è una legge di rango nazionale, di orientamento, che dice che i consigli regionali devono prevedere nelle liste una percentuale non superiore al 60% di un solo genere, e dice che qualora ci sia la preferenza unica bisogna consentire l’espressione sui due generi». I ringraziamenti a Sculco servono a dare una risposta a Tallini: «La sua proposta non forza nulla, non forza l’elettore, che non è obbligato. Qui non stiamo parlando di quote riservate ma di libera scelta che si lascia all’elettore. Questa proposta ci mette al passo con la maggioranza delle regioni italiane. Stiamo parlando di regole su cui auspico una convergenza del consiglio regionale: è legittima e rispettabile la posizione di Greco e Bevacqua, a conferma che non c’è un vincolo di maggioranza». «Ricordo – continua il governatore – che a inizio della legislatura abbiamo approvato una modifica dello Statuto che pone con chiarezza il vincolo per cui in giunta ogni genere non può essere rappresentato meno del 30%, l’abbiamo proposto noi e tutto il Consiglio ha convenuto: all’epoca abbiamo evidenziato che si doveva fare un passaggio anche per il Consiglio regionale. Mettersi di traverso rispetto a questo percorso è antistorico e non fa fare bella figura, ritengo che sia un errore per il consigli regionale non accelerare, e credo che i tempi siano oggi maturi». «La proposta della Sculco è stata presentata quattro anni fa – ricorda Oliverio –, c’è stato un tempo ampio per presentare altri testi, nessuno impedisce di farlo, ma oggi utilizzare certi argomenti per rinviare sarebbe oggettivamente letto valutato come un pretesto per rinviare la legge, e sarebbe un grave errore esporre il consiglio regionale a un ulteriore rinvio dopo quattro anni».
ROMEO CONTRO ESPOSITO Romeo, capogruppo dem, spalleggia il governatore: «Oggi non siamo davanti a una forzatura, ma a una legge che va nella direzione della legislazione nazionale e dell’attuazione della democrazia paritaria. Se stasera non si vota la preferenza di genere vuol dire che non si vuole approvarla mai. Va votata qui e ora. Ci sono poi altre proposte? Bene, saranno esaminate e approvate o bocciate in Commissione e poi in Consiglio ma non hanno un nesso con la preferenza di genere. La preferenza di genere è qui e va approvata qui. Da parte nostra non c’è la volontà di fare forzature ma di fare un’altra riforma nell’interesse della Calabria. E va fatta adesso, perché questo è il momento». L’intervento di Romeo punta il dito contro il centrodestra: la responsabilità di una mancata approvazione pesa sulla sola minoranza. E provoca la reazione di Sinibaldo Esposito. Che non apprezza «l’arroganza del capogruppo del Pd» e «parzialmente» anche quella del governatore. «Il diktat di Romeo – dice –, fatto con un intervento arrogante e minaccioso, è un colpo alla preferenza di genere. Se è così votatevela. Se sentiremo un altro intervento su quel registro sono sicuro che il centrodestra reagirà in maniera coesa». Anche Giuseppe Aieta (Pd) chiede di andare al voto. «Io credo che oggi il Consiglio debba votare – dice –, perché questa non è la legge del Pd ma una legge del consiglio regionale. Credo che dobbiamo trovare una sintesi che non può più essere quella del rinvio, ha ragione il presidente Oliverio. Usciamo dall’aula in modo che nessuno speculi su questa assemblea. Io voto a favore ma sarebbe bruttissima cosa se il voto sarà dimezzato».
GALLO: «OLIVERIO HA I NUMERI?» Per Gianluca Gallo (Cdl) invece «ancora una volta in quest’aula non si dice la verità. Dalla maggioranza arrivano provocazioni pur sapendo di non avere i numeri. Chi ha fatto la resistenza denunciata dalla Sculco? E che dire di Bova che ha detto che questa norma è di sinistra e Romeo che è del Pd mentre Oliverio ci dice che è una riforma che richiede la massima condivisione…». Per il consigliere d’opposizione «la maggioranza sta strumentalizzando: Oliverio deve assumersi la responsabilità e deve dirci se ha i numeri per approvare la legge e il numero legale. Noi non siamo per le ipocrisie. Ci sono proposte di legge di riforma della legge elettorale, noi ne presenteremo altre, a questo punto invitiamo al presidente Irto di fare una sintesi altrimenti ognuno si regola come ritiene».
IL SERENO DOPO LA PAUSA Dopo la pausa torna il sereno. Sebi Romeo non chiede più al consiglio di esprimersi. Prova a spiegare che il punto si mantiene. Anzi i punti sono due: «Vi era l’esigenza di mantenere alcune cose. La prima: si vota la legge con la preferenza di genere in una data certa». La ratifica dell’accordo spetta a Tallini, «del quale ci fidiamo», sottolinea Romeo. E il consigliere di minoranza accetta e rilancia, spiegando che «siamo per la preferenza di genere ma vogliamo avere la stessa dignità politica di una parte della maggioranza. Da adesso in poi sappiamo che ci sarà pari dignità». E forse anche, per dirla con Orsomarso, che in Consiglio «la minoranza è maggioranza».
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