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Corigliano Rossano, se il commissario sceglie un collaboratore in pensione (e retribuito)

Lo strano caso del dirigente amministrativo contabile traghettato da Bagnara al centro della Sibaritide. È in quiescenza ma percepisce lo stipendio. Grazie a un escamotage che bypassa la riforma Madia

Pubblicato il: 12/03/2019 – 17:11
Corigliano Rossano, se il commissario sceglie un collaboratore in pensione (e retribuito)

CORIGLIANO ROSSANO Capita, in questa Italia disastrata ed in una Calabria messa molto peggio, che le norme diventino più elastiche a seconda dei casi. E saltino fuori scappatoie e semplificazioni in grado di eluderle.
Capita anche che il commissario prefettizio Domenico Bagnato, incaricato di traghettare la fusione di Corigliano Rossano fino al prossimo 26 maggio – giorno delle prime elezioni della terza città della Calabria – decida di portare con sé collaboratori di cui si fida ma che, come vedremo, dovrebbero essere in quiescenza.
E così il reclutamento a mezzo di 110 comma 1 di un dirigente amministrativo contabile avvenuto nel dicembre 2018 racconta una storia ai confini della burocrazia.
Questi i fatti. Alla selezione partecipa un funzionario del Comune di Bagnara – città di origine di Bagnato –, Comune privo della dirigenza fatto che attribuisce all’impiegato funzioni dirigenziali, come previsto dall’ultimo bando di gara di cui abbiamo accennato nei giorni scorsi (potete leggerlo qui).
A Bagnara il funzionario si colloca in aspettativa a zero ore e stipendio, sapendo che il primo gennaio 2019 sarebbe andato in pensione per aver compiuto non solo i 65 anni, ma anche raggiunto il massimo della contribuzione. Così una ventina di giorni prima di prendere la via della quiescenza, il commissario prefettizio lo incarica della dirigenza del settore economico finanziario del terzo comune della Calabria, sapendo che da gennaio 2019 il funzionario percepirà pensione e stipendio, nonostante la normativa non lo preveda. Dal 10 giugno 2016, infatti, la Consulta sancisce il no al lavoro oltre i limiti di età. Consulta che con una sentenza chiara promuove il decreto legge Madia che di fatto impedisce il trattenimento in servizio oltre i limiti di età per la pensione nella Pubblica amministrazione. La Corte costituzionale, ancora, dichiara infondate le questioni di incostituzionalità sollevate a proposito di alcuni casi relativi a docenti universitari e avvocati dello Stato. Il provvedimento, tra l’altro, dice la Corte, «favorisce il ricambio generazionale».
Dunque il principio della Madia passa indenne dal vaglio della Corte Costituzionale ma viene eluso in sede locale.
Qui casca l’asino. Perché se il commissario prefettizio avesse voluto portarsi il suo trainer economico, avrebbe potuto farlo, ma chiedendo al suo funzionario di fiducia di lavorare per la durata del suo mandato commissariale gratis. Perché la legge Madia abolisce il trattenimento in servizio che permetteva di restare al lavoro anche dopo il compimento dell’età richiesta per andare in pensione.
Per la generalità del pubblico impiego – tranne che per questa fase di traghettamento del comune di Corigliano Rossano – lo stop alla possibilità di rimandare la pensione è scattato il 31 ottobre 2014, mentre una deroga è stata concessa ai magistrati per i quali, pur con alcuni paletti, la scadenza veniva fissata alla fine del 2016. La sentenza ricorda che la norma che prevede l’eliminazione del trattenimento in servizio si inserisce tra le misure volte a «favorire la più razionale utilizzazione dei dipendenti pubblici», come afferma la legge stessa, e «costituisce – scrive la Corte, giustificando l’uso del decreto legge – un primo intervento, peraltro puntuale e circoscritto, di un processo laborioso, destinato a dipanarsi in un arco temporale più lungo, volto a realizzare il ricambio generazionale nel settore».
Insomma il commissario prefettizio sembra correggere la Corte Costituzionale, pare voglia infliggere un colpo ai bizantini che a quanto si dice non ha mai amato e assegna una batosta alla burocrazia se si legge il bando di reclutamento di un dirigente amministrativo che esclude, di fatto, i dipendenti di quei comuni con la dirigenza.
Il tutto, a meno che le norme non siano nel frattempo cambiate.

Luca Latella
redazione@corrierecal.it

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