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Sicari venuti dalla Sicilia per uccidere il giudice Scopelliti

Il procuratore di Reggio Calabria Bombarieri racconta l’ipotesi della Dda. «Riacquista vigore la pista emersa con i processi del ’94 e del ’98. Ogni parola del pentito Avola viene vagliata con atte…

Pubblicato il: 17/03/2019 – 15:29
Sicari venuti dalla Sicilia per uccidere il giudice Scopelliti

REGGIO CALABRIA Il magistrato di Cassazione Antonino Scopelliti potrebbe essere stato ucciso da sicari venuti dalla Sicilia. È l’ipotesi investigativa che emerge nella nuova inchiesta sull’agguato che vede 17 nuovi indagati tra cui il boss Matteo Messina Denaro (qui la notizia). Lo ha detto all’Ansa il procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri. «Con questa indagine – ha spiegato il magistrato – riacquista vigore la pista mafiosa già emersa con i processi celebrati nel ’94 e ’98. All’epoca, però, si parlava solamente di mandanti e non di esecutori. Si diceva che c’era un patto tra ‘ndrangheta e Cosa nostra, però si pensava all’ideazione, alla progettazione e al mandato omicidiario dalla Sicilia agli ‘ndranghetisti calabresi. Oggi, la nuova proiezione investigativa fa ritenere che anche gli esecutori, pur godendo di appoggi della ‘ndrangheta locale, siano venuti dalla Sicilia, che anche nella fase esecutiva Cosa nostra abbia svolto un ruolo fondamentale».
LE PAROLE DEL PENTITO Il pentito di mafia Maurizio Avola, “sicario” della famiglia Santapola, che con le sue dichiarazioni ha impresso un’accelerazione all’inchiesta sull’omicidio del magistrato di Cassazione Antonino Scopelliti, ha iniziato a collaborare con gli inquirenti siciliani nel 1994 ma solo recentemente avrebbe iniziato a parlare con i magistrati calabresi. L’uomo, che ha già confessato poco meno di un centinaio di omicidi, fra cui quello del giornalista Giuseppe Fava, infatti, solo negli ultimi anni, secondo quanto si è appreso, avrebbe iniziato a parlare del delitto Scopelliti e dell’intesa tra mafia e ‘ndrangheta che starebbe dietro l’omicidio. Un aspetto che anche gli inquirenti intenderebbero chiarire. Un dato, ha detto il procuratore della Repubblica di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri, «che ci fa ritenere di valutare con grande attenzione, con grande approfondimento quello che dice. È evidente che il gap temporale tra l’inizio della collaborazione e le dichiarazioni sull’omicidio richiedono una maggiore attenzione, un maggiore approfondimento in collaborazione con le Dda che si sono occupate di lui. Siamo in collegamento, tramite la Dna, con le procure di Palermo, Caltanisetta e Catania. Ogni sua valutazione viene vagliata attentamente ma sicuramente non possiamo ignorare le sue dichiarazioni, in particolare dopo il rinvenimento del fucile che potrebbe essere quello utilizzato per il terribile attentato».

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