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«Calabria: terra (purtroppo) da espugnare»

di Ettore Jorio*

Pubblicato il: 28/03/2019 – 9:05
«Calabria: terra (purtroppo) da espugnare»

Il Piemonte e la Calabria sono rimaste le ultime regioni da espugnare, da qui a gennaio 2020. La Lega di Salvini, forte dei successi mietuti in Abruzzo, Sardegna e Basilicata, affila le armi. Gioca di anticipo, di fioretto, rivendicando in Calabria il candidato a governatore del centrodestra.
Invero, propone un calabrese doc, di quelli che fa piacere vantare come appartenenza. Un magistrato molto considerato, capo gabinetto della Lorenzin, alla sanità, oggi di Bussetti, all’istruzione. Età giusta, curriculum come pochi e figlio di quella Bovalino che ricade in quella parte di Calabria più sofferente in termini di dominio di ‘ndrangheta.
Fin qui la scelta di Matteo Salvini, nel suo solito tackle scivolato, e le sue legittime aspettative di fare filotto. È una regola della politica che risulta al momento vincente ed è un suo diritto applicarla.
Altra cosa è tuttavia ciò che serve alla Calabria. Alla nostra regione e a noi calabresi occorre la migliore politica, quella che portò entrambi al protagonismo di un tempo in termini di investimenti pubblici, di acquisizione di patrimonio infrastrutturale. Quella che portò a vantare ministri della Repubblica calabresi che lavoravano per la Calabria e suoi figli. Quella che non avrebbe assolutamente consentito la espulsione di Gioia Tauro dalla “Via della seta” e la ingiusta penalizzazione delle Clementine dello Jonio cosentino a tutto vantaggio dei Tarocchi siciliani. Quella che avrebbe trattato in largo anticipo e ottenuto ciò che ci toccava: lavoro!
Alla Regione, quella con la maiuscola, colpevolmente disattenta, da ultimo, alla via della seta ma soprattutto incapace di affrontare i problemi (figuriamoci di risolverli!), non necessita un burocrate, per quanto bravo possa essere. Ci vuole una personalità che sia al di là degli attuali e soliti steccati politico-burocratici. Che sia capace di mettere insieme i calabresi, tutti, per ricostruire la Calabria. Per rifondarla e renderla protagonista di quel domani che il passato e il presente rendono difficile persino immaginare.
La Calabria ha bisogno del suo Rinascimento socio-politico e culturale, che introduca il suo nuovo corso pieno zeppo di riforme strutturali, prime fra tutte il riordino territoriale e la riorganizzazione socio-sanitaria, di diplomazia economica, attrattiva delle risorse estere, di occhio lungo nel riempire gli spazi vuoti produttivi di povertà e abbandono.
Il compito del prescelto sarà arduo, perché dovrà agire prioritariamente da ricompositore delle coscienze vendute per un tozzo di pane e delle speranze messe da parte, persino dai più caparbi. Dovrà assumere il ruolo di promotore della programmazione massimamente allargata. Dovrà ridare fiducia ai sindaci, molti dei quali messi al tappeto da bilanci insostenibili e da un fondo di solidarietà che dà loro continuamente torto, in termini di tagli di risorse. Dovrà dire la sua sugli scioglimenti spesso fatti male e senza soluzione. Dovrà essere attore della politica nazionale e abile ingegnere istituzionale. Occorrerà che si occupi di ricostruire una Regione ridotta ad un colabrodo, occupata da personaggi impropri e senta alcun titolo, gestita da una burocrazia asservita più che altrove e assistita da un bilancio privo di cassa che, a stento, garantirà gli stipendi ai dipendenti nel medio periodo.
Proprio per questo ci vorrà qualcuno capace di riempire le stanze della Cittadella di buona politica, di ridare fiducia ai nonni e ai padri, perché continuino ad investire per i loro nipoti e figli.
A ben vedere la politica, i partiti e i movimenti che la esercitano, la gente attratta dalla trasformazione del nuovo civismo in proposta elettorale dovranno imparare a guardarsi intorno ed ivi individuare chi potrà servire a pieno titolo la Calabria. Guarirla dalle tradizionali incrostazioni, dalla corruzione, da una burocrazia resa incapace dalla cattiva politica e dalle infiltrazioni mafiose. Evitando in ciò di delegare ad un click per lo più istintivo i processi selettivi piuttosto che ricorrere ad individuazione di noti ma inadatti a fare risorgere la nostra terra.
Ci giochiamo tutto, pena la desertificazione delle famiglie e del territorio.

*docente Unical

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