Qualche giorno fa scrissi su questa rivista un articolo dal titolo «Commissari(ati) per sempre». E’ quanto accadrà verosimilmente per altri 18 mesi (minimo). Questo è quanto sembra essere nelle corde della ministra Grillo. Una ministra che ha tuttavia mostrato un interesse specifico ai problemi calabresi parlando (da medico) in modo diverso, più consapevole di quanto abbiano fatto i suoi predecessori. Ciò che non convince è lo strumento individuato, meglio il suo impatto, non affatto in linea con i bisogni da soddisfare e le sue aspettative «politiche».
Così facendo non si risolvono i problemi della Calabria bensì si rimandano ad un futuro che si perpetua, come se non facesse parte del Paese, peggio come se la si volesse lasciare per sempre così com’è.
Altro che intervento risolutivo, sarebbe una resa
Un decreto, quello riassunto alla stampa (che se prodotto sotto la forma del decreto-legge avrà non pochi problemi di incostituzionalità), che più che essere utile alla Calabria dei cittadini servirebbe a mettere in discussione il sistema attuale e la capacità di intervento del Governo a risolvere il più grande male di Calabria.
Appare infatti una ulteriore dichiarazione di impotenza di fronte al disastro salutare che la nostra regione vive da decenni.
In buona sostanza non risolverebbe nulla, aggiungerebbe qualche problema a quelli che già ci sono. Invero, supporrebbe di risolvere il tutto incrementando la presenza degli uomini e le donne in divisa messi a presidiare un corpo morente. Raddoppierebbe le responsabilità a valle anziché riassumersele così come dovrebbe fare un Governo che voglia realisticamente sostituire l’ente incapace, a mente dell’art. 120 Cost, nella erogazione del diritto alla salute
Questo sarebbe il peggiore modo per risolvere ciò che non va strutturalmente. Alla Calabria occorrerebbe imporre le riforme quelle vere, e non consentirle fantasiosi escamotage del tipo le «integrazioni» di aziende ospedaliere secondo pratiche sconosciute all’ordinamento ovvero improprie tarsìe generalizzate di presidi ospedalieri dalle aziende territoriali. Così si peggiora piuttosto che risolvere, così come avvenuto da oltre quindici anni.
Le scatole cinesi e la solita Costituzione violata
Sta avvenendo di fatto ciò che presagivo nell’anzidetto articolo. Si presume di riportare in Calabria l’assistenza reiterando deleghe in capo al solito dei soliti commissari e alle forze dell’ordine come se fosse da organizzare un ospedale da campo in Bosnia piuttosto che nel Medio Oriente e non già ridisegnare l’inesistente per assicurare una sanità normale e a regime. Anziché lavorare per riportare a normalità la gestione della salute, si ricorrerebbe al raddoppio del commissariamento. Meglio, il decreto introdurrebbe la «matrioska del commissario»: un commissario ad acta, che contiene uno (o più) sub commissario, che contiene a sua volta uno (o tanti) commissario straordinario sostituibile con un altro qualora il primo non dovesse funzionare!
Il tutto in barba alla autonomia riconosciuta dalla Costituzione alle Regioni, in quanto tali soggette ad essere commissariate – ovviamente a tempo molto (molto) determinato – esclusivamente nel caso in cui i suoi organi (Giunta, Presidente e Consiglio non in sede legislativa) non fossero in grado di assicurare il «rispetto delle norme ….. ovvero quando lo richiedono… in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali». Una emergenza istituzionale che rintraccia la sua previsione costituzionale nel suo limitato lasso di tempo di durata, giustificativo per l’appunto del commissariamento, e nella temporanea inadeguatezza degli organi regionali a risolverla. E non già, come accade in Calabria (ma anche in Campania e in altre Regioni che l’hanno subito), con sostituzioni commissariali di durata ultradecennale, e comunque superiori ai mandati legislativi.
Il testo
Prescindendo da una siffatta osservazione che andrebbe di certo approfondita anche dalla Consulta – ad opera di una magistratura che, allorquando interessata, dovrebbe sollevare la questione di legittimità costituzionale dell’intervenuto durevole «esproprio» effettuato dalle gestioni commissariali pluriennali – attese le evidenti lesioni che il disposto presenterebbe rispetto al quadro istituzionale fissato dall’art. 114 della Costituzione e quindi, dai successivi artt. 121 e 123, occorre qui prendere cognizione del contenuto della bozza di provvedimento indirettamente esaminato.
Il decreto, nella sostanza, si limita a dissentire dall’operato del commissari ad acta intervenuti sino ad oggi in Calabria tanto da (re)imporre loro (im)precisi adempimenti a scadenza fissa: ogni sei mesi! Su questo, che di per sé rappresenta un intervallo temporale ricorrente nel testo, si potrebbe passare sopra se non fosse urgente e necessario comprendere l’incomprensibilità della novità risolutiva introdotta.
Sei per diciotto, una formula inadeguata
Il problema più importante, garante della continuità assistenziale cui le Asp/Ao/Aou dovrebbero ineludibilmente ottemperare, sarebbe quello del cosa dovrà fare il commissario ad acta (al secolo il gen. Cotticelli) per i prossimi 18 mesi. Meglio, cosa nella sostanza dovrebbe controllare lo stesso agli insediati (se insediati) DG delle aziende della salute calabresi, nel corso dell’istituita verifica straordinaria.
Un adempimento impreciso sul cosa e sul come essere effettuato, dal momento che le aziende interessate sono sprovviste di strumenti utili a rendicontare infrannualmente il loro operato, sia relazionato alla tenuta del bilancio e ai suoi controlli perfezionati dai revisori che alla qualità della assistenza erogata, considerata anche l’impossibilità a constatare gli andamenti gestionali di medio periodo ricavabili da una contabilità analitica che non c’è.
Dunque, una prevista attività di controllo che rimarrà tale solo sulla carta che, ancorché piena zeppa di parole e sanzioni forti («dichiarare l’immediata decadenza, nonché la risoluzione del contratto, del direttore generale inadempiente», previo avvio del procedimento e contestuale contestazione), imporrebbe tempi e modalità difficili da rendersi utili al perseguimento della apprezzabile ratio del provvedimento, che sarebbe quello nobile di sopperire allo stato emergenziale della sanità calabrese. Lo stesso che giustificò il commissariamento di protezione civile intervenuto in Calabria nel dicembre 2007, che per molti versi ci riuscì, quantomeno nel rendicontare il deficit patrimoniale e nella difficile aggregazione delle allora 11 Asl nelle 5 attuali Asp.
La dinamica incomprensibile
Veniamo ora di capire bene come funzionerebbe la introdotta «matrioska commissariale» che verrebbe a presidiare la sanità della nostra tormentata regione. Verrebbe data facoltà all’attuale commissario ad acta – che francamente non ha dato prova sino ad oggi di alcunché di tranquillizzante salvo che circondarsi di antiche e incerte collaborazioni – di revocare i nominati direttori generali in presenza di motivate ragioni ad esito delle intervenute verifiche semestrali (quali e come?) e di nominare un commissario straordinario, cui affidare la gestione dell’azienda interessata sino alla nomina del nuovo direttore generale. Un commissario straordinario, da preporre ad una o più aziende (divenendo così un segmento di quello governativo che lo nomina!) che, se dovesse dare cattiva prova di sé, può essere sostituito da quello ad acta con un altro della stesse specie, entrambi assistiti da una interessante retribuzione, spesso aggiuntiva di altre.
Occorre capire, soprattutto scrivere bene e concepire meglio
Ed è qui che si pongono non pochi problemi interpretativi.
Primo fra tutti quello che – in presenza di una facultas sino ad oggi sottratta (a mio avviso illegittimamente) all’organo commissariale di nominare i manager della salute – dovrebbe riconoscere al medesimo quello di intervenire in revoca di un incarico fiduciario attribuito dalla Giunta/Presidente della Regione sulla base di un atto di alta amministrazione, cui dovrebbe poi darsi riparo con una successiva nomina che si presume divenire di competenza dello stesso commissario. Una previsione che dà adito a supporre l’intervenuta svolta di ritenere (finalmente) competente delle nomine dei DG il commissario ad acta e non già gli organi regionali sostituti come avvenuto sino ad ora.
In un tale neoimposto esercizio di potere istituzionale, peraltro già posseduto dal commissario ad acta a Costituzione vigente, il decreto in pectore andrebbe però ad assegnare al commissario ad acta un compito francamente non condivisibile ovverosia quello di sostituire un DG – da nominarsi comunque in ossequio del d.lgs. 171/2016 posto a garanzia della qualità delle nomine dei manager della salute – con un qualsivoglia professionista non compreso nel previsto istituito elenco nazionale bensì meramente «scelto fra soggetti di comprovata competenza ed esperienza, in particolare in materia di organizzazione sanitaria o di gestione aziendale».
Quanto a motivazioni, un caos
E’ dato evidenziare nel testo «raccontato» dall’Ansa una seria contraddizione, che potrà generare non poco contenzioso, tra quanto appena precisato in termini di esercizio del potere del commissario ad acta per revocare e risolvere, motivatamente, il contratto del manager ritenuto (come?) colpevole di cattiva gestione e quanto sancito nel successivo art. 5. In quest’ultimo viene infatti attribuito al nominato commissario straordinario, già sostituto del DG espunto, l’obbligo di effettuare, «entro sessanta giorni dal suo insediamento», una verifica generale sulla gestione dell’ente. Un percorso accertativo a fronte del quale il commissario straordinario può avvalersi dell’Agenas, dei Nas e della Guardia di Finanza al fine di dare una maggiore certezza alla valutazione negativa costituente, di fatto, la motivazione stricto sensu dell’intervenuta rottura del rapporto con il direttore generale già sbattuto fuori. Come dire con il decreto si imporrebbe di accertare bene ed oggi l’esistenza delle cause che hanno generato ieri la revoca e la risoluzione del contratto con il direttore generale espunto, con la verosimile contraddizione da eccepire nel probabile contenzioso che andrà a generarsi ad hoc!
Al di là delle dubbie competenze specifiche (perché non dimostrate in tanti anni di flop!) degli organismi di supporto da esercitarsi nel breve periodo di sessanta giorni, la particolarità della prescrizione proposta all’attenzione dell’Ansa, nella sostanza, attesta la sfiducia del Governo nei confronti dell’attuale sistema dei controlli periodici effettuati dagli affiancamenti assicurati sino ad ora da Agenas e dagli advisor super pagati, ma soprattutto dalle verifiche operate dai Tavoli verificatori romani, sino ad oggi incapaci di assicurare alcunché se non aprire la strada a consulenze plurimilionarie, rese possibili da dieci anni in Calabria sino ad arrivare a cinque milioni all’anno (per fare cosa? non lo si capisce!).
*docente Unical
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