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Il Csa-Cisal: «In Regione la sanità degli "utilizzati"»

Il sindacato rifà i conti degli “esterni” al lavoro nel dipartimento “Tutela della Salute”: «Solo 34 su 116 sono i dipendenti regionali di ruolo. È un settore “appaltato” ad altre amministrazioni»

Pubblicato il: 01/04/2019 – 8:54
Il Csa-Cisal: «In Regione la sanità degli "utilizzati"»

CATANZARO «La sanità calabrese nelle prossime settimane cambierà pelle. Il Governo è pronto ad adottare un decreto conferendo poteri speciali ai commissari probabilmente in un Consiglio dei Ministri ad hoc in Calabria. Nel frattempo i disavanzi economici non riescono ad essere controllati, la carenza di personale – che si acuirà nei prossimi mesi a causa dei pensionamenti – rende sempre più difficile l’erogazione dei servizi essenziali negli ospedali e nelle altre strutture sanitarie e, ancora, il livello di scontro istituzionale fra esecutivo nazionale e Regione potrebbe presto toccare vette mai raggiunte. Insomma, ci sono tutti gli ingredienti per la tempesta perfetta. E di fronte a tutto questo cosa si pensa di fare in Regione? Una bella infornata (riconfermata) di “utilizzati” fra le fila del dipartimento di “Tutela della Salute”. Cioè – osserva il sindacato Csa-Cisal –, mentre cambia il mondo della sanità, in Regione, il pensiero va a quelle pratiche di discrezionale e disfunzionale gestione del personale che tanto male ha prodotto negli ultimi anni».
IL DECRETO DI RICONFERMA DEGLI UTILIZZATI Il 25 marzo scorso – continua la nota – il direttore generale del dipartimento di “Tutela della Salute” Antonio Belcastro firma un decreto con cui sono prorogati gli utilizzi esistenti. Si tratta di 42 unità provenienti dalle aziende sanitarie provinciali (Asp) e dalle aziende ospedaliere (Ao) “prese in prestito” per occupare le scrivanie in Cittadella. 15 dall’Asp di Catanzaro, 6 dall’Asp di Cosenza, 3 dall’Asp di Crotone, 3 dall’Asp di Reggio Calabria, 2 dall’Asp di Vibo Valentia, 9 dal Pugliese-Ciaccio e 3 dalla Mater Domini di Catanzaro, 1 dall’ospedale di Cosenza. «Approfondendo tra i profili in questione – spiega il sindacato – si scopre presto che fra questi “utilizzati” alcuni lo sono da oltre una decina di anni burlandosi così dello stesso concetto di utilizzo che dovrebbe essere “temporaneo”. Peraltro è francamente sospetto come la scadenza della proroga sia stata fissata a fine dicembre del 2020. Quasi come se non si tenesse conto che fra qualche mese ci saranno nuove elezioni e quindi potrebbe cambiare anche l’assetto dei dirigenti generali e di conseguenza gli atti interni di micro-organizzazione». Oltre ai paradossi temporali c’è un altro aspetto su cui il sindacato Csa-Cisal chiede conto al firmatario del decreto Belcastro. «L’attenta cernita dei “prestati” al Dipartimento che dirige – prosegue il ragionamento – pare lasci intendere l’esistenza di un vincolo di parentela con altri dipendenti regionali di ruolo, se non addirittura fra gli stessi “utilizzati”. Se questi spostamenti in Cittadella sottendessero logiche di così bassa lega sarebbe molto grave. Chiedendo una puntuale verifica al direttore generale su questa eventualità lo invitiamo, laddove fosse vero, ad intervenire al più presto perché il suo dipartimento è quello di Tutela della Salute della Regione Calabria, non è un ufficio privato in cui si ricongiungono parenti e affini. “Carràmba! che sorpresa”. Quest’ultimo decreto è tuttavia solo la punta dell’iceberg di un fenomeno più ampio che affligge l’ufficio regionale che è bene ricordarlo, nonostante il regime commissariale, gestisce oltre il 60% del bilancio regionale. Circa 3,5 miliardi ogni anno e quindi, soltanto per questo, dovrebbe essere il fiore all’occhiello della macchina amministrativa della Regione Calabria. Invece, dai documenti in possesso del sindacato Csa-Cisal, emerge immediatamente che, insieme alla Sua, è con ogni probabilità quello più disarticolato». 
IL DIPARTIMENTO “COMANDATO” DAI NON REGIONALI Il dipartimento “Tutela della Salute”, ad oggi, conta 116 lavoratori. Oltre ai 42 utilizzati (di cui 4 prestano la propria attività presso la Sua), ce ne sono 30 provenienti dai ranghi dell’Azienda Calabria Lavoro che svolgono attività di supporto, altri 10 con contratti di collaborazione (co.co.co) che si occupano di Farmacovigilanza e soltanto 34 sono i dipendenti di ruolo regionali. «Nemmeno un terzo – dice il sindacato –. Siamo di fronte a un dipartimento “appaltato” ad altre amministrazioni. Un’autentica violenza nei confronti del personale regionale. E lo dicono i numeri. I lavoratori di ruolo della Regione Calabria ammontano a 2.441. L’Ente, piuttosto di accoglierne da fuori, potrebbe prestarne ad altre Amministrazioni ed invece, come in questo caso, mortifica gli interni per dare spazio a lavoratori “esterni” per non ben precisate ragioni. Almeno quelle ispirate all’efficienza amministrativa, ma non siamo così ingenui da non sentire l’odore della convenienza politica di tali operazioni. Chiaramente l’incoerenza non va certo addebitata ai collaboratori della Farmacovigilanza, che prestano un servizio specifico di valore, o ai lavoratori provenienti da Calabria Lavoro che supportano l’ufficio, ma appunto all’impiego senza soluzione di continuità degli utilizzati che arrivano dagli enti del servizio sanitario».
Non è la prima volta che il sindacato Csa-Cisal interviene sull’argomento a segnalare l’oscenità di tali condotte. «Si ricorderà – continua la nota – il caso della folgorante carriera dell’infermiera di una Asp arrivata all’ambulatorio in Cittadella e che a stretto giro dall’affaccendarsi con garze e siringhe è riuscita a passare alla più comoda scrivania del dipartimento. E pensare che non è l’unica infermiera ad essere sbarcata negli uffici. Non è tollerabile, proprio in questo momento storico di cesura della Sanità calabrese, che medici (ritroviamo biologi, nutrizionisti, ostetriche, diversi specialisti e pure due del pronto soccorso…) e altre figure sanitarie lascino sguarniti i reparti di presidi delle aziende sanitarie provinciali e delle aziende ospedaliere per essere piazzati negli uffici della Regione  non si capisce bene in virtù di quali meriti e competenze, se non un’indicazione fiduciaria».
«Ancora non più tollerabile – continua la nota – quando si parla di infermieri professionali. Se qualcuno trova una spiegazione diversa alla “convenienza politica” del ricorso agli utilizzati ci faccia sapere. È la classica logica dei pochi fortunati dalle amicizie che contano. Non ci si rende conto che questa mossa provoca un doppio danno: si impoveriscono le aziende pubbliche di provenienza e si umiliano gli altri lavoratori regionali. Massima rovina per la maggioranza e magra gioia per pochi. Siamo per questo al cospetto di pratiche amministrative che non possono più passare in cavalleria. Pertanto chiediamo formalmente al direttore generale del Dipartimento di “Tutela della Salute” di revocare in autotutela il provvedimento di proroga dei “prestati” verificando, anche per ragioni di opportunità, la sussistenza dei legami di parentela fra gli utilizzati stessi e altri dipendenti regionali. Contestualmente, valorizzando le risorse già presenti in Regione, si proceda a indire manifestazioni di interesse per la mobilità interna, magari prevedendo premialità specifiche, in grado di rivoluzionare il Dipartimento in questione rafforzandolo in proporzione al rilievo che ha: fra i più alti della Regione Calabria. Non accetteremo più – chiosa il sindacato – spostamenti di caselle da Asp e aziende ospedaliere eterodirette che non abbiano criteri diversi dalla massima funzionalità degli uffici e dalla meritocrazia reale».

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