Il cosiddetto congresso di Verona porta alla luce altri aspetti meno questionati al momento, come la resistenza che si oppone in piazza ad incontri come quello di Verona appunto dove la scienza, il buon senso, il libero arbitrio degli esseri umani che può e deve concludere sempre in armonia con i propri desiderata e sentimenti si manifestano quasi sempre oramai solo in difesa degli attacchi portati in loro danno, ogni qual volta vengono messi in discussione e non più per promuovere, ampliare e così meglio contaminare ciò che ci circonda dalla bellezza delle battaglie del passato e dei tanti risultati attraverso esse ottenuti. Risultati quasi sempre attraversati dal sacrificio di donne e uomini ritenuti degenerati, ammalati, da bruciare, additare, mettere al rogo ieri – alla gogna mediatica oggi e senza le quali donne, capaci di sfidare la morale comune predominante che non implica sempre essere moralmente compresa – tante delle conquiste e dei diritti oggi esigibili non sarebbero mai pervenuti ad essere tali. Bisognerebbe poi, intanto a questo livello di discussione inserire la distinzione proposta da Kant sul moralmente consentito e moralmente accettabile, che non è la medesima cosa, anzi al suo contrario, ma pensare di fare ciò rivolgendosi alla platea applaudente di Verona è chiedere troppo poiché è la fantascienza in quel luogo ad albergare – mentre la scienza latita. Dall’altro canto bisognerebbe ricordare che tutte le più belle e passionali conquiste della specie umana sono state anticipate proprio dal sogno di uomini e donne che le hanno per prima sognate. Pensiamo alla scoperta delle Americhe e dopo avere finito di sognare e scoprire su questo mondo si pensi al sogno di andare sulla luna. Tutto questo è sempre stato definito frutto di visionari , pazzi, degeneri e di contro poi tutti godiamo del sacrificio che hanno anticipato tali conoscenze. Medesimo sentimento anima il sogno di potere liberamente amare la persona della quale ci si innamora qualsiasi sia la condizione di genere o la situazione determinatasi e come questo non sia moralmente accettabile, ma al contrario moralmente consentito.
Quanto sta andando in scena a Verona infatti all’insegna del sacro vincolo del matrimonio e della famiglia definita naturale ed unica possibile rimanda alla ridefinizione delle parole non usate, ma al contrario abusate, disconoscendone implicazioni e limitazioni. Intanto nella gerarchia delle fonti all’art. 29 della Carta Costituzionale si parla di matrimonio e coniugi senza mai specificarne il requisito del sesso, così come poi nel codice civile si trova riscontro nel riferimento ad uomo e donna, palesandosi di fatto un conflitto tra le norme sulle quali alcune pronunce della Corte di Cassazione, tradizionaliste potremmo definirle così – non possono ne devono – come scrisse Stefano Rodotà, considerarsi baluardo inespugnabile poiché sono pronunce che – debbono essere seriamente riconsiderate a partire dal nuovo contesto istituzionale europeo nelle quali si muovono. In ogni caso stiamo ragionando all’interno di leggi e principi che spesso risentono del condizionamento delle forze politiche imperanti in quel momento, mentre qui si parla di natura, ovvero di ciò che accade in maniera naturale in tutte le specie viventi (flora e fauna comprese).
Ma ritornando al valore sacro della famiglia opposta da Verona come unica possibile che si compone esclusivamente di un uomo, una donna e la loro prole, e dentro la quale si riconoscono le esaltazioni dell’amore tra essi, e che al contrario non possono albergare in matrimoni di fatto, coppie di fatto, tra uomini che adottano un bambino o altro – è forse tempo di ritornare sul triste bilancio che produce proprio la famiglia cosiddetta sacra ogni anno in termini di violenza tra le mura domestiche in danno di migliaia di donne pestate selvaggiamente dai propri sacri mariti , oppure le percentuali di abusi e di pedofilia che si consumano in danno di minori per oltre il 90 per cento sempre in quelle sacre mura familiari – luoghi questi – che sempre più spesso diventano delle carceri e dove l’omertà e il silenzio sulle violenze subite diventano l’unica cosa che accomuna vittime e carnefici. Derubricare nei confronti delle donne vittime di violenze, abusi o stupri consumatisi nelle case, in famiglia, e che spesso le statistiche indicano essere denunciate nei pronto soccorso per la vergogna e la colpa che riconducono addirittura a se le donne come incidenti domestici ci pensano i sostenitori di questo pseudo raduno di alchimisti che rilanciano ammonendo le donne che i pericoli per loro vengono dall’Islam. Ora può esserci offesa peggiore nei confronti delle donne fatte destinatarie di un messaggio così grossolano, inconcludente e privo di ogni seppur minimo riscontro e pure così è. In realtà spesso dietro le politiche demografiche sulle famiglie si nascondono voglie sovraniste che attraverso alcuni cosiddetti valori altro non tendono che a meglio fidelizzare i futuri nascituri all’interno di concezioni macabre come sono il nazionalismo e il separatismo in un mondo oramai globalizzato ed interconnesso. Un mondo che produce stupri singoli o di massa più che carezze verso le donne ed in questa direzione risulta offensiva la posizione di un’altra sovranista casereccia a Verona che derubrica il ricorso all’interruzione volontaria della gravidanza come un mero fatto economico – senza tenere conto delle migliaia di donne violentate e rimaste incinte, ed in ogni parte del mondo, Italia compresa. In questa direzione dirimenti sono i dati sulla violenza di genere diffusi dall’Istat il 6 marzo scorso per scorrere pagine, dati, e implicazioni che provocano sconcerto e ribrezzo, altro che sacro amore in luogo idilliaco – come da Verona si tenta di dimostrare. Diventa spesso proprio la famiglia il primo luogo pericoloso per le donne vittime di violenze fisiche e psichiche (violenza sessuale, stalking, umiliazioni, critiche, ignorate, insultate, offese, minacciate di essere private dei figli o dei mezzi economici, così come controlli e persecuzioni) con esiti devastanti che spesso concludono in femminicidi. Poi c’è un mondo fuori di molestie sui luoghi di lavoro, nelle scuole, dove il ricatto sessuale tenta a volte il sopravvento sul merito e l’indipendenza delle donne. Quanta miseria, quanta ignavia e puzza di stantio emana questo coacervo di persone che ignorano l’evidenza. La natura come spesso affermo ci riconduce di contro all’essenza delle cose sottratte ad ogni forma di condizionamento restituendoci esempi di coppie dello stesso sesso durature come i delfini, le libellule, o i pinguini, spesso più durature appunto di quelle sacre e tradizionali.
Verona in questo fine settimana è un pericoloso tentativo di delegittimare le donne, la loro indipendenza, il loro libero arbitrio, la loro libertà di essere ed esserci. È un maschilista tentativo di riaffermare in maniera altro la categoria del possesso sulle donne, quali corpi a perdere da potere utilizzare e possedere in nome della presunta supremazia dell’uomo, soprattutto se marito o compagno. Verona in questo fine settimana produce per questo pagini orribili come quella in danno della ragazzina napoletana violentata, stuprata, abusa e picchiata nella cabina della Circumvesuviana – da tre ragazzi caserecci, nostrani e forse cattolici già rimessi in libertà mentre lei, vittima, pensa di andare via per paura e per vergogna.
Verona è stata per Shakespeare teatro e culla di un amore contrastato, tra due ragazzi Giulietta e Romeo impediti dalle loro famiglie a poter liberamente vivere il loro reciproco sentimento. È di ciò continua a trattarsi, della necessità che ognuno indipendentemente dal genere possa poter liberamente vivere in armonia con se stesso l’amore che nutre a fianco di chi ama e non di chi indicano leggi, norme o religioni. L’amore trova sempre le sue complicità di genere e di ogni genere come nel rapporto nato nella mitologia tra Achille e Patroclo, così come nei 4 Vangeli nella parte in cui parlano dell’amore dell’apostolo Giovanni verso Gesù. Sentimenti puri, che nessun può, ne deve giudicare, o ostacolare, mai.
*Ricercatore e studioso di fenomeni migratori
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