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"Affari di famiglia", come fregare i creditori e vincere appalti milionari

Le imprese di De Marco si nutrivano di fondi pubblici. Per gli inquirenti avevano rodato un sistema in grado reinvestire i debiti non pagati in attività lecite generando un sistema di autoriciclaggio

Pubblicato il: 05/04/2019 – 8:52
"Affari di famiglia", come fregare i creditori e vincere appalti milionari

COSENZA Le imprese edili riconducibili a De Marco (padre e figlio, il primo sindaco di Maierà) cambiano il nome ma non la destinazione sociale. Sul piatto ci sono i milioni di euro che le pubbliche amministrazioni mettono in palio in appalti pubblici. L’occasione è troppo ghiotta per lasciarsela scappare e per evitare il disastro bisogna aguzzare l’ingegno. Il punto fermo da cui partire è l’attestazione Soa (indispensabile per partecipare alle gare d’appalto) e i due la difendono come un fortino. Lo mettono nero su bianco i finanzieri della tenenza di Scalea che indagano nei libri contabili della De Marco Costruzioni Srl, poi diventata Scalea Costruzioni Srl ed infine nella De Marco Costruzioni. Bilanci, documenti contabili, fatture. Passano in rassegna di tutto le fiamme gialle per sostenere l’intero impianto accusatorio contenuto nell’operazione “Affari di Famiglia” (qui la notizia) coordinata dalla Procura di Paola diretta da Pier Paolo Bruni i cui esiti d’indagine hanno permesso al Gip di disporre la misura cautelare dell’arresto in carcere per Giacomo De Marco e suo figlio Gino con l’accusa di bancarotta fraudolenta e autoriciclaggio. Ed è così che il ramo d’azienda della De Marco Costruzioni Srl (di proprietà di Giacomo De Marco), con un canone annuale di locazione pari a 1.200 euro viene ceduto alla Immobiliare costruzione De Marco (di Gino De Marco) al solo fine, scrive il giudice, di «sottrarre i beni di proprietà della fallita al soddisfacimento dei creditori sociali ammessi al passivo per un totale di 2milioni e 178mila e 587 euro. Con tale contratto simulato venivano distratti in frode ai creditori tutti i beni costituenti il compendio aziendale della fallita De Marco Costruzioni srl, ivi comprese le attestazioni Soa necessarie a conseguire appalti pubblici, con conseguente distrazione dei flussi finanziari derivanti dell’esecuzione degli appalti in corso». E le costruzioni, per come riportato nelle carte dell’inchiesta, sono: un contratto stipulato con la Provincia di Cosenza per la costruzione del polo scolastico di Amantea, il cui valore supera i 7 milioni di euro. E la costruzione del palazzetto dello sport di Lauria per 792mila euro.  I De Marco si alimentano dei fondi succhiati alla mammella della pubblica amministrazione. Diversi sono gli appalti aggiudicati nella provincia di Cosenza. Lavori pubblici nel comune di Mormanno per oltre 900mila euro. In quello di Longobardi per oltre 400mila euro ed in quello di Verbicaro per poco meno di 60mila euro. I finanzieri inquadrano questi tre appalti perché il ramo d’azienda ceduto (secondo le dinamiche che vi abbiamo spiegato prima) con tutti i suoi beni ed attività sarebbe stato utilizzato nelle attività imprenditoriali che l’Immobiliare costruzioni De Marco Srl realizzava con i comuni al solo scopo di «ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa».
Il Giudice per le indagini preliminari, nella sua ordinanza appunta come «gli indagati abbiano posto in essere nel corso del tempo complesse operazioni societarie simulate di vendita e/o affitto di rami d’azienda e cessione di quote, intervenute tra soggetti riconducibili al medesimo nucleo familiare ovvero a soggetti prestanome (una terza persona è indagata), con lo scopo di svuotare il patrimonio della società fallita De Marco Costruzioni S.r.l. gravata da significativi debiti e successivamente, reimpiegare i beni ceduti e/o affidati in nuove società prive di debiti a mezzo delle quali gli indagati hanno partecipato a gare pubbliche, aggiudicandosi importanti e remunerativi appalti. Tali condotte hanno avuto il preciso scopo di investire beni di provenienza illecita, da un lato sottraendoli alla garanzia dei creditori sociali, dall’altro investendoli in attività economiche lecite con conseguente turbamento dell’ordine economico». (mipr)

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