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Battute esilaranti e ironia lieve, il talento di Cicchella diverte il Politeama

Imitazioni, monologhi inediti e dialogo con il pubblico catanzarese per lo spettacolo dello showman

Pubblicato il: 06/04/2019 – 11:29
Battute esilaranti e ironia lieve, il talento di Cicchella diverte il Politeama

di Maria Rita Galati
CATANZARO
«Uno spettacolo teatrale con 26 anni di prove». E che sarebbe stato divertente, ad occhio e croce, il pubblico che ha deciso di sfidare pioggia e nebbia per riempire il teatro Politeama – Mario Foglietti di Catanzaro, ieri sera, forse un po’ se lo aspettava. Francesco Cicchella, talentuoso e simpatico, intrattenitore dalle straordinarie doti canore oltre che fine cabarettista, passato lasciando il segno da “Made in Sud” a “Tale e quale show” vincendo la quinta edizione, non è certo sconosciuto al grande pubblico nonostante la sua giovane età (29 anni appena). Ma “Millevoci tonight show” – che già nel titolo richiama il celebre varietà televisivo degli anni 70, regala a piene mani momenti esilaranti, comicità brillante. Le performance canore di un istrionico e coinvolgente Cicchella coinvolgono il pubblico, ora preso alla sprovvista con nuove parodie, ora incantato dalla sua voce. Due ore di sipario aperto scorrono su una dimensione parallela, che guarda quasi a Broadway, seguendo il filo conduttore della musica, mentre lo showman passa con disinvoltura dal canto al ballo, alla recitazione. Il tutto è impreziosito dalla regia di Gigi Proietti, che su Cicchella ci ha visto lungo, e la direzione artistica di Alessandro Siani, che dosano con grande maestria l’alternarsi di ricordi, aneddoti, canzoni, sketch e originali parodie, capaci di intrattenere e sorprendere. Lo spettacolo – che si sviluppa nello spazio di una scenografia semplice su cui spicca un videowall – è scritto dallo stesso Cicchella, insieme a Riccardo Cassini, Vincenzo De Honestis e Gennaro Scarpato. Il sipario si apre sulla band – Paco Ruggiero (Tastiere e Direzione musicale); Emilio Silva Bedmar (Sax); Arturo Caccavale (Tromba); Sebastiano Esposito (Chitarre) Gino Giovannelli (Pianoforte/Tastiere) Umberto Lepore (Basso elettrico/Contrabbasso), Elio Severino (Batteria) – e il videowall che proietta immagini di un VHS: sono le performance casalinghe di un vispo bimbetto di tre anni che imita Corrado e Troisi. Cicchella sceglie di aprire con una canzone di Steve Wonder. «Avrei potuto scegliere Tiziano Ferro», esordisce prendendone le sembianze canore per poi passare alla parodia, accentuando quel suo «ansimare da segreteria erotica»; oppure con Giuliano Sangiorgi, il leader dei Negramaro condizionato nel suo modo di cantare da una mamma maniaca delle pulizie. «Negramaro che assieme a Negrita e Neri per caso, con l’avvento di Salvini sono tenuti lontano dal palco, li facciamo cantare a casa loro», ironizza maneggiando con cura il tema dell’immigrazione. Cicchella ci dimostra che in versione Cocciante – nella sua casa vista cimitero – le canzoni per bambini prendono una piega drammatica (canta Il caffè della Peppina, la storia di una vecchia che salta in aria preparando il caffè) e viceversa in versione Zecchino d’oro anche “La canzone di Marinella” assume sfumature leggere. E questo è solo l’inizio. C’è spazio anche per qualche citazione ruffiana come quelle che richiamano le specialità culinarie catanzaresi (gli passiamo la caduta di pronuncia sul morzello) e l’invocazione dell’applauso da stadio “Nicola Ceravolo”.
Le imitazioni (Massimo Ranieri e Michael Bublè, e un divertente Toni Servillo in versione purista del teatro incazzoso) hanno parte preponderante in questo spettacolo cucito addosso a Cicchella, che comunque ci sorprende con monologhi inediti, e tante altre sorprese, compreso qualche momento di riflessione finale. Ampio spazio all’improvvisazione, alla partecipazione del pubblico, che resta il valore aggiunto di questo show fresco, sostenuto dalla fedelissima spalla Vincenzo De Honestis. Anche quando suo malgrado, con incredibile naturalezza, nel ruolo di spalla si ritrova un ‘fortunato’ spettatore ‘beccato’ da un estemporaneo Maurizio Costanzo per annunciare l’ingresso della star internazionale Michel Bublè. Il nostro Salvatore Conforto, scambiato per Alessandro Cecchi Paone, regge il gioco a un divertito Cicchella che riesce a coinvolgere anche la moglie della spalla improvvisata: Romina passa alla storia per aver azzeccato, unica nelle decine di tappe del tour, la pronuncia della suddetta star italo-canadese.
Ma prima di Bublè ‘posseduto’ da Gigione, del quale è fan sfegatato tanto da preferirlo a Frank Sinatra, e nello stesso tempo fine conoscitore del comprensorio catanzarese di cui cita a memoria quartieri (Gagliano, Siano e Mater Domini) e conosce i comuni viciniori come Marcellinara e Caraffa, accogliamo un Gigi D’Alessio che suona Chopin come “scalda dito”, litiga con Anna al telefono in vivavoce e plagia a livello planetario “Fin che la barca va” di Orietta Berti. Sul palco anche Massimo Ranieri impostato come il Dio del teatro Vittorio Gassman, che canta facendo flessioni e sollevando pesi, e si allontana un attimo per fermare asteroidi, mentre dipinge la Gioconda in 4 minuti, il tempo di un “Rose rosse per te”.
La direzione musicale è affidata al maestro Paco Ruggiero, che dirige una band formata da otto elementi, la cui qualità spicca in numeri caratterizzati da grande spessore musicale, oltre che dalla loro innata vis comica, come quando Cicchella si chiede cosa sarebbe accaduto se i vecchi successi della musica italiana fossero stati scritti nei giorni nostri: ed è così che il “cerco l’estate tutto l’anno” di “Azzurro”, diventa “Cerco lavoro tutto l’anno”, e “Sapore di mare” si attualizza in “Sapore di catrame”, “la valigia sul tetto è quella di un kamicaze” e “perché perché la domenica allo stadio di porti la pistola per sparare a chi non tifa come te”. Uno spaccato sulla realtà che vede “quattro amici al bar concentrati sullo schermo” e un Cicchella che ci fa riflettere su come ci perdiamo nel “delirio del mondo”, un sorriso amaro che richiama l’attenzione su temi drammaticamente attuali come la violenza sulle donne, il terrorismo. E la triste consapevolezza che l’unica canzone che potrebbe rimanere immutata è “In questo mondo di ladri”. Un altro colpo centrati, e se la ride di gusto anche il sovrintendente Gianvito Casadonte, sempre impeccabile padrone di casa. (redazione@corrierecal.it)

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