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«Una lite finita male, ma non volevo uccidere mio zio»

Omicidio di Paterno, al vaglio degli investigatori le ricostruzione dei fatti resa da Salvatore Presta nel corso dell’interrogatorio

Pubblicato il: 09/04/2019 – 11:33
«Una lite finita male, ma non volevo uccidere mio zio»

di Michele Presta
COSENZA È recluso nel carcere di Cosenza con l’accusa di omicidio volontario Salvatore Presta che nel pomeriggio dell’8 aprile, in base al racconto reso ai carabinieri, avrebbe ucciso suo zio Angelo con dei colpi di pistola al termine di una lite (qui la notizia). In base a quanto avrebbe raccontato al pubblico ministero Domenico Frascino, titolare del fascicolo d’indagine, l’intenzione del 35enne non sarebbe stata quella di uccidere lo zio, fratello del padre. Avrebbe impugnato la pistola, legalmente detenuta, solo per intimorirlo e mettere fine ad una discussione scoppiata tra i due per motivi che sono in corso di accertamento. Zio e nipote avrebbero discusso, prima pacatamente, poi gli animi si sarebbero surriscaldati al punto che la vittima avrebbe preso un’ascia, gesto che avrebbe spinto Salvatore ad impugnare la pistola che teneva in macchina dato che nei giorni scorsi, secondo quanto riferito, sarebbe andato al poligono di tiro. Non avrebbe voluto uccidere. Ha raccontato prima di aver sparato un colpo in aria e poi il colpo che è costato la vita allo zio 54 enne. Il racconto è al vaglio degli inquirenti che stanno esaminando tutti i dettagli resi durante la lunga deposizione nel corso dell’interrogatorio.
LE DISCUSSIONI PER LAVORO È scosso per l’accaduto il piccolo paesino di Paterno Calabro. La notizia corre veloce in paese e nel giro di qualche ora il luogo del delitto è preso d’assalto da curiosi e passanti che si fermano visto l’assembramento delle macchine sulla strada che collega il centro del paese con il resto della Valle del Savuto. Contrada Pugliano è un’area agricola, piena di ulivi, campi da arare e alberi da taglio. Nel luogo in cui il corpo di Angelo Presta è rimasto inerte per diverse ore, si arriva grazie a una stradina di pietre realizzata, nel tempo, dai taglialegna. È attraverso questa strada che si inerpica per le colline che l’Audi A8 è arrivata sul luogo del delitto, ed è in quell’area che Salvatore e suo zio hanno operato in passato come taglialegna. Entrambi condividono le sorti imprenditoriali della “Presta legnami” e, come imprenditori della ditta, sono finiti sotto processo per alcune attività di taglio boschivo senza autorizzazione, attività illecita accertata dai carabinieri forestali. Proprio sulla vicenda giudiziaria i due potrebbero aver discusso per l’ultima volta, prima che l’impeto delle armi lasciasse lo spazio a quello delle parole. (m.presta@corrierecal.it)

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