CATANZARO «Vediamoci giovedì 18 aprile, alle 17, nella Sala Oro della Cittadella regionale. Ieri in Consiglio si è consumata una pagina nera della storia del regionalismo calabrese. Una pagina che la Calabria francamente, nonostante le tante criticità da cui è caratterizzata, non meritava e che, da cittadini italiani, non possiamo tollerare». Lo scrive in un post su Facebook la consigliera regionale Flora Sculco, che aveva proposto un disegno di legge.
«La bocciatura della proposta di legge sulla doppia preferenza di genere – prosegue Sculco – costituisce un pericoloso arretramento democratico. Il messaggio deplorevole che è stato mandato all’Italia, ossia di una terra che ostacola quasi con pervicacia l’accesso alle donne nelle istituzioni in palese contrasto con i principi costituzionali e la legislazione nazionale ed europea, per fortuna non rappresenta la volontà della stragrande maggioranza dei calabresi. Le donne, tutte indistintamente le associazioni, i sindacati, il sistema delle autonomie locali, ogni istanza democratica che riflette il meglio della nostra società, reclamano a viva voce una Calabria libera, aperta, innovativa ed inclusiva. Ed è questa la Calabria che vogliamo e che decisamente non si dichiara sconfitta, perché ogni prospettiva di crescita e di sviluppo, senza un’ampia partecipazione delle donne alla vita politica ed istituzionale, sarebbe seriamente compromessa».
«Per questo è necessario – sostiene ancora la consigliera regionale – continuare a percorrere con maggiore impegno, convinzione e forza, la strada già tracciata e rilanciare le ragioni a sostegno della affermazione del principio di democrazia paritaria. Avanti con maggiore lena e coraggio, dunque. Nel solco individuato all’inizio di questa legislatura, quando, prima in Italia, la Calabria ha introdotto nello Statuto regionale l’obbligo di avere in giunta almeno il 30% di donne. Duole prendere atto che ci sono forze politiche, in Calabria che, a dispetto di ogni sentimento democratico, non intendono ascoltare le ragioni delle donne e che anzi ritengono di poter fare a meno delle loro storie, della loro rilevanza, della loro dignità. La parità di genere nella legge elettorale della Regione ha assunto, come si evince agevolmente, un’importanza che travalica il suo significato specifico e contingente. È divenuta, oggi, il discrimine netto fra chi come noi vuole imprimere un’accelerazione ai processi democratici sostanziali in questa nostra terra e chi, viceversa, ritenendo superflua la volontà del popolo calabrese, porge le spalle al futuro».
BOVA: PESANO LE DIVISIONI DELLA MAGGIORANZA «La mancata approvazione della proposta di legge sulla cosiddetta doppia preferenza di genere, la modifica alla legge elettorale regionale che avrebbe introdotto un incremento della rappresentanza femminile in seno al consiglio regionale, non è solo e semplicemente una pagina buia della politica regionale calabrese. Ma ha fatto sì che chi per mesi, anzi anni, ha segretamente tramato perché la proposta non arrivasse in porto, gettasse la maschera». Lo afferma, in una nota, il consigliere regionale Arturo Bova.
«Ancora una volta un principio di civiltà – prosegue Bova – è stato sacrificato sull’altare pagano dell’interesse politico personale. La vergogna di cui ci siamo coperti ieri è un’onta che si abbatte su tutti noi che eravamo seduti in Aula e abbiamo assistito all’affossamento di una norma di civiltà politica per ragioni che con la Politica, quella con la “P” maiuscola, non hanno niente a che vedere. Come ho avuto modo di dire in Aula, stigmatizzando la condotta della minoranza, le strategie politiche di qualsiasi opposizione non possono giammai giungere a ledere i principi costituzionali, meno che meno le conquiste nel campo dell’emancipazione femminile cui sono legate alcune tra le più belle pagine della storia italiana. Ma se nella seduta di un mese fa, su questo provvedimento, si era arrivati a toccare il fondo, ieri abbiamo iniziato a scavare. Prima della seduta, lo ammetto, non potevo credere che questo Consiglio arrivasse a bocciare la norma. Mi aspettavo un rispetto istituzionale che travalicasse le distanze politiche, anche all’interno della maggioranza. Ma così non è stato, purtroppo».
«Per quanto mi riguarda, infatti – sostiene ancora il consigliere regionale – la questione è figlia anche delle spaccature e delle divisioni della maggioranza. Ieri, l’artificio della dichiarazione di astensione nel voto utilizzato dalla minoranza per giungere al malcelato obbiettivo di affossare la proposta di legge, è stato condiviso e, forse, “concordato” anche da componenti eletti nelle fila della maggioranza. Proprio quei consiglieri che, quando la norma fu portata in discussione all’inizio della legislatura, non avevano esitato a salutarla con favore. Per loro, ieri, ha prevalso il calcolo personale, politico ed elettorale che già si era manifestato quando gli stessi avevano deciso di passare tra le fila dell’opposizione. Ecco perché a far male sono soprattutto le assenze e le astensioni di esponenti che ad oggi si dichiarano di maggioranza o hanno un ruolo grazie a questa maggioranza. Penso all’assenza del vice-presidente del Consiglio (Enzo Ciconte, ndr), ad esempio, all’astensione dell’ex presidente del Consiglio (Antonio Scalzo, ndr), entrambi eletti nelle liste del Pd nel mio collegio, o al voto contrario del capogruppo della lista Oliverio presidente (Orlandino Greco, ndr). A questo punto, il rischio concreto che l’incostituzionalità della legge elettorale calabrese possa inficiare le prossime elezioni ove non si trovasse una soluzione nel breve periodo, è solo uno degli aspetti preoccupanti della vicenda. In gioco c’è la tenuta delle Istituzioni democratiche e la credibilità di una classe dirigente sempre più invisa e distante dal popolo calabrese. Il presidente Oliverio non può far finta di non vedere, non può semplicisticamente dichiarare che non ci sia un problema di maggioranza. Tutt’altro».
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