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CAFFÈ EUROPE | Usi e riusi, tra ludoteche e “Piccoli niente”

di Salvatore Scalzo

Pubblicato il: 23/04/2019 – 7:45
CAFFÈ EUROPE | Usi e riusi, tra ludoteche e “Piccoli niente”

Pubblichiamo oggi la seconda uscita della rubrica che il Corriere della Calabria affida a Salvatore Scalzo. “Caffè Europe” prova a raccontarvi, ogni dieci giorni, Bruxelles e l’Europa in una maniera nuova, più fresca e a misura di cittadino.
Il futuro sta nel riuso o nel riutilizzo delle cose. Sta nell’oggetto che non marcisce in un orizzonte breve, imposto dal mercato e assieme dalle convenzioni o dai pregiudizi. Sta nell’oggetto, che cure e considerazioni attente riportano a nuova vita, anzi a nuove vite. Sta nell’oggetto che diventa bene realmente condiviso da una molteplicità di soggetti, spesso anche di più generazioni, in una dimensione allargata di spazio e tempo.
Il riutilizzo è interessante e visionario non solo perché è esso stesso motore di nuove economie e mestieri, non solo perché è una buona risposta alle preoccupazioni crescenti sul clima e sulla sostenibilità, ma, dal mio personale punto di vista, soprattutto perché dischiude una dimensione umana nuova, che apre all’attenzione vera per le cose e alle cose come canale diretto e indiretto di ritrovati spazi di socialità e solidarietà.
È soprattutto rispetto a questa ultima dimensione che voglio citare due piccoli esempi o realtà che ho imparato a conoscere negli ultimi anni.
La prima realtà è quella delle ludoteche pubbliche. Ogni comune Brussellese ne ha due o tre in media, abbastanza grandi e ben attrezzate. Il concetto di fondo è molto semplice: costruire una dotazione di giochi quanto più grande possibile da mettere a disposizione della collettività. Il tutto da realizzare con un piccolo investimento iniziale da parte della municipalità ma soprattutto delle donazioni da parte degli abitanti di giochi, che altrimenti sarebbero destinati a marcire nella polvere delle soffitte o addirittura finiti in qualche discarica. La ludoteca, che rimane accessibile al pubblico gratuitamente e organizza regolarmente diversi tipi di attività, è uno spazio pubblico dove bimbi e genitori spendono ore piacevolissime, incontrando le altre famiglie del quartiere. Ma soprattutto, ed è questo l’elemento forse più interessante, la ludoteca può prestare ogni gioco della propria dotazione ai residenti per un numero massimo di tre settimane ad un costo compreso tra uno e tre euro. Questo non solo permette a un bimbo di qualsiasi estrazione sociale di usufruire per pochissimi euro di un gioco il cui valore all’acquisto sarebbe spesso di centinaia di euro, ma si combina perfettamente con il fatto che, soprattutto a una certa età, l’attenzione o l’interesse del bambino per un certo gioco non supera normalmente le poche settimane. Ecco, questi posti mi sembrano una sintesi perfetta di invito alla socialità, al consumo ragionevole e all’eguaglianza.
La seconda realtà è l’esperienza dei “Petits Riens”, tradotto “Piccoli niente”. Anche questa storia comincia dai bambini. A Bruxelles negli anni 30, Padre Edouard Froidure, un giovane vicario della parrocchia, creò dei campi da gioco per bambini svantaggiati. Allo stesso modo, organizzò in parallelo una collezione di vestiti e mobili per soddisfare le esigenze delle famiglie più disagiate nei quartieri di Bruxelles. Nel 1937, Padre Froidure propose in aggiunta una sorta di “dimora di solidarietà” per persone senza risorse o alloggi. Oltre a condividere riparo e copertura, queste persone insieme creavano il loro lavoro, attraverso la raccolta, lo smistamento e la rivendita di oggetti di seconda mano (soprattutto vestiti e mobili). Nonostante la morte del parroco, nel 1971, quel sistema, immutato nella sua logica di fondo, si è modernizzato ed espanso, arrivando oggi a contare 27 negozi e 800 punti di raccolta per i vestiti di seconda mano. Ma, soprattutto, 200 volontari e 1500 impiegati strappati all’indigenza, molto spesso alla strada. Donare ogni tipo di mobile, arnese o vestito di cui non si fa uso a “Petits Riens” è usanza estremamente diffusa a Bruxelles. Comprare da “Petits Riens” è pratica altrettanto diffusa, sia per i giovani che per i meno giovani. Anche perché la dotazione è cosi vasta da soddisfare ogni gusto, inclusa la possibilità di trovare dei piccoli capolavori (soprattutto mobilio) spariti dal mercato e di rara bellezza a prezzi bassissimi. Perfino fare un regalo che proviene da “Petits Riens” è comune, senza che alcun destinatario possa minimamente offendersi per la natura “usata” del bene ricevuto. Anzi. La convinzione di poter prendere parte direttamente o indirettamente ad un sistema di economia sociale cosi ben funzionante e articolato fa si che l’omaggio sia generalmente molto apprezzato.
Arrivando in conclusione, tengo a evidenziare che non ho parlato di cose o esperienze nuove o uniche. Anzi. Ci sono esempi diffusi di ludoteche pubbliche e diffusi sistemi di economie sociali fondate sul riutilizzo anche in Italia. Ma appunto, credo che si tratti di progetti e iniziative che possono avere un tale impatto positivo sulla vita e sul costume di una comunità, che occorre continuare a parlarne.
Perché possano continuare a ispirare e diffondersi in ogni angolo d’Italia e d’Europa. E sottovoce, cambiare e rimodellare gli approcci e gli stili di vita di tante comunità.
——
Arrivederci al 2 maggio per il prossimo appuntamento con “Caffé Europe”.

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