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«Ecco perché decidemmo di uccidere "Bella bella" senior»

In aula i collaboratori di giustizia Colosso, Dedato e Bevilacqua hanno raccontato come hanno saputo chi fossero i mandanti e gli esecutori del delitto Bruni. Il quadro della “guerra” di fine anni …

Pubblicato il: 06/05/2019 – 18:50

di Michele Presta
COSENZA Al gruppo criminale dei Bruni andava data una lezione. All’alba del 2000 il potere della famiglia retta da Francesco Bruni alias “Bella Bella” si stava espandendo troppo. La guerra di mafia aveva decimato i clan rivali, il resto lo avevano fatto le inchieste giudiziarie. Il campo libero permise a Francesco Bruni e suo figlio Michele di arrivare a controllare anche alcune zone della costa tirrenica e questo per i Lanzino-Cicero-Chirillo non andava bene. Uno strapotere che neanche gli zingari vedevano di buon occhio, al punto che maturò l’idea di fare fuori Michele Bruni, figlio di Francesco. «Abitava nel centro storico di Cosenza, volevamo fargli saltare in aria l’appartamento all’ultimo piano dove viveva» ha raccontato il collaboratore di giustizia Francesco Bevilacqua. Il pentito è stato ascoltato nel corso del processo che si sta celebrando in Corte d’Assise di Cosenza e che vede alla sbarra Franco Presta come presunto mandante e assassino di “Bella Bella”. «Ettaruzzu e Micuzzu (Ettore Lanzino e Carmine Chirillo, ndr) avevano saputo che volevamo uccidere Michele Bruni – dice Bevilacqua rispondendo alle domande del pm Camillo Falvo –, ne parlammo con loro ma ci dissero che questa cosa voleva farla il gruppo degli “Italiani”. Li lasciammo fare anche perché all’epoca secondo me temevano che ci stavamo espandendo troppo». Bevilacqua, ascoltato come testimone, alla Corte ha riferito di aver saputo della morte di Francesco Bruni solo in un secondo momento. Appena accaduto, a dirglielo fu la nipote, poi, tutti i dettagli gli vennero raccontati da Benito Chiodo (ucciso anni dopo in un agguato a via Popilia, ndr). «Del gruppo di fuoco facevano parte Presta e Gatto – dice Bevilacqua – avevano fama di essere dei killer», ma alla domanda dell’avvocato Franco Rocco, difensore dell’imputato, su dove Presta avesse guadagnato i galloni di assassino infallibile, il testimone ha replicato: «Durante l’omicidio Sena», che però avvenne un anno dopo.
IL DELITTO Michele Bruni era la vittima designata, ma quando i rivali scoprirono che il padre stava per uscire dal carcere in semi libertà l’obiettivo cambiò. «Non ho partecipato direttamente alla riunione in cui si decise di uccidere Francesco Bruni – spiega Vincenzo Dedato –. Mi ha raccontato tutto in un secondo momento Ettore Lanzino, successivamente Franco Presta mi disse come lo avevano fatto fuori». Infatti, all’uscita del carcere di via Popilia, la mattina del 29 luglio del 1999 Francesco Bruni fu raggiunto da una coppia di motociclisti a bordo di una enduro. Arrivarono lì e lo freddarono, poi ripartirono. «Franco si è chinato e lo ha sparato dal basso verso l’alto». Dedato, oggi collaboratore di giustizia, all’epoca tesoriere del clan Lanzino, chiarisce anche perché si decise di fare fuori Francesco e non Michele. «Aveva un peso diverso, avrebbe potuto fare una contromossa più pesante rispetto al figlio». Alla Corte, presieduta dal giudice Paola Lucente, ha riferito sui fatti anche Angelo Colosso pentito dal 2010, gli anni dell’operazione Terminator 3. Lucio Esbardo, altro difensore dell’imputato, ha chiesto al testimone come avesse saputo che ad uccidere fosse stato Franco Presta. «Mi riferirono Mario Gatto e Gianluca Marsico che ad uccidere Bruni furono Presta e Chirillo. So che Marsico seppe i dettagli dell’omicidio perché fino all’assassinio di Vittorio Marchio (ucciso il 26 novembre del 1999 ndr) anche lui faceva parte del gruppo di fuoco». L’udienza proseguirà il prossimo 6 giugno quando l’istruttoria terminerà con l’interrogatorio di altri 3 collaboratori di giustizia. (m.presta@corrierecal.it)

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