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“Little John”, la Cassazione dissequestra i beni dell'ad di CooperFin

Annullato il provvedimento nei confronti di Ortensio Marano. L’inchiesta della Dda riguarda la presunta distrazione illecita dei fondi dell’Afor

Pubblicato il: 08/05/2019 – 15:40
“Little John”, la Cassazione dissequestra i beni dell'ad di CooperFin

COSENZA La Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio il sequestro dei beni chiesto e ottenuto dalla Direzione distrettuale di Catanzaro nei confronti di Ortensio Marano. L’amministratore delegato della CooperFin, difeso dall’avvocato Marcello Manna, è rientrato dunque nella disponibilità dei beni sequestrati nel dicembre del 2018 con un provvedimento di sequestro preventivo d’urgenza per peculato e turbata libertà degli incanti che gli era stato notificato dalla Guardia di finanza. Oltre all’amministratore delegato della società, lo stesso provvedimento venne notificato ad altre tre persone. I sigilli della Guardia di finanza finirono su beni immobili, 2 automobili e denaro per un totale di 2 milioni di euro. I controlli delle fiamme gialle furono indirizzati a chiarire i rapporti intercorsi tra il 2013 e 2014, tra l’Afor – adesso Azienda Calabria Verde – e la società finanziaria CooperFin Spa. Il fascicolo d’inchiesta costituì la base dell’operazione nota come “Little John”. Ortensio Marano è finito nella rete delle indagini in quanto attraverso la CooperFin utilizzata come partner finanziario avrebbe distratto fondi pubblici dell’Afor con la complicità di tre dirigenti che rivestivano posizioni apicali nell’ente in house della Regione Calabria. Ortensio Marano è anche tra gli imputati del processo scaturito dall’operazione “Robin Hood” che è stata portata a termine il 2 febbraio 2017 e ha rivelato presunti illeciti che avrebbero portato alla distrazione dei fondi destinati al Credito sociale, ossia alle famiglie più povere, e dirottati, invece, con manovre ritenute illecite, sulla Cooperfin. La gestione del Credito sociale sarebbe stata così, con pressioni e minacce, sottratta a Fincalabra, ente in house della Regione, e destinata all’ente Calabria Etica, presieduta all’epoca da Pasqualino Ruberto, incapace, diversamente da Fincalabra, della gestione economico-fìnanziaria richiesta dal progetto. Da Calabria Etica a Cooperfin il passo è stato breve. Questo avrebbe comportato secondo l’accusa un ingiusto vantaggio alla società finanziaria, rappresentato dalla successiva aggiudicazione del servizio di partnership, ed un danno diretto ed immediato alla Regione Calabria in termini di conseguimento dei targets dinnanzi all’Unione Europea e ritardo nello svolgimento del progetto. (mipr)

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