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CAFFÈ EUROPE | «Da calabrese a Bruxelles vi dico: "Credete nell'Europa"»

di Salvatore Scalzo

Pubblicato il: 14/05/2019 – 7:35
CAFFÈ EUROPE | «Da calabrese a Bruxelles vi dico: "Credete nell'Europa"»

di Salvatore Scalzo
BRUXELLES Il 26 maggio l’Italia è chiamata alle urne per la nona tornata di elezione diretta del Parlamento Europeo. In linea con lo spirito del «Caffè Europe», le prossime tre puntate, più ravvicinate del solito, racconteranno storie speciali che abbracciano Calabria ed Europa. Nella prima ci siamo intrattenuti con Aldo Longo, castrovillarese. Aldo è giunto a Bruxelles nel 1984, era un «un tempo freddo e brumoso». Da lì una carriera brillante in Commissione Europea, che lo ha portato ad essere il direttore di uno dei servizi di più lunga tradizione e di più alta responsabilità: la Direzione Generale Agricoltura e la gestione della politica agricola comunitaria. Aldo è senz’altro uno dei calabresi più brillanti che abbia mai conosciuto. Visionario e rigoroso, con una naturale empatia umana e attenzione per le persone. Quando ci siamo incontrati per questa intervista, parlando di Calabria, mi ha molto colpito un’idea fissa che traspariva dal suo dire, legata alle andate e ai ritorni, da e verso la nostra terra, che intreccia il patrimonio di chi è partito e di chi resta. La forza della Calabria, terra d’emigrazione ma soprattutto d’identità e appartenenza, è nel circuito che non si spezza, ma si alimenta costantemente. L’idea di Itaca! Buona lettura!
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Quando hai lasciato la Calabria?
Ho lasciato definitivamente la mia terra all’inizio degli anni 80, dopo essermi laureato in scienze agrarie, aver assolto il servizio di leva in Sardegna ed aver avuto nella mia regione le prime esperienze di lavoro.
Sono partito dalla Calabria perché avevo superato il concorso da ispettore al ministero dell’agricoltura ed ero desideroso di aprire nuovi orizzonti professionali. Sono stato assegnato, nell’amministrazione centrale a Roma, al gabinetto del ministro ed ho successivamente chiesto di essere distaccato a Bruxelles, nei servizi della Commissione Europea, DG dell’Agricoltura e dello Sviluppo Rurale.
Quando sei arrivato a Bruxelles?
Sono arrivato a Bruxelles con la mia vecchia Fiat Ritmo, piena di vettovaglie di ogni genere e due casse di libri professionali che ancora oggi conservo gelosamente. Era il 20 ottobre del 1984 e il tempo era già freddo e brumoso.
La più grande difficoltà fu l’apprendimento delle lingue straniere ad un livello di conoscenza tale da permettermi di lavorare (parlare e scrivere). Ho appreso rapidamente i contenuti del lavoro fermo restando qualche problema a relazionarmi inizialmente con i miei colleghi di altre culture. Piano piano ci sono riuscito e mi son fatto grandi amici non italiani che mi hanno aiutato moltissimo nella fase del mio completo inserimento.
Motivo? L’Europa è stata una scelta o una casualità?
L’Europa per me è stata una doppia scelta.
Ero stato educato a una strana forma di esterofilia, un forte interesse per il resto del mondo, che mi aveva trasmesso mio padre, figlio e fratello di emigrante, il cui ascensore sociale era stato sospinto dalle rimesse del fratello emigrato. L’idea di partire era parte della storia di famiglia.
Mio padre, ufficiale di leva, era stato prigioniero di guerra negli Stati Uniti ed aveva avuto numerosi contatti con la società americana rimanendone profondamente affascinato. Da prigioniero, ottimo giocatore di tressette, aveva imparato il bridge ad un buon livello, cosa che lo aveva spinto a conoscere più da vicino la società americana. Inoltre aveva letto molto. Dewey e il pragmatismo avevano attirato la sua attenzione e ne avevano fatto, tornato in Italia, un laico di ispirazione repubblicana.
Come mio padre anch’io avevo nell’Europa il mio American/European dream, il più bel sogno, perché vedevo nel contatto con gli altri partners europei una grande opportunità di crescita culturale, economica e di progresso sociale, di libertà e di stabilità. L’Europa era, il mio nuovo mondo, un orizzonte che mi avrebbe potuto aprire tutte le frontiere.
Le espererienze nelle istituzioni europee confermarono e rafforzarono queste mie attese e queste mie prospettive.
In cosa l’essere calabrese ti ha aiutato? In cosa pensi che non lo abbia fatto?
Io credo che è proprio della cultura calabrese più profonda un rigore sostanziale e formale nel pensiero e nell’azione. Credo anche che è parte della nostra cultura un’innata propensione alla creazione e alla soluzione dei problemi. Per questo siamo dei buoni artigiani, capaci di contribuire allo sviluppo di idee e alla costruzione di un mondo migliore.
Siamo diffidenti e tendenzialmente introversi, addirittura un po’ timidi. Questo non aiuta a sviluppare reti sociali, fare networking, a fare squadra, teambuilding, che sono le due modalità essenziali attraverso le quali si opera nelle istituzioni europee, dove non è immaginabile giocare da soli, dov’è obbligatorio tessere relazioni, costruire alleanze e inventare soluzioni condivise, win win come si dice in inglese. Tutto ciò poi si impara e diviene la Bibbia della nostra vita di funzionari europei.
Cosa è cambiato a Bruxelles e in Europa da quando sei arrivato a ora?
Io ho avuto la fortuna di vivere l’epopea di una Unione Europea in forte ascesa, fucina di nuove idee, con il supporto dei cittadini e di leaders che in questo progetto credevano.
Nel corso degli ultimi anni i partners europei hanno tirato il freno e si sono scatenati più sulle critiche di ciò che l’Europa non era che di quello che invece di buono faceva. Paradossalmente le critiche, in ultima analisi, esprimevano, e rappresentano oggi, un sentimento di volere più Europa nonostante partano sempre da un attacco all’Europa stessa. Ma il cittadino europeo in molti casi non si rendeva conto di ciò e si sentiva deluso.
In secondo luogo nel corso degli anni negli europei, ed in particolare negli italiani, alcuni benefici di questa Europa sono stati dati per scontati e dimenticati. Facciamo il caso di uno dei temi che ha innescato più polemica: l’euro. L’introduzione dell’euro e le regole di rigore di finanza pubblica hanno permesso al nostro paese di pagare interessi sul debito molto moderati. Chi ricorda quanto ci costava il debito pubblico quando l’euro non era in vigore? Forse anche 10 volte in più! E’ vero, facevamo le svalutazioni competitive della lira che ci davano una boccata di ossigeno, ma a che prezzo? Una politica economica da miserabili. E poi voler dare tutte le colpe all’euro mi sembra uno scaricabarile che non è corretto e non ha molto senso. Sarebbe interessante conoscere realmente il costo del non-euro e della non-Europa per l’Italia. Probabilmente diventeremmo tutti europeisti.
Io sono fiero della direttiva europea sulle plastiche, che non avremmo mai fatto senza l’Europa. Non sono affatto fiero che l’Italia, e aggiungo la Calabria, continui a non mettere a norma i depuratori delle acque e che per questo siamo in infrazione del diritto europeo da moltissimi anni. Continuiamo a scaricare nei fiumi e nel mare, che sono le nostre principali risorse, acqua sporca, nonostante l’Europa ci abbia dato le risorse per correggere il problema.
L’Unione europea è destinata a subire dei processi di riforma nel corso dei prossimi anni e io spero che questa evoluzione avvenga rapidamente e profondamente. Non credo che il nostro paese possa avere un futuro fuori dall’Unione Europea.
So che torni molto spesso in Calabria. E per questo ti chiedo: cosa avverti essere cambiato tra la tua partenza e ora? E, di converso, cosa pensi che non sia affatto cambiato?
Sì, io torno spesso in Calabria e vi ho portato anche i miei risparmi, facendo economia locale con la costruzione di una casetta di campagna. Ho avuto ospiti i miei amici europei che hanno sempre apprezzato la bellezza della nostra terra. La parte di questa storia di cui sono orgoglioso è che le mie figlie ci vanno ogni anno pur non essendoci né nate né cresciute, portando con loro amici di diversi paesi del mondo. Sono molto legate a questa terra, cominciano a parlare un po’ di dialetto e vogliono che anche nei loro figli si sviluppi questo senso di appartenenza.
Al momento della mia partenza dall’Italia, in particolare dalla Calabria, c’erano delle prospettive di sviluppo per il Sud che negli anni a venire non sono state confermate adeguatamente. Il divario che esisteva fra Nord e Sud, a mio avviso, si è ulteriormente accentuato. Questo non vuol dire che non ci siano stati progressi nel sud Italia. Quello che io osservo, tenendo conto dei 35 anni trascorsi dalla mia partenza ad oggi, è che il sud non ha avuto il processo di sviluppo che ci attendevamo e questo nonostante i considerevoli investimenti della politica regionale europea .
Il maggiore problema che io vedo oggi nella mia regione è certamente quello del deficit infrastrutturale, un aeroporto fatiscente, una ferrovia inesistente, una autostrada a singhiozzo. Ma non è questo il solo svantaggio con il quale ci troviamo a confrontarci.
Negli ultimi trent’anni si è molto aggravato il problema della sicurezza del territorio e più in generale del rispetto della legalità, una dimensione che investe in modo diretto o indiretto tutta la popolazione.
La mia percezione della Calabria di oggi è quella di un territorio che si potrebbe definire ultra periferico secondo una terminologia comunitaria. La Calabria si è allontanata dal resto del continente europeo. Forse il maggior obiettivo di tutti noi dovrebbe essere quello di riportare la nostra regione in una posizione più centrale rispetto al resto d’Europa.
Ci sono a mio avviso anche alcuni indicatori positivi.
Per esempio io ho avuto modo di osservare che l’imprenditoria agricola di nuova generazione è particolarmente dinamica, colta e coraggiosa, mostrando una propensione a fare impresa come forse non lo era in passato.
Le zone rurali dell’interno sembrano dare segni di risveglio cercando di valorizzare la loro identità e le loro tipicità. Meritano per questo di essere aiutate con lungimiranza e coraggio.
Il turismo sembra attraversare in Calabria una nuova primavera, anche grazie al fatto che i flussi turistici verso altre regioni sono molto diminuiti. Tuttavia è evidente che la strada da percorrere per arrivare ad un’offerta turistica di qualità è ancora lunga.
L’agricoltura calabrese, moderna e tecnicamente evoluta, è parte essenziale dell’economia della nostra regione ma bisogna risolvere il problema della lontananza dai mercati e della concentrazione dell’offerta , altrimenti non potrà riemergere dalle sofferenze attuali.
Le risorse della Calabria sono immense e la loro utilizzazione è ancora molto limitata.
La nostra economia soffre quindi dello svantaggio competitivo legato al deficit infrastrutturale e alla presenza della criminalità organizzata. Più recentemente mi sembra che si sta fortemente aggravando il problema della finanza pubblica regionale, dell’indebitamento delle amministrazioni locali e degli enti pubblici regionali. Questo limita fortemente la capacità d’azione e in particolare la ricerca di soluzioni per il futuro.
La nota positiva è data dal fatto che la Calabria è una terra ricca d risorse naturali e di preziose risorse umane.
A partire dalla tua esperienza “Europea”, che consiglio daresti oggi a un calabrese di 20 anni?
Consiglierei al giovane calabrese di leggere la poesia Itaca di Costantino Kavafis e di partire alla scoperta del resto del mondo.
Raccomanderei di viaggiare, apprendere nuovi mestieri, osservare con attenzione il modo di vivere di altri popoli, le altre culture e altri modi di rispettarsi. Investire in queste esperienze è la cosa che più arricchisce e c’è un altissimo ritorno dell’investimento.
Come dice la poesia Itaca, durante il viaggio non bisogna aver paura dei Ciclopi e dei Lestrigoni ed avere sempre nel cuore Itaca, la Calabria, dove si conclude il viaggio, riportando a casa le più belle esperienze utili a intraprendere nuove iniziative.
Qualcuno dirà di non avere i soldi per fare un tal viaggio, ma io vi assicuro che le soluzioni si trovano. Per esempio l’Unione europea ha messo a disposizione 20.000 biglietti per viaggiare, le università in Danimarca sono buonissime e gratuite per i cittadini europei e la vita degli studenti non costa più che a Roma, i progetti europei sostengono i sogni dei giovani visionari e volenterosi etc etc.
Investite per la vostra formazione in modo originale e creativo, proiettandovi nel futuro. Ci riuscirete ancor meglio se crederete nell’Unione Europea .
Potrei citare delle storie di successo di giovani calabresi che hanno fatto splendidi viaggi e che sono tornati in Calabria per realizzare delle belle cose.
Da calabrese, cosa significa per te essere Europeo?
Per dirlo in due parole, essere europeo è l’opportunità di ricollocarmi al centro di un mondo migliore e con orizzonti più ampi, un modo per superare l’allontanamento e la deriva della mia terra alla quale altrimenti rischierei di essere esposto.
Viaggiando per lavoro ho incontrato tanta gente che ammirava l’Unione Europea e la costruzione europea. Una Unione Europea che è stata capace di promuovere la pace nei Balcani laddove le armi avevano fallito. Una Unione Europea che attraverso l’Erasmus ha avvicinato i popoli del continente e potrei fare molti altri esempi.
Che sarebbe di noi se la Banca centrale europea non fosse intervenuta a sostenere il nostro enorme debito pubblico, che sarebbe di noi se non ci spingessero a risolvere il problema del nostro indebitamento come farebbe un buon padre di famiglia?
Chi è contro questa Europa posso capirlo, anche perché l’UE ha fatto anche errori, ma lo capirei meglio se l’antieuropeista dicesse anche come desidera che sia l’Europa del futuro. Perché una Europa comunque esisterà… per sempre.
La Calabria andrà al voto presto. Tre idee per il prossimo governatore.
Primo. Cambiare radicalmente il modo di far politica, con un netto riorientamento verso un sistema più partecipativo e inclusivo, recuperando la fiducia dei Calabresi coi fatti e non con le promesse. In quest’ottica, suggerirei di promuovere un libro bianco sul futuro della Calabria, potrebbe essere un buon punto di partenza e una maniera per coinvolgere e corresponsabilizzare i cittadini in un processo di rilancio dell’azione politica. Fissare una strategia chiara e obiettivi concreti di programma potrebbe permettere di apprezzare i progressi e poter rispondere alle attese dei cittadini senza equivoci e con certezza.
Secondo. Migliorare la trasparenza, la qualità e la velocità della spesa dei programmi di intervento pubblico. Le risorse pubbliche sono e saranno sempre più ristrette ed e perciò tempo per ingegnarsi a far meglio al fine di realizzare una performance economica che possa dare prosperità alla nostra regione. Negli investimenti vanno considerati, a mio avviso, intensità di aiuto più modeste a favore di volumi di investimento più importanti. Si può sostenere con meno denaro pubblico e fare di più. Il deficit infrastrutturale deve essere colmato con particolare attenzione alle infrastrutture direttamente legate allo sviluppo economico e alla dimensione della “rivoluzione” del digitale.
Terzo. Credo poi che molto ci sarebbe da fare a livello regionale e locale per migliorare la qualità della vita con azioni immateriali e quindi generalmente poco costose. Rilanciare maniere più rispettose di vita in comune, con azioni scelte e partecipate dalla cittadinanza. Questo ci permetterebbe di apprezzare meglio il piacere e la bellezza di vivere in Calabria. Perché semplicemente non evitare di parcheggiare sui marciapiedi? Perché non rispettare con scrupolo le regole sulla gestione dei rifiuti ed evitare di creare tante mini discariche in luoghi spesso belli e pittoreschi della nostra regione? Perché non pensare attivamente a come ridurre l’uso delle automobili, spesso eccessivo e ingiustificato, a favore di sistemi di mobilità alternativa, in primis la bicicletta? E poi si potrebbero promuovere molte altre iniziative qualificate di natura culturale e sportiva che renderebbero la nostra regione più gradevole da vivere e più attraente per il turista. Abbiamo esempi esistenti molto positivi da seguire.
Tutto ciò si può fare anche con risorse molto limitate. Piccoli interventi a grande impatto.
Arrivederci al 20 maggio per il prossimo appuntamento con “Caffé Europe”.

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