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Caso Pagliuso, nuova accusa contro l'avvocato Larussa

Nell’udienza davanti al gup, il pm Elio Romano ha presentato una modifica dell’imputazione con l’aggiunta del reato di procurata inosservanza di pena. Ammessi come parti civili la Camera penale di …

Pubblicato il: 16/05/2019 – 17:53
Caso Pagliuso, nuova accusa contro l'avvocato Larussa

di Alessia Truzzolillo
CATANZARO
Un nuovo capo di imputazione va da aggravare la posizione dell’avvocato Antonio Larussa, accusato di favoreggiamento della latitanza di Daniele Scalise, elemento di spicco dell’omonima cosca, e violenza privata ai danni dell’avvocato Francesco Pagliuso, assassinato con tre colpi di pistola la sera del 9 agosto 2016. Durante l’udienza preliminare che si è svolta giovedì davanti al gup Paolo Mariotti, il pm Elio Romano ha presentato una modifica dell’imputazione con l’aggiunta del reato di procurata inosservanza di pena. È un reato che va ad affiancare quello del favoreggiamento perché, è scritto nel capo di imputazione, Larussa avrebbe aiutato nel 2012 «Daniele Scalise a sottrarsi all’esecuzione della pena» che gli era stata inflitta dopo la sentenza della corte d’Appello di Catanzaro che lo condannava per i reati di estorsione, lesioni e resistenza a pubblico ufficiale. Tutti i reati contestati all’avvocato lametino sono aggravati dal metodo mafioso perché commessi «per agevolare l’attività della ‘ndrina degli Scalise (di cui Daniele Scalise era esponente apicale, prima di essere assassinato nel 2014)».
In più, per quanto riguarda il reato di violenza privata, è stata precisata l’identità di uno dei concorrenti morali del reato, ovvero Pino Scalise – padre di Daniele Scalise – così come emerge, specifica il pm, dalle risultanze investigative dell’indagine “Reventinum” che identifica la cosca Scalise e individua in Luciano Scalise il mandante dell’omicidio dell’avvocato Pagliuso, che sarebbe stato commesso materialmente da Marco Gallo, killer della cosca per il quale il processo si sta celebrando davanti alla Corte d’Assise di Catanzaro.
Il gup Mariotti ha poi rigettato l’eccezione sollevata dalla difesa di Larussa, l’avvocato Francesco Gambardella, riguardante un conflitto di competenza, visto che inizialmente gli atti sul procedimento a carico di Larussa era stati trasmessi dalla Dda di Catanzaro alla Procura di Lamezia Terme che li aveva però immediatamente rimandati indietro ritenendo sussistente l’aggravante mafiosa, come le successive indagini di “Reventinum” (la cui ordinanza è stata messa agli atti del processo) avrebbero poi messo in luce.
LA VIOLENZA PRIVATA Secondo l’accusa, l’avvocato Larussa, nel 2012, «(in concorso morale con Pino Scalise e con i soggetti Daniele Scalise, Giovanni Vescio, Francesco Iannazzo, tutti uccisi nella faida ‘ndranghetistica che ha interessato le ‘ndrine insistenti nelle zone montane circostanti Lamezia Terme, quali Soveria Mannelli e Decollatura), in qualità di istigatore nella fase dell’ideazione del delitto», avrebbe prospettato, allo Scalise e ai suoi compagni, scarso impegno ed errori da parte dell’avvocato Francesco Pagliuso nella linea difensiva nell’ambito di un processo che vedeva Daniele Scalise imputato a Cosenza per truffa. Inoltre avrebbe prospettato la mancata consegna delle carte procedurali dell’avvocato Pagliuso a Larussa, che nel frattempo era stato nominato co-difensore di Daniele Scalise. Questo atteggiamento avrebbe scatenato una serie di conseguenze di cui sarebbe stato vittima l’avvocato Pagliuso costretto «con violenza e minaccia di morte a mano armata, da parte di più persone riunite (tra cui Daniele Scalise, Giovanni Vescio, Francesco Iannazzo, ndr) a seguire la linea difensiva prospettata dai suddetti soggetti, ad accettare o tollerare la co-difesa con l’avvocato Larussa» e a fare quello che la cosca gli imponeva. Tutto questo dopo essere stato «incappucciato, portato in un bosco, malmenato e trascinato di fronte a una buca scavata con un mezzo meccanico, il tutto accompagnato dalla minaccia di essere scaraventato all’interno di quella buca, in modo tale che il corpo non sarebbe più stato ritrovato».
Nel procedimento, insieme a Larussa, è imputata per favoreggiamento semplice anche l’assistente di studio Tullia Pallone, difesa dall’avvocato Pino Spinelli perché avrebbe aiutato Larussa a eludete le investigazioni «riferendo circostanze non veritiere in taluni casi e reticenti in altri casi, oltre che intrinsecamente contraddittorie».
PARTI CIVILI Ammesse, durante l’udienza di giovedì, le parti civili costitute (contro il solo Larussa) dalla Camera Penale di Lamezia Terme, rappresentata dall’avvocato Marcello Manna, da Antonia Pagliuso, sorella dell’avvocato Francesco, con marito e figlio, e dalla moglie Antonellina Divasto, rappresentati dall’avvocato Candido Bonaventura, dai genitori dell’avvocato Pagliuso e un nipote, rappresentati dall’avvocato Salvatore Staiano, dal figlio minore del defunto avvocato penalista e dalla sorella Angela Pagliuso, con marito e figlio, rappresentati dall’avvocato Nunzio Raimondi. La prossima udienza, per il prosieguo dell’udienza preliminare e eventuali scelte del rito, è stata fissata per il 27 settembre. (a.truzzolillo@corrierecal.it)

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