LAMEZIA TERME Per i giudici della Cassazione, il ricorso con il quale i legali del governatore Oliverio hanno chiesto l’annullamento dell’obbligo di dimora a San Giovanni in Fiore, «è fondato sia con riferimento alle censure che attengono alla gravità indiziaria e sia con riguardo a quelle che investono la valutazione delle esigenze cautelari».
Oliverio è indagato – assieme ad altre 18 persone – nell’inchiesta “Lande desolate” della Dda di Catanzaro per corruzione e abuso d’ufficio (la chiusura delle indagini risale allo scorso 16 aprile). La Cassazione si concentra su quest’ultima accusa, formulata dalla Procura per aver proposto l’adozione della delibera «con cui la giunta regionale ha approvato lo stanziamento in bilancio dell’importo di 4,2 milioni di euro per lavori complementari, sebbene fosse a conoscenza sia dello stallo dei lavori e della crisi finanziaria della società e sia della pretestuosa e fittizia rappresentazione delle nuove opere come complementari».
«CONTRADDIZIONE DI FONDO» Per il collegio, il quadro indiziario sconta «una contraddizione di fondo, che ne compromette la tenuta sul piano della coerenza logica, laddove il Tribunale (…) aderisce all’assunto che il ricorrente non era a conoscenza delle modalità ingannevoli di redazione dei Sal (Stati di avanzamento dei lavori) con cui erano stati disposti i pagamenti e autorizzati i finanziamenti per i lavori complementari sulla base della stipula dell’atto di sottomissione approvato con la delibera numero 104 del 27 novembre 2015 della giunta comunale di Pedace». Di conseguenza, il giudice «alla consequenziale logica attribuzione, al presidente della Regione – come anche al dirigente della Regione, Gaetano Prejanò, che ebbe ad adottare il decreto della Regione di liquidazione di 2,9 milioni di euro in favore del comune di Pedace (stazione appaltante) – della veste di soggetto indotto in errore sulla reale consistenza delle opere eseguite e sull’osservanza degli impegni assunti dall’impresa Barbieri nell’esecuzione delle opere appaltate, perché raggirato dalle manovre fraudolente poste in essere, in accordo con l’impresa Barbieri, da Francesco Tucci (direttore dei lavori), da Luigi Zinno, (dirigente del dipartimento regionale per la Programmazione nazionale e comunitaria), da Damiano Mele (Rup dei lavori di Lorica) e da Arturo Veltri (consigliere del cda della Lorica ski e titolare dell’incarico di esperto Pisl presso il dipartimento regionale di Programmazione nazionale e regionale)».
OLIVERIO NON SAPEVA La «sopravvenuta consapevolezza» da parte del governatore, «intervenuta dopo la vicenda dell’approvazione dei Sal», per gli ermellini «è argomentata sulla base di elementi che non rivelano allo stato la necessaria gravità indiziaria». Questi elementi non sarebbero «adeguatamente supportati da dati obiettivi dimostrativi dell’assunto secondo cui il ricorrente allorché ebbe a partecipare all’approvazione da parte della giunta regionale della delibera con cui si stanziavano in bilancio i finanziamenti comunitari per la ulteriore quota di 4,2 milioni per il Comune di Pedace, destinato al pagamento dei lavori appaltati al gruppo Barbieri per il cantiere di Lorica, fosse effettivamente a conoscenza sia dello stato di irreversibile dissesto finanziario del gruppo Barbieri, sia della dolosa inosservanza degli impegni assunti da parte del predetto imprenditore nell’esecuzione della parte dei lavori a carico del finanziamento privato, e sia della irrealizzabilità delle opere commissionate nei tempi stabiliti dal contratto di appalto».
Secondo la Dda, la visita di Oliverio ai cantieri (il 26 dicembre 2015) «gli avrebbe consentito di avere contezza “dello scarso avanzamento dei lavori nonché della situazione finanziaria dell’impresa Barbieri”», ma «non appare coerente con i dati indiziari valorizzati a suo sostegno, basati essenzialmente sul contenuto di conversazioni intercorse tra gli stessi soggetti che avevano posto in essere gli artifici contabili e giuridici necessari a ottenere in modo fraudolento i finanziamenti comunitari, gestiti dalla Regione, senza che il presidente della Regione ne potesse avere alcuna contezza».
IL TONO DELLE TELEFONATE Inoltre, per i giudici della Cassazione, «le conversazioni intercettate, alle quali non prende mai parte il ricorrente, vengono lette e interpretate senza considerare, come pure espressamente sollecitato dalla difesa in sede di Riesame, la intonazione canzonatorie e irriverente assunta degli interlocutori, sintomatica del compiacimento per essere riusciti a persuadere il presidente della Regione della bontà dei loro progetti e della serietà della operazione imprenditoriale nel suo complesso, tanto da avere anche raccolto l’entusiasmo del suo appoggio “politico” per incrementare l’opera con ulteriori lavori ritenuti funzionali allo sviluppo turistico della zona».
IL «PREGIUDIZIO ACCUSATORIO» Per la Cassazione, nella lettura delle conversazioni da parte dell’accusa vi sarebbe un «chiaro pregiudizio accusatorio che anche il ricorrente avesse condiviso le modalità fraudolente con cui dovevano essere finanziate le opere appaltate, e che il riferimento degli interlocutori allo scarso apporto del capitale privato fosse stato compreso effettivamente dal ricorrente per la valenza criminosa che aveva e non anche come una interlocuzione scherzosa intercorsa tra i predetti funzionari pubblici, a commento dell’incontro positivo avuto con il presidente della Regione, per la soddisfazione di essere sostanzialmente riusciti a raggirarlo».
UNICO PROPONENTE? «DATO SOLO FORMALE» Altro «errore di valutazione» sarebbe quello che «emerge dall’enfatizzazione del ruolo di “unico proponente” della delibera di competenza della giunta regionale, perché si tratterebbe «di un dato solo formale, non adeguatamente approfondito sotto il profilo della rilevanza del concreto ruolo svolto» da Oliverio «nella verifica della correttezza dell’iter amministrativo seguito», visto che la stessa delibera ha permesso l’approvazione di «stanziamenti analoghi che hanno riguardato» altri progetti, «numerosissimi», diversi da quelli del Comune di Pedace.
LETTURA UNILATERALE DELLO “SCAMBIO” SU PIAZZA BILOTTI Altro passaggio delle accuse mosse al governatore: il presunto “scambio di favori” con la ditta Barbieri, alla quale sarebbe stato chiesto di rallentare i lavori di piazza Bilotti a Cosenza per nuocere politicamente al sindaco Mario Occhiuto. La Cassazione, rispetto a questa vicenda, parla di «acritica unilateralità di lettura» che «pone fondati dubbi sulla effettiva valenza indiziaria del compendio probatorio posto a fondamento dell’ordinanza cautelare». Questioni, queste, che andrebbero approfondite, ma una valutazione approfondita è «preclusa dall’insussistenza delle esigenze cautelari».
ESIGENZE CAUTELARI INSUSSISTENTI I giudici, infatti, non ravvisano il pericolo di inquinamento delle prove, perché «non si specificano gli atti d’indagine che potrebbero essere compromessi». E non condividono l’impostazione dell’accusa neppure sul pericolo di reiterazione del reato (che «si fonda sulla base della carica ancora rivestita e dei rapporti spregiudicati intessuti con l’imprenditoria calabrese»). Questa valutazione, infatti, «pecca di genericità non potendosi desumere il pericolo di reiterazione dalla titolarità della carica rivestita, senza l’evidenza di elementi concreti da cui desumere il pericolo della commissione di altri reati, in difetto di elementi di prova che depongano per l’esistenza di collusioni con l’imprenditore aggiudicatario degli appalti di Scalea e Lorica, coinvolto nella vicenda dei finanziamenti europei gestiti dalla Regione».
IL COMMENTO DEI LEGALI «La Suprema Corte di Cassazione nella vicenda “Lande desolate”, che ha visto applicata una misura grevemente ingiusta nei confronti del Presidente della Regione Calabria, Gerardo Mario Oliverio, inizia il suo articolato provvedimento con termini tranchant: “Il ricorso è fondato sia con riferimento alle censure che attengono alla gravità indiziaria e sia con riguardo a quelle che investono la valutazione delle esigenze cautelari”! A pagina 7 dà il preclaro segnale di aver capito cosa sia stato, nella tristissima vicenda che occupa, il “Chiaro pregiudizio accusatorio”». Così i legali di Oliverio – Armando Veneto e Vincenzo Belvedere – commentano le motivazioni della Cassazione. «Magistrati che hanno gli anni di esperienza massimi e l’autorevolezza che viene loro da un ruolo al quale accedono soltanto i preparati ed i migliori, stigmatizzano, con parole forti ed eloquenti, i pesanti errori dell’impostazione accusatoria – spiegano –. Raramente si è letto in un provvedimento di Cassazione di “Chiaro pregiudizio accusatorio”, che discende da una analisi approfondita delle intercettazioni telefoniche tra altri soggetti, la quale patentemente dimostra come il Presidente fosse ignaro di vicende che a qualsivoglia titolo riguardassero il Gruppo Barbieri. L’autorevole provvedimento ha stracciato il lacerto indiziario, stigmatizzando “L’acritica unilateralità della lettura di tale vicenda”! Occupandosi funditus della gravità indiziaria, ha tarpato le ali anche al cambio in corsa di rotta dell’impostazione accusatoria, che, resasi conto della bocciatura solenne da parte della Suprema Corte, senza aspettarne doverosamente le motivazioni, per apprendere quell’alto e ben diverso punto di vista, ha notificato un improbabilissimo avviso di conclusione delle indagini preliminari». «La battaglia di legalità condotta – è la chiosa – ha, per altro verso, dimostrato quanto siano ingiusti e devastanti gli interventi sulla politica, quando sono condotti con “pregiudizio” ed “acriticità”. La Cassazione ha restituito al Presidente della regione Gerardo Mario Oliverio il tratto di politico probo ed onesto da tutti conosciuto e che non poteva esser messo in dubbio da indagini che hanno alla base un distorto e parzialissimo ascolto di intercettazioni telefoniche, malamente interpretate».
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