di Michele Presta
COSENZA I candidati a rettore non ci stanno. Tra Regione Calabria e ateneo i rapporti dovranno cambiare, in che termini lo scopriremo soltanto con l’elezione del nuovo magnifico. In tre sono in corsa per la guida del campus, e nella comunità accademica il fermento della competizione elettorale è animato da buone intenzioni e da uno scatto di orgoglio rispetto al passato recentissimo. Raffaele Perrelli e Luigi Paolopoli, entrambi candidati, il primo con posizioni “talebane” rispetto alla gestione Crisci e il secondo pacatamente moderato, si sono confrontanti negli spazi della libreria Ubik di Cosenza. All’appuntamento mancava però il terzo candidato alla carica, Nicola Leone, assente giustificato (spiegano gli organizzatori di “Cosenza in Comune”). Superata la prima mezz’ora di confronto animata da un garbo accademico e cordiale tra i due, con un dibattito blando improntato sulla discussione ampia di massimi sistemi (come giustizia sociale, istruzione, educazione e ruolo delle università) nel quale entrambi i docenti hanno dimostrato di essere in possesso di un abecedario culturale di spessore elevatissimo, messi da parte i saggi di Zagrebelsky ed altri, stuzzicati un po’ dalla platea i due finalmente arrivano al nocciolo della discussione: il ruolo dell’università nel territorio in cui si trova. «Non possiamo permetterci di avere un rettore come quello che abbiamo avuto finora – spiega Perrelli –. Perché il ruolo al quale ci candidiamo cambia e di molto sia nelle funzioni che nel rapporto con l’esterno. E mi riferisco soprattutto alla Regione Calabria che dopo la dannata riforma del Titolo V della Costituzione ha dei poteri abnormi e se a questo aggiungiamo che abbiamo il peggior ceto politico del Paese, capite bene che le cose devono necessariamente cambiare». Subalternità e cappello in mano che non stanno bene neanche a Luigi Palopoli. «Dobbiamo dirlo chiaramente che il nostro è un ruolo sostanzialmente politico. Solo così possiamo uscire sia dalla subalternità della Regione che dalla cappa in cui siamo chiusi e che non ci permette di dialogare con tutta la filiera dell’educazione. Un aspetto da non sottovalutare visto che in questa regione si discute sempre di parità di genere ma ancora facoltà come quella di ingegneria meccanica vengono considerate prerogativa maschile, è chiaro che tutto passa da una discussione soprattutto accademica». E se non c’è campagna elettorale in cui nessuno dimentichi di menzionare i «famigerati rapporti con l’Università della Calabria» anche su questo tema Raffele Perrelli frena gli animi. «Da che mondo è mondo è il territorio che sostiene le università – dice –. Noi invece abbiamo una struttura troppo grande per il territorio in cui si trova, che sarebbe andata bene se non fossero sorte altre università ma che ora dà solo l’impressione di essere forte». E se la questione sulla gestione materiale della serie di cubi che si snoda sul ponte Pietro Bucci può essere delegata ad altra sede, altrettanto non può essere fatto con il rapporto interlocutorio tra enti. «Finché rimarremo “Quelli li” – dice Palopoli- non avremmo mai un rapporto alla pari». E questa è di base la criticità che individua anche il “rivale” Perrelli. «Abbiamo una delle migliori scuole di specializzazione in scienze delle amministrazioni e gli enti calabresi si rivolgono a tutti tranne che a noi». (m.presta@corrierecal.it)
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