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CAFFÈ EUROPE | «Politici, fate come gli imprenditori calabresi: sono eroici»

Parla Antonio Miceli, originario di Nicotera e capo unità presso l’Olaf, Ufficio europeo per la lotta antifrode. «Per la Calabria il trinomio sentimentale “suli, mari e cielu” non basta»

Pubblicato il: 20/05/2019 – 10:41
CAFFÈ EUROPE | «Politici, fate come gli imprenditori calabresi: sono eroici»

di Salvatore Scalzo
BRUXELLES
Essere calabrese è stato un elemento che gli ha dato qualcosa in più nella vita. Una motivazione in più per riuscire, per dimostrare. Perché quando nasci in una regione accompagnata da nomee spesso perniciose, hai tanta voglia di dare un esempio di come la tua terra sa offrire molto altro. Ed effettivamente in Antonio Miceli, che ho la fortuna di conoscere da molti anni, vedo una marcata, quasi profondamente ricercata, opposizione ai clichés che spesso ingiustamente accompagnano la nostra terra. Antonio, tanto nelle piccole che nelle grandi cose della quotidianità, è puntualissimo, preciso, estremamente efficiente e soprattutto rigoroso nell’onorare con le azioni conseguenti, tempestive e necessarie ogni singolo impegno preso a parole. Antonio Miceli è attualmente capo unità presso l’Olaf, l’Ufficio europeo per la lotta antifrode. La sua intervista è un’altra tappa preziosa di questo viaggio nelle storie che abbracciano Calabria ed Europa. Prima di lasciarvi alle sue parole vi anticipo che c’è una cosa che non menziona nella sua intervista ma che tengo a evidenziare. Antonio da qualche anno sacrifica molti giorni delle sue vacanze estive per organizzare un riuscitissimo convegno sul tema della legalità nella sua Nicotera, in provincia di Vibo Valentia. Un appuntamento che raccoglie, in una calda sera d’estate, centinaia di persone. Ecco, mi sembra questa un’altra forte immagine del rapporto d’amore complesso e tuttavia intenso che caratterizza il legame di tanti calabresi con la propria terra.
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Quando hai lasciato la Calabria?
Ottobre 1979 per frequentare l’università a Perugia.
Quando sei arrivato a Bruxelles?
Aprile 1993.
Motivo? L’Europa è stata una scelta o una casualità?
Una scelta. L’Europa, o meglio, il progetto di costruzione di un’Unione Europea, ha sempre occupato un posto privilegiato nel cassetto dei miei sogni giovanili. Naturalmente da giovane l’ideale conteneva, e non poteva essere diversamente, dosi di inevitabile ingenuità, mentre col tempo, dunque con gli studi e con l’esperienza, è diventato, come dire, più maturo e consapevole, con un’impostazione più razionale e argomentazioni più convincenti. Dapprima si è trattato di una presenza discreta nei miei pensieri, anche un po’ sonnecchiante, ma dagli studi universitari in poi è divenuta costante, una fonte di discussioni e di confronti, a volte anche accesi, con i miei amici. Dunque la possibilità di poter lavorare, un giorno, per le istituzioni dell’Unione Europea è sempre stata al centro dei miei desideri da quando ho iniziato a lavorare in Italia per l’amministrazione pubblica.
In cosa l’essere calabrese ti ha aiutato? In cosa pensi che non lo abbia fatto?
Non ho mai creduto ad una “specificità” tutta calabrese come non credo ad una “specificità” milanese o emiliana. Siamo tanti ma ognuno di noi, come si dice, è un universo, difficile ingabbiare la personalità di una persona in clichés sia pure positivi. Certo è che provenendo da una regione come dire “difficile”, spesso in coda nelle classifiche delle “performances” economiche e non solo, con una triste ed immeritata nomea dovuta alla pervasiva presenza della criminalità organizzata, si incontrano maggiori difficoltà. Ho però l’impressione che tutto questo abbia rappresentato, inconsciamente, ma ci sto pensando solo ora grazie alla tua domanda, uno sprone in più, una motivazione in più per ottenere buoni risultati nello studio e nel lavoro. Insomma, un piccolo personale contributo per scalfire qualche duraturo cliché di cui è vittima la nostra regione (ora molto di meno, ma se penso a qualche decennio fa..) per far vedere che in Calabria c’è dell’altro. Tieni presente che questi “clichés” si manifestano, per lo più, in un contesto nazionale, cioè nelle relazioni con altri italiani, mentre nel contesto internazionale non li ho mai avvertiti . Un’altra cosa sono le spiritose battute che scambio con gli amici stranieri sulle nostre rispettive nazionalità (il fatto che io non ami la pizza e che non ho mai posseduto una Vespa per anni li ha sconcertati…ora se ne sono fatti una ragione…). Per ritornare alla tua domanda, non penso che essere calabrese mi abbia ostacolato, anzi il fatto di essere nato e vissuto in una regione come dicevo “ai margini” è stato un motivo in più per esplorare altre possibilità.
Cos’è cambiato a Bruxelles e in Europa, dal tuo arrivo a Bruxelles ad ora?
Tantissimo. Sono arrivato subito dopo l’entrata in vigore del trattato di Maastricht. La Comunità Economica è diventata Unione Europea. Ho vissuto gli allargamenti da 12 stati a 28 stati membri (tra cui i paesi dell’ex patto di Varsavia, inimmaginabile..), la progressiva attuazione dell’accordo di Schengen per l’eliminazione dei controlli alle frontiere, l’ampliamento dei poteri del Parlamento europeo e, quindi, dei cittadini europei, il programma Erasmus, i nuovi settori della cooperazione giudiziaria, di polizia e di difesa, la politica estera, l’attuazione del mercato unico ecc. A tutto questo aggiungerei l’arrivo dei viaggi “low cost” grazie, vorrei ricordarlo, all’intervento della Commissione Europea che ha eliminato i vari monopoli delle compagnie aeree nazionali allargando il mercato e non solo in questo settore, ad altri operatori; e che dire dei mutui con interessi bassissimi grazie all’Euro. Un altro cambiamento è rappresentato dal vasto afflusso, specie negli ultimi 10 anni, di giovani italiani a Bruxelles, principalmente per ragioni di lavoro, non soltanto nelle istituzioni europee, e di studio.
So che torni molto spesso in Calabria. E per questo ti chiedo: cosa avverti essere cambiato in Calabria tra la tua partenza e ora? E, di converso, cosa pensi che non sia affatto cambiato.
Appartengo a quei figli della “diaspora” calabra (e siamo in tanti) che coltivano, da anni, un sentimento ambivalente nei confronti della propria regione. Potrei utilizzare la formula trita e ritrita dell’amore-odio ma la trovo un po’ eccessiva (specialmente il secondo termine della “formula”). Certo è che se vivi quasi tutto l’anno e da diversi anni, lontano dalla regione, non puoi non aver sviluppato un approccio, come dire, critico. Non puoi evitare, cioè, quando rientri in Calabria, di comparare e paragonare. Lo fanno tutti anche i lombardi o i liguri quando rientrano da Bruxelles o da altre località estere nella propria terra, è inevitabile. Forse posso dire che non faccio parte del gruppo di corregionali che vivono lontano dalla regione e coltivano una relazione di amore assoluto verso la propria terra; la passione come si sa, acceca, annebbia la vista e non ti permette di vedere i problemi e, dunque, non ti permette di offrire il tuo contributo, sia pure minimo, di cittadino che vuole migliorare le cose appunto perché ama la sua terra. Insomma, il trinomio sentimentale “suli, mari e cielu” non basta. In Calabria molte cose sono certamente cambiate (poi dipende anche dalle varie Calabrie… ci sono molte differenze tra paesi, città, province), ma i problemi strutturali (viabilità, depuratori, pubblica amministrazione in generale lenta e, con le debite eccezioni, spesso impreparata) e come dire, certi vizi o cattive abitudini, in primis lo scarso senso civico e l’allergia per il rispetto di certe regole di base da parte di una minoranza della popolazione (ma si tratta di una minoranza chiassosa), continuano a manifestarsi. Ancora più importante, secondo me, è l’incapacità manifestata nel corso degli anni di esprimere una classe dirigente, con tutte le lodevoli eccezioni, naturalmente, all’altezza dei problemi da risolvere. Quello che noto con amarezza è anche lo svuotamento dei paesi e delle città, con centinaia di giovani calabresi che continuano a emigrare e in maniera sempre più massiccia. Tra i cambiamenti concreti vedo però tanti imprenditori che, nonostante i tanti ostacoli, lottano ogni giorno, producono, esportano in Europa e nel mondo e danno lavoro a tanta gente. Sono dei veri eroi perché una cosa è fare l’imprenditore in Lombardia o in Veneto ed un’altra cosa è farlo in Calabria dove è richiesto un notevole coraggio e uno spirito veramente da missionario.
A partire dalla tua esperienza “Europea”, che consiglio daresti oggi a un calabrese di 20 anni?
A 20 anni o si studia o si va in cerca di un lavoro. Dunque bisogna aver già percorso una buona scuola dell’obbligo, continuare a studiare per approfondire le proprie conoscenze, accumulare esperienze di vita e di lavoro magari all’estero (so bene che in Calabria ed in molte zone dell’Italia le prime esperienze di lavoro sono, come dire.. a “titolo gratuito”..). Lo studio e le esperienze ti forniscono gli strumenti per navigare in un mare come dire, un po’ agitato, senza dimenticare che la formazione dev’essere continua. Quando parlo di scuole non mi riferisco necessariamente all’università; ci sono tanti mestieri per i quali c’è un’offerta rilevante di posti di lavoro che non richiedono un titolo universitario; l’importante è essere motivati e preparati a svolgerli. La conoscenza delle lingue è poi fondamentale; al giovane consiglierei di essere, uso un neologismo forse passato di moda ma che per me continua ad avere una valenza ancora pregnante, “glocale”, cioè continuare a vivere in Calabria, se ha questa possibilità, mantenendo però la capacità di aprirsi e stare in contatto con una realtà internazionale (internet e “derivati” aiutano moltissimo), per sviluppare nuove idee, nuove pratiche, nuove opportunità da utilizzare, possibilmente in Calabria, nel suo lavoro o nella sua vita di tutti i giorni. Ai genitori direi, invece, senza dimenticare che la crisi economica ne ha drasticamente ridotto le possibilità, di investire molto meno nelle “case per i figli” (per anni è stato un fondamento della cultura familistica calabra) e di più sull’istruzione dei propri figli. Viaggi e lunghe esperienze all’estero sono obbligatori (noto con piacere che migliaia di calabresi ancora residenti in Calabria lo hanno fatto e continuano a farlo da anni). L’Europa offre tante possibilità e questo non significa che bisogna necessariamente emigrare. Pensa al mercato unico europeo che rappresenta già per molti bravissimi imprenditori calabresi uno sbocco ricco di opportunità (niente dogane, niente dazi, moneta unica e, dunque, immediata comparazione dei prezzi e nessun rischio di cambio tra le varie valute). È sempre con un grande senso di compiacimento che scopro prodotti calabri venduti sui banchi di tanti supermercati non solo a Bruxelles ma in molte città e capitali europee che frequento per lavoro. A Bruxelles molte pizzerie (anche gestite da brussellesi) propongono la pizza con la ‘nduja. Senza l’Unione Europea e la moneta comune sarebbe stato non dico impossibile ma, certamente, molto più difficile e comunque molto più costoso per i consumatori di questo prodotto simbolo dell’identità calabra. Mi piace sottolineare che la ‘nduja, quella… originale… è presente in diversi modi e portate (grazie alla creatività di mia moglie) nelle cene che organizziamo a casa nostra alle quali invitiamo gli amici stranieri. Il tutto innaffiato da ottimo vino calabro naturalmente.
Da calabrese, cosa significa per te essere Europeo?
Non credo che ognuno di noi possa essere racchiuso e descritto in base ad un’unica identità. C’è certamente quella regionale e nazionale che mi caratterizzano, ma ce ne sono altre. Penso ad esempio all’identità mediterranea che magari mi avvicina di più ad un greco o ad uno spagnolo più che a un trentino o a un bretone. Questo vale per tutti i calabresi. All’identità regionale/nazionale affianchi, inoltre, quella professionale, quella che deriva dai tuoi studi, dai tuoi interessi, dalla tua età (ahimé!). Ecco, voglio dire, per fare un esempio, un meccanico o un agricoltore calabrese hanno molti punti in comune o condividono molti problemi con un meccanico o un agricoltore francese o slovacco; lo stesso per un medico e via dicendo mentre io da giovane ascoltavo la stessa musica inglese dei miei coetanei britannici o tedeschi ora miei colleghi di lavoro. Poi i giovani europei condividono tra di loro molto di più (penso di nuovo alla musica, allo sport, ai viaggi ecc) . Ma per ritornare alla tua domanda posso dire che sono stato fortunato a nascere in Calabria, perché questo mi ha permesso di essere un cittadino italiano e, quindi, un cittadino europeo. Essere cittadino europeo significa far parte di una comunità che al di là delle differenze nazionali ed, aggiungerei, regionali, conserva un nucleo di valori, principi, ideali comuni e, visto che lavoro all’UE, leggi comuni. La routine quotidiana ci fa dimenticare che nonostante tutto l’Unione europea rimane l’area più ricca e più democratica del mondo i cui 500 milioni cittadini godono di una gamma di diritti e di un welfare caratterizzato da un sistema di protezione sociale che è il più ampio al mondo. Pensioni, assistenza medica pubblica e in gran parte gratuita, diritti dei lavoratori, protezione dell’ambiente, sono ancora mete irraggiungibili per gran parte degli abitanti di questa terra. Certo non tutto procede come dovrebbe e l’UE ha bisogno di riforme. Ma a parte l’osservazione che molti dei problemi, dei mali contro cui si combatte ogni giorno non sono stati generati dall’UE, una cosa è impegnarsi per riformarla (con idee ed iniziative specifiche), un’altra è affrontarli con la retorica di turno, al grido “è colpa di Bruxelles”, dimenticando che gli attori principali nei meccanismi decisionali dell’UE rimangono i governi degli stati membri ed i parlamentari che andremo a votare a fine maggio. Per un calabrese, la cui regione rimane per molti versi ancora ai margini ed in affanno rispetto alle regioni più sviluppate, l’Unione europea continua a rappresentare un’opportunità di sviluppo anche se non sempre utilizzata fino in fondo e mi riferisco in particolare all’uso efficiente e completo dei fondi europei.
Infine una domanda scomoda. Tra pochi mesi le elezioni regionali Calabresi. Tre idee/proposte originali per il futuro presidente.
Accennavo prima al coraggio e allo spirito “missionario” degli imprenditori. Ecco, nelle terre difficili, di frontiera, il presidente della regione dev’essere prima di tutto dotato di queste qualità. Un’altra qualità è quelle di saper accettare con serenità che, come in ogni parte del mondo, fare le riforme, cambiare le cose, significa spesso perdere le prossime elezioni. Per quanto concerne le proposte e precisando che non voglio peccare di saccenteria perché sono ben consapevole che un conto è viverci tutti i giorni in Calabria, un altro è ritornare a trascorrere qualche settimana l’anno… eccole:
– dentro i limiti dei suoi poteri e competenze, lotta assoluta e senza tregua alla ‘ndrangheta, zavorra che frena lo sviluppo, mortifica gli sforzi di tanta gente perbene, contribuisce a infangare in Italia ed all’estero l’immagine della regione con tutto l’indotto negativo in termini di sviluppo economico, penso in particolare al turismo;
– snellimento della macchina amministrativa regionale (ma questo dovrebbe essere un cavallo di battaglia anche per tutta la pubblica amministrazione italiana) con conseguente utilizzo più virtuoso dei fondi europei per aiutare gli imprenditori a creare lavoro approfittando, anche e specialmente del mercato unico europeo;
– un piano “Marshall” per la protezione dell’ambiente (mare pulito anzitutto), valorizzazione delle bellezze naturali calabresi e di conseguenza lotta senza tregua all’abusivismo edilizio (essendo sempre consapevole che questo significa perdere le prossime elezioni …. ).
Come dicevo, non so se sono proposte originali, sono argomenti che si propongono e si discutono da anni, ma se sento la necessità di indicarli, da calabrese che vive all’estero, vuol dire che ogni volta che rientro nella mia regione, questi argomenti continuano ad essere ancora al centro delle mie preoccupazioni.
Arrivederci al 24 maggio per il prossimo appuntamento con “Caffé Europe”.

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