di Sergio Pelaia
VIBO VALENTIA Il «nome nostro». Già nel settembre del 2011 Domenic Signoretta diceva così parlando al telefono con “Peppe u Zipp”, figlio del boss Pantaleone Mancuso (l’“Ingegnere”). Il «nome» a cui si riferiva era proprio quello dei Mancuso e l’espressione la dice lunga sul legame che il 34enne scampato all’agguato avvenuto domenica sera alle porte di Vibo avrebbe con il casato mafioso di Limbadi. Un agguato pesante, perché pesante, secondo gli inquirenti, è il ruolo che l’obiettivo dei killer (qui la notizia del ritrovamento dell’auto e delle armi usate) avrebbe nella geografia criminale vibonese.
IL «TEAM» DI PEPPE MANCUSO Il dialogo intercettato tra Signoretta e Peppe Mancuso (che oltre che figlio dell’“Ingegnere” è fratello del pentito Emanuele) è finito nelle carte dell’inchiesta “Mediterraneo”. In quel procedimento è stato prima condannato in secondo grado a 12 anni per associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti ma, in seguito, la Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza con riferimento all’aggravante dell’agevolazione del clan Molè, disponendo quindi un nuovo processo in Appello. Da quell’inchiesta era emerso il ruolo che secondo gli inquirenti Signoretta avrebbe svolto nel narcotraffico quale uomo di collegamento tra il «team» di Peppe Mancuso e il clan della Piana.
«RICORDATI ‘STO NOME» Dell’obiettivo dell’agguato hanno parlato anche alcuni pentiti. Come l’ex Piscopisano Raffaele Moscato, che nelle udienze del processo contro il clan Patania aveva raccontato di quando uno dei capi della sua cosca, Rosario Battaglia, riferendosi alla notizia della scarcerazione di Signoretta gli aveva detto: «Ricordati ‘sto nome». Battaglia – stando a quanto riferito dal pentito – riteneva Signoretta uno dei possibili esecutori del tentato omicidio che aveva subìto nel maggio del 2010. Pensava che il mandante fosse il loro più acerrimo nemico, Pantaleone Mancuso (“Scarpuni”), che in quel modo voleva a suo parere rispondere all’omicidio di Michele Palumbo. Secondo i Piscopisani c’era stato un riavvicinamento tra i due cugini Mancuso, “Scarpuni” e l’“Ingegnere”, e la presunta partecipazione di Signoretta all’agguato contro Battaglia poteva quindi entrare in quest’ottica: «Avevano fatto una pace, avevano stretto un’alleanza – ha riferito Moscato – e quindi da là poteva essere un favore fatto da Pantaleone Mancuso l’Ingegnere».
L’OMICIDIO CAMPISI La lettura dei mutamenti nella ‘ndrangheta vibonese passa anche dall’omicidio del broker della coca Domenico Campisi avvenuto il 17 giugno del 2011. Un altro pentito eccellente di Vibo, Andrea Mantella, ha raccontato che il suo braccio destro Ciccio Scrugli gli aveva detto che «c’erano dei contrasti» tra Campisi e i due cugini omonimi. A riferirlo a Scrugli era stato lo stesso narcos poi ucciso, che sarebbe entrato in contatto anche con i Piscopisani. «Era il periodo in cui sia Scrugli che i Piscopisani stavano facendo delle battute a Nicotera Marina – spiega Mantella – perché volevano ammazzare Luni Mancuso “Scarpuni”; so che Domenico Campisi era al corrente del fatto che dovevano ammazzare a Luni Mancuso “Scarpuni” e so che Rosario Fiorillo, detto “Pulcino”, una volta che andò ad incontrare Domenico Campisi, per come mi è stato riferito da Scrugli, gli chiese se gli insegnava qualche strada secondaria per giungere a Nicotera». Campisi, insomma, secondo il pentito avrebbe indicato ai Piscopisani la via secondaria attraverso cui arrivare a Nicotera per ammazzare “Scarpuni”, ma poi l’agguato non era andato in porto perché secondo Mantella qualcuno aveva avvertito il boss.
I MUTAMENTI NELLA ‘NDRANGHETA VIBONESE Un altro pentito, Lino Furfaro, che conosceva bene Signoretta – erano coinvolti entrambi in “Mediterraneo” e sono molti i dialoghi tra i due finiti nelle carte dell’inchiesta –, ha attribuito l’omicidio di Campisi proprio al 34enne scampato all’agguato di domenica sera anche se, finora, le sue rivelazioni non hanno portato a formulare accuse per l’assassinio del narcotrafficante. Sono dunque molteplici, e portano in diverse direzioni, gli elementi al vaglio degli inquirenti per tentare di capire cosa stia succedendo nella ‘ndrangheta vibonese: le dinamiche interne ai Mancuso, come gli effetti delle inchieste su di loro e sul cartello antagonista al casato di Limbadi, rappresentano un rebus in cui ora rientrano anche le “cantate” clamorose dei pentiti e i recenti fatti – la sparizione di Bartolomeo Arena e Antonio Pardea e l’agguato a Signoretta – avvolti da un mistero tanto fitto quanto inquietante. (s.pelaia@corrierecal.it)
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