È in atto alla Camera il percorso di conversione in legge del decreto legge n. 35 del 30 aprile 2019 (contenente misure emergenti per il SSR della Calabria), che dovrà essere completato entro sessanta giorni per non decadere. Sono tantissime le perplessità mosse al suo indirizzo, così come sono state innumerevoli e, invero, per nulla apprezzabili le pesanti invettive rimbalzate tra Lungotevere Ripa e la Cittadella, ove siedono rispettivamente la ministra Grillo e il governatore Oliverio.
Il decreto e la Consulta
In mezzo a tutto questo – che certamente rappresenta un pessimo esempio di buon gusto e di sleale collaborazione tra due importanti istituzioni della Repubblica – un provvedimento che fa davvero fatica a guadagnare la compatibilità con la Costituzione, a cominciare dalla necessità e dall’urgenza non rintracciabile quantomeno in nove dei quindici articoli di cui si compone. Tanti gli articoli violati della Carta (2, 3, 5, 32, 81, 97.1, 114.2, 117.1, 119 e 120.2) sui quali, a conversione avvenuta senza le necessarie modifiche correttive, sarà la Corte costituzionale a doversi pronunciare. Eh sì, perché il preannunciato doveroso ricorso della Regione sul DL – a parte i dodici mesi solitamente necessari per la fissazione della sua trattazione in udienza – assumerà un valore pratico relativo. Ciò in quanto il ricorso di oggi produrrà ove mai effetti a seguito di incostituzionalità riconosciuta esclusivamente su successiva rimessione alla Consulta del giudice amministrativo e/o ordinario chiamato a valutare la legittimità degli atti generati nei primi sessanta giorni di sua vita. Per quanto riguarda il resto, il Giudice delle Leggi sarà tenuto invece a dichiarare cessata la materia del contendere in presenza di modifiche degli articolati, ritenuti sospetti dalla ricorrente, intervenute con la legge di conversione che corregga quindi le lamentate incostituzionalità. Una legge di conversione che dovrà tuttavia essere impugnata per suo conto perché la Corte costituzionale possa procedere all’esame cui la medesima è tenuta anche in relazione alle violazioni costituzionali lamentate nell’impugnativa del provvedimento emergenziale solo allorquando le stesse vengano in essa mantenute.
Ecco, si riparte
Prescindendo da tutto ciò, si è arrivati al dunque. Si sono scoperte le carte sulle nomine dei commissari straordinari, in cerca di una condivisione regionale non perfezionata e, dunque, di competenza del ministro Grillo.
Bei nomi, ottimi i curricula, ma con il grande limite (cui, sono certo, sopperiranno a breve) che i nominati (quasi tutti, ndr) dovranno fare del doposcuola per assumere conoscenza della Calabria orografica e demografica, ma soprattutto dei fabbisogni del calabresi. Un compito difficilissimo, dal momento che la conoscenza di questi ultimi non ha mai fatto parte del patrimonio dell’istituzione regionale e del commissariato ad acta che, nonostante i suoi ingombranti ma inutili dieci anni di presenza, non mai fatto alcunché al riguardo. Si è, infatti, limitato al suo fare burocratico/ragionieristico e ad esercitare una litigiosa presenza, contraria alla generazione di quel consenso cui pervenire solo attraverso la necessaria partecipazione con le istituzioni e le rappresentanze della categorie interessate alla salute. Una specialità, quella della ignarità consolidata della Calabria, che sembra essere una caratteristica anche della composizione dell’attuale commissariato, peraltro collaborato da quanto di peggio occorresse al sistema per rinnovarsi. Insomma, più che pensare ad una squadra che desse onore alla novità gestionale occorrente, la formazione del novellato commissariamento ha dato prova di volere concretizzare una vecchia rimpatriata tra i reduci della pregressa gestione crotonese risalente al periodo 2005/2007, con tante perdite di esercizio al seguito e non solo.
C’è chi muore e c’è chi nasce
Ma si sa, siccome le cose appena dette sono difficili a manifestare e a scrivere solitamente da parte di chi ama tutelare le ragioni di opportunità personali (cui non ho mai fatto riferimento), vale la vecchia e comoda regola di vita: la totalità degli operatori del sistema è pronta da domani ad urlare «E’ morto il re, viva il re!».
Vediamo di analizzare quante qualità «reali» possiede il nuovo re rispetto a quello istituzionalmente «deceduto», che tanti errori ha fatto e che però tanto dovrà impegnarsi sino alla scadenza del suo mandato governatoriale.
Il nuovo re, meglio la nuova regina (Giulia Grillo), ha assunto il trono con scelte pressoché tiranniche assumendole peraltro in modo contraddittorio con la storica ratio governativa; si è limitata infatti, al di là dei paroloni: 1) a cambiare i nomi del commissariato ad acta che, nella sua nuova composizione, non sta offrendo elementi di discontinuità con i predecessori se non per un abbigliamento più frivolo; 2) ad imporre un provvedimento emergenziale dai contenuti che peggiori sarebbero difficili persino da immaginare, atteso che impone un girotondo di commissari dei commissari alla guida della sanità calabrese essenzialmente funzionali a svolgere quella attività ricognitiva che costituiva (ahinoi) l’obiettivo del commissariamento di dieci anni fa. Il tutto offendendo gravemente la Costituzione – che ovunque e comunque sancisce l’autonomia alla Regione, fatta salva la facoltà del Governo di sostituire gli organi regionali e non già l’ente – e i calabresi condannati ad avere la loro sanità sempre di più governata da gringo ignari delle loro condizioni obiettive di vita quotidiana.
Fiducia ai nuovi manager/commissari? Ma certo, soprattutto quelli che conosco! Sulla carta la meritano e tanta, tanto da valere il mio benvenuto e l’augurio di buon lavoro.
Spero che ci siano i fatti a confermare la loro adeguatezza a risolvere i gravi problemi irrisolti da sempre.
*docente Unical
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