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La «strategia di sangue» tra Cirò Marina e Milano per eliminare Pirillo e Aloisio

Un regolamento di conti interno alla cosca Farao-Marincola scatena prima l’omicidio in un ristorante nel Crotonese e poi il delitto nel territorio della locale di Legnano. I dissidi sulla gestione …

Pubblicato il: 28/05/2019 – 17:38
La «strategia di sangue» tra Cirò Marina e Milano per eliminare Pirillo e Aloisio

di Alessia Truzzolillo
CATANZARO Quando è stato ucciso, raggiunto da quattro colpi d’arma da fuoco, Vincenzo Pirillo stava cenando in un ristorante di Cirò Marina con i propri familiari e teneva una bambina di 11 anni sulle sue ginocchia. La feroce pioggia di fuoco aperta dal commando che ha fatto irruzione nel locale ha stroncato la vittima designata e, senza badare troppo alle conseguenze, ha ferito la bambina, trapassata da un proiettile all’altezza della scapola sinistra, e altri cinque avventori.
Vincenzo Pirillo, spirato il 5 agosto del 2007, era il reggente della consorteria criminale di Cirò Marina in assenza dei capi – Silvio Farao e Cataldo Marincola – che latitavano per sfuggire a una condanna per omicidio. Secondo la Dda di Catanzaro, e le indagini condotte dai carabinieri del Ros del capoluogo, l’omicidio sarebbe stato deciso da Cataldo Marincola ed eseguito dal suo braccio armato, Giuseppe Spagnuolo (insieme ad altre persone al momento non identificate). Le ragioni alla base di tanta efferatezza – un messaggio chiaro da inviare a tutti gli uomini di Cenzo Pirillo – starebbero nella gestione, – contestata dai vertici della cosca – della cosiddetta bacinella, la cassa comune del clan nella quale si riversano i soldi sporchi delle estorsioni, del traffico di droga e degli affari illeciti, destinati, tra l’altro, al mantenimento dei detenuti.
OMICIDIO ALOISIO Un anno più tardi rispetto alla morte di Pirillo, e a qualche centinaio di chilometri di distanza, viene ucciso Cataldo Aloisio, 34 anni, nipote di Vincenzo Pirillo. Il cadavere dell’uomo viene ritrovato la mattina 27 settembre 2008 in un campo nel comune di San Giorgio su Legnano, provincia di Milano. Ha il volto insanguinato, la postura, con le braccia tese sopra la testa, e tracce di sangue sull’erba schiacciata dimostrano che il corpo è stato trascinato. Il foro di un proiettile di piccolo calibro sulla testa fa subito pensare a un’esecuzione. Secondo il medico legale la vittima era seduta quando è stata uccisa e gli aggressori si trovavano alle sue spalle.
All’epoca, a capo della locale di Legnano-Lonate Pozzolo c’era Vincenzo Rispoli, cugino della moglie della vittima. Insomma, Rispoli è imparentato con i Farao di Cirò mentre Aloisio aveva sposato la figlia del boss Giuseppe Farao. Vincenzo Pirillo era invece lo zio materno di Cataldo Aloisio. Una “disamistade”, canterebbe Fabrizio De André, all’interno della stessa cosca Farao-Marincola. Due delitti apparecchiati per tenere saldo il potere nelle mani dei capi cosca, Silvio Farao e Cataldo Marincola. Nel caso di Pirillo si voleva punire l’impudenza nella gestione della bacinella della consorteria. Nel caso di Aloisio si voleva fermare una temuta vendetta, ritenendo che la vittima fosse ostile ai vertici del clan dopo l’omicidio dello zio materno. A chiudere il cerchio su questi omicidi sono state le procure di Catanzaro e Milano: in seguito alle indagini i gip distrettuali hanno disposto provvedimenti cautelari in carcere nei confronti di Cataldo Marincola, Silvio Farao, Giuseppe Spagnuolo, Vincenzo Rispoli e Vincenzo Farao accusati di omicidio aggravato dalle finalità mafiose.
L’INCONTRO CON I CARABINIERI PRIMA DI MORIRE Il 34enne Aloisio, pochi mesi prima della sua morte, aveva incontrato il maggiore Di Santo, del Nucleo Investigativo dei carabinieri di Crotone, e gli aveva riferito importanti informazioni sulla cosca Farao-Marincola, sull’omicidio dello zio, sulla latitanza dei due capi e sulla rete di protezione che su al Nord veniva garantita a Vincenzo Rispoli.
E se a ordinare l’omicidio di Pirillo sarebbe stato Cataldo Marincola e ad eseguirlo Giuseppe Spagnuolo (insieme ad altre persone allo stato ignote), ad essere accusati di avere ordinato l’omicidio di Aloisio sono i boss Silvio Farao e Cataldo Marincola, all’epoca latitanti. A eseguirlo sarebbero, invece, stati Vincenzo Farao, cognato della vittima, e Vincenzo Rispoli, dandogli appuntamento prima a mezzogiorno e poi la sera del 26 settembre 2008, per colpirlo alle spalle mentre stava seduto. Una «strategia di sangue» scrivono i pm di Catanzaro Domenico Guarascio e Paolo Sirleo, portata avanti per anni dai vertici di una cosca potente, che aveva fatto strage, fin dal 1982, dei propri componenti, pur di tenere saldo il potere e la gestione di un vasto territorio nel nord della Calabria compreso tra Cirò Marina, Cirò Superiore, Casabona, Strongoli, Cariati e Mandatoriccio. Una cosca – quella disarticolata dall’operazione “Stige” a gennaio 2018 – che già alla fine degli anni 70 costituiva un punto di riferimento, nel nord della Calabria, per gli stessi vertici mafiosi del Reggino. Il prezzo è stato – parafrasando De Andrè – il macabro riecheggiare di spari all’intorno, scoppi di sangue e assenze apparecchiate per cena. E per tutti il dolore degli altri è dolore a metà. (a.truzzolillo@corrierecal.it)

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