di Pietro Bellantoni
LAMEZIA TERME Comandano loro, Salvini e Zingaretti. E si può dire che, fino a ora, Occhiuto e Oliverio han fatto i conti senza gli osti. Il voto di domenica scorsa ha creato due giganteschi interrogativi che sovrastano il destino politico del sindaco di Cosenza e del governatore. Loro sono già scesi in campo, hanno annunciato la loro candidatura alla Regione e sembrano intenzionati a non mollare. Al momento, tuttavia, Occhiuto e Oliverio possono vantare l’aggressività di tigri di carta: gli arbitri delle varie partite sono solo i due leader nazionali. Per motivi diversi e convergenti: il voto europeo ha dimostrato che sia la Lega, sia il Pd, possono anche fare a meno di Forza Italia (Occhiuto) e di Oliverio.
Non sta scritto da nessuna parte che i vincitori del voto europeo debbano adeguarsi ai desiderata – o, peggio, alle imposizioni – di due capicorrente calabresi che hanno dimostrato di brandire armi elettorali spuntate – o, quanto meno, molto usurate.
SALVINI REGNA Salvini è il trionfatore indiscusso in Italia. In Calabria la Lega non è il primo partito in assoluto, ma è di gran lunga il primo partito del centrodestra.
Il Carroccio, con il suo 22,6%, da solo vale quasi quanto Fi (13,3%) e Fdi (10,2%) messi insieme. È del tutto inverosimile, quindi, che al momento di scegliere i candidati alla presidenza del centrodestra – sempre ammesso che sarà questa la coalizione –, Salvini e il suo plenipotenziario calabrese, Cristian Invernizzi, subiscano i diktat degli alleati. Se il ministro dell’Interno vorrà la Calabria, potrà prendersela, anche perché la somma dei dati dice che il centrodestra vale circa il 46% dei voti, percentuale senza dubbio migliorabile a causa della poca “resa” del M5S alle Regionali (domenica si è affermato come primo partito, con il 26,6%).
La speranza di Occhiuto e di tutto lo stato maggiore forzista è che l’improvvisa bolla elettorale della Lega si scontri presto o tardi con i ritardi organizzativi e strutturali del partito calabrese. Attualmente il Carroccio, a parte un commissario bergamasco (Invernizzi), un deputato (Furgiuele) e consiglieri comunali sparsi su e giù per la regione, non dispone di una macchina elettorale e logistica all’altezza del compito né di una propria classe dirigente. La crescita è stata troppo immediata, ed è improbabile che Salvini riesca a far maturare il suo progetto calabrese in tempi utili. Il ministro, conquistando la Calabria, porterebbe a compimento il suo sogno di una Lega davvero nazionale, capace di governare le regioni del Nord ma anche quelle del Sud. Ma la Lega calabrese non sembra ancora pronta. È per questo che molti analisti ritengono molto probabile un “ritiro” di Salvini – che potrebbe rivendicare la presidenza della “rossa” Emilia Romagna (dove la Lega è primo partito con il 33%) – a favore degli altri due (piccoli) azionisti del centrodestra calabrese.
IL NON SORPASSO Una delle sfide più affascinanti era infatti quella che opponeva i berlusconiani ai meloniani. Fratelli d’Italia, malgrado abbia raggiunto risultati di gran lunga superiori alla media nazionale, non ha però centrato il sorpasso ai danni di Fi, una delle condizioni preliminari che avrebbero permesso a Wanda Ferro di reclamare la leadership del centrodestra ai danni dello stesso Occhiuto.
Il sindaco di Cosenza non può comunque dormire sonni tranquilli. Nella provincia bruzia, feudo dei capi del partito, Jole Santelli e Roberto Occhiuto, Fi ha deluso: 11,4%, a fronte di una media regionale del 13%. È il territorio in cui, dopo Crotone (8,4%), gli azzurri hanno fatto peggio. A Cosenza le cose migliorano di pochissimo (12,5%) e Fi diventa il quarto partito in città, superato da M5S, Lega e Pd.
I berlusconiani sembrano godere di ben altra salute nel Catanzarese (12,4%), nel Reggino (16,6%) e, soprattutto, nel Vibonese (18,6%). Nel capoluogo, che ha visto la vittoria al primo turno di Maria Limardo, gli azzurri tornano al governo della città e, con il picco del 20,8% ottenuto alle Europee, insidiano la leadership della Lega, distante meno di un punto.
LO SGARBO OLIVERIO Quanto a Oliverio, ha giocato una partita rischiosa e forse l’ha persa. La scelta di sostenere Cozzolino e non il capolista Franco Roberti, sponsorizzato da Zingaretti in persona, potrebbe non aver pagato. Innanzitutto perché l’ex capo della Dna, malgrado il magro bottino ottenuto in Calabria (11mila preferenze), ha comunque conquistato un seggio a Strasburgo; in secondo luogo perché i voti portati in dote a Cozzolino sono stati in numero nettamente inferiore alle attese.
Il candidato campano – che aveva dalla sua parte il governatore e tutta la sua area – ha raccolto circa 21.700 voti; il “reietto” Iacucci, malgrado sia stato sostanzialmente scaricato da Oliverio, è comunque riuscito a superare Cozzolino e a farsi votare da 22.400 calabresi.
A parte la rivincita personale dell’ex braccio destro del governatore, il dato dimostra altro: e cioè che, a parte le province di Reggio (dove a sostenere Cozzolino c’erano anche il sindaco Falcomatà, l’ex consigliere regionale Naccari Carlizzi e il giovane dirigente Schirripa) e Cosenza, l’area del governatore è debolissima nelle altre tre province calabresi. Tra Crotone e Catanzaro Cozzolino ha raccolto poco più di 4mila voti, circa mille nel Vibonese.
Insomma, se Oliverio voleva sfoggiare i muscoli a Roma, nel tentativo di dimostrare che il Pd, senza di lui, non ha futuro, ha fallito la prova.
Anche perché i casi di Cosenza – dove Iacucci è stato supportato anche dal consigliere regionale Guccione – e Reggio certificano che esiste un partito indipendentemente da Oliverio.
Sintomatico il dato dello Stretto. In Provincia il Pd raggiunge il 20% grazie alla corrente del governatore, capeggiata da Sebi Romeo, ma anche all’apporto di Falcomatà, dei consiglieri Irto e Battaglia e di Mdp-Articolo Uno. Quest’ultima area, che sosteneva il candidato Paolucci, ha quasi ottenuto lo stesso risultato di Cozzolino in città (1.745 contro 2mila) ed è stata decisiva per permettere al Pd di essere il primo partito a Reggio.
Tutte queste forze messe insieme hanno consentito al Pd di rialzare la testa, con Oliverio che si è accreditato come un fattore in mezzo ad altri fattori. Non è detto che Zingaretti, considerato lo sgarbo subito, non possa ritenerlo sacrificabile. (p.bellantoni@corrierecal.it)
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