di Sergio Pelaia
CROTONE I Mannolo si sedevano al tavolo della “Provincia” di Crotone con «i grandi della ‘ndrangheta». La “locale” di San Leonardo di Cutro, di cui gli inquirenti ritengono di aver accertato l’esistenza con l’operazione “Malapianta” (qui i dettagli e i nomi dei fermati), era ovviamente legata da un cordone ombelicale alla casa madre dei Grande Aracri. Ma secondo la Dda di Catanzaro poteva contare anche su collegamenti con famiglie vibonesi come i Mancuso di Limbadi, i Mazzeo di Comparni di Mileto e i Bonavota di Sant’Onofrio. Un’altra alleanza pesante, poi, porterebbe al Reggino, in particolare ai Barbaro di Platì.
Per delineare la geografia mafiosa entro cui si muoveva la cosca sanleonardese gli inquirenti hanno affiancato alle indagini “tradizionali” le dichiarazioni di numerosi pentiti che hanno fornito uno «straordinario apporto». Da cui emergerebbe come i Mannolo sarebbero «senza dubbio alcuno una organizzazione ben identificata all’esterno, punto di riferimento delle consorterie crotonesi, sin dagli anni 90».
Tra i pentiti le cui parole sono finite nelle carte dell’inchiesta ci sono Giuseppe Cavallaro, Antonio Sestito, Luigi Bonaventura, Angelo Cortese, Giuseppe Liperoti, Vincenzo Marino, Tommaso Mazza, Francesco Oliverio, Gennaro Pulice. In alcuni casi si tratta di dichiarazioni datate che confermano le ipotesi investigative, in altri invece sono recenti le rivelazioni dei collaboratori di cui i Mannolo parlano anche tra di loro.
LA RAPINA ALLA SICURTRANSPORT È il caso di Anna Maria Cerminara, ex compagna di un pregiudicato catanzarese che ha fornito agli inquirenti informazioni di rilievo sulla rapina effettuata nel 2016 ai danni dell’istituto di vigilanza “Sicurtransport” di Catanzaro. Remo Mannolo, Francesco Falcone (entrambi tra i fermati) e altre persone non identificate ne parlano tra loro e sottolineano come la donna abbia “cantato” direttamente con il procuratore Nicola Gratteri: «Si diceva già che a questa qua se l’era presa Gratteri personalmente! L’ha interrogata Gratteri personalmente!». Remo Mannolo descriveva la collaboratrice di giustizia «come una donna d’azione, impiegata dalle consorterie criminali sempre “in prima linea”, e pertanto a conoscenza di vicende ben più gravi di quelle collegate alla rapina ai danni dell’istituto di vigilanza».
Dalle conversazioni intercettate emergono anche dei dissapori interni ai Mannolo in relazione al pentimento di Cerminara e alle accuse reciproche tra i diversi rami della famiglia: qualcuno aveva apostrofato come «infame» Dante Mannolo (fratello di Remo) ritenuto da alcuni parenti “colpevole” di aver curato i propri affari, e lo stesso Remo commentava stizzito con i suoi interlocutori: «Mo parlano mo! … inc… perché non vanno a rettificare mo?! …inc… Dante è l’infame perché… si è visto i cazzi suoi?! E quelli non sono infami che vanno a fare le rapine? Eh… inc… l’infame… e ancora… Anna Maria (Cerminara, ndr) … che psicopatica… ora stanno dicendo che è psicopatica!». Remo Mannolo insomma difendeva il comportamento del fratello e, nel contempo, imputava ai parenti il fatto di aver partecipato direttamente alla rapina alla “Sicurtransport”.
EMANUELE MANCUSO, «UNA BOMBA AD OROLOGERIA» Remo Mannolo evidentemente conosceva bene anche le dinamiche della ‘ndrangheta al di fuori del Crotonese. Lo testimoniano le conversazioni intercettate mentre commenta con una persona non identificata la notizia del pentimento di Emanuele Mancuso, figlio del boss Pantaleone “l’Ingegnere” e rampollo del noto casato mafioso di Limbadi. «Nelle fasi iniziali del dialogo – annotano gli inquirenti – il giovane Mancuso veniva descritto dall’interlocutore del Mannolo come un tossicodipendente psicologicamente instabile» che, in passato, avrebbe creato parecchi problemi ai suoi familiari: «Ha fatto danni con la pala! Pippava pure a terra!». E ancora: «Non ti dico quanti danni… quanti danni… lui faceva solo bordelli, come pippava faceva bordelli!». A dire della persona intercettata solo gli stretti legami familiari con i boss dei Mancuso avevano evitato ritorsioni, «anche di tipo omicidiario», nei confronti di Emanuele: «Il discorso sai qual è? Se era figlio mio o se era figlio tuo… se era figlio di… non c’era più! Lui ha tentato… inc… ma quello andava “pulizzato” perché era instabile! Instabile!». Il suo pentimento, comunque, «è scorno… è scorno… e danni ne farà!». Lo conferma lo stesso Mannolo: «Purtroppo è un casino… è una bomba ad orologeria, non si capisce come va a finire!». (s.pelaia@corrierecal.it)
x
x