di Pablo Petrasso
CATANZARO «Dice che è arrivata un’imbasciata, dicevano ieri nel paese, là davanti da Mario, che dice che ci sono altri 70, 80 arresti». Dopo l’operazione Stige, nel Crotonese il timore per le operazioni della Dda di Catanzaro diventa palpabile. Anche nei ranghi dei clan colpiti dall’operazione Malapianta (qui la notizia) le conversazioni sono a senso unico. Qualcuno – spiega in un’intercettazione Remo Mannolo, uno dei capi della locale di San Leonardo di Cutro – aveva trascorso la notte fuori per paura di essere bersaglio di una nuova operazione. «Qua siamo tutti a rischio», dice. E descrive il sollievo provato nell’aver visto la colonna delle auto dei carabinieri superare il “suo” quartiere e dirigersi verso Crotone. Ciò che preoccupa i magistrati antimafia, però, è l’evidenza che i sodali dei Mannolo siano «a conoscenza dell’esecuzione di ulteriori operazioni (…) tra cui una importante su personaggi politici». Informazione che Carmine Zoffreo (uno dei fermati nell’operazione) aveva ottenuto «perché il suo referente era riuscito a prendere visione di alcuni documenti». La frase che riferisce a Mannolo è inquietante: «Ieri… qua… ce ne sono altre due grosse. Mi ha detto a livello politico… Ce ne sono due grosse». Le voci sulle future inchieste della Dda si susseguono. Ma le fonti – tra loro ci sarebbe un tale «Pasqualino» – restano «soggetti non meglio identificati». Ma bene informati, a quanto pare. A spaventare il clan sono le dichiarazioni dei pentiti e le notizie che arrivano dai loro contatti. Mannolo, riferendosi alla «paternità» delle informazioni giudiziarie assunte indica il «nominativo di Buzzurro», e anche in questo caso la fonte rimane anonima.
Ne appare un’altra. A un certo punto viene menzionato un soggetto «indicato come “presidente”» che avrebbe fatto «qualcosa buona». L’informazione trapelata («chi guida la macchina») potrebbe riferirsi all’organo che conduce l’inchiesta ma il dato di fondo resta: i Mannolo si muovono continuamente per intercettare notizie sulle indagini («non sto prendendo pace», dice Remo) e, in parte, ottengono brandelli di informazioni utili a «tutelare i membri dell’associazione criminale». È soltanto uno dei livelli illuminati dalle captazioni telefoniche. C’è dell’altro. «Da alcune conversazioni – si legge nel decreto di fermo – risultava, chiaramente, l’intento di rendere omaggio a un soggetto, verosimilmente vicino agli ambienti giudiziari, mediante la consegna di un dono di elevato valore economico».
Un cadeau costoso per i servigi resi agli esponenti della “locale”. «Alcuni specifici riferimenti rispetto all’oggetto ricercato permettevano di comprendere la natura del misterioso regalo: un orologio di marca Rolex particolarmente raro. Il regalo era la controprestazione di una ipotizzata copertura giudiziaria che il destinatario del bene, per il ruolo ricoperto, poteva garantire».
Sul punto sono in corso approfondimenti investigativi. Le frasi dei Mannolo, però paiono piuttosto esplicite: «Ma tu lo sai che mi ha detto? Non ti preoccupare che fin quando campo io… mi ha detto. Non ti preoccupare che fin tanto che campo io. Non te ne creare problemi!! Che poi io, io gli ho buttato la botta a lui… gli ho detto: “Ma come lo volete quadrante bianco. o quadrante nero…?”». Diversa “talpa”, identico esito: «È doveroso evidenziare – scrivono i magistrati antimafia – che il soggetto a cui gli indagati si erano rivolti rimaneva non identificato, al pari della natura della richiesta formulata. Sebbene indubbia la propensione manifestata dallo sconosciuto di aderire alle esigenze dei Mannolo, l’indagine non permetteva di correlare la conversazione ad alcuno specifico episodio».
«La donazione “dell’orologio” e “la difficoltà nel suo reperimento”» sono ricorrenti nelle telefonate intercettate. Così come la solita ossessione, quella di «carpire notizie e utilizzarle per tutelarsi». Con l’accortezza di incassare la copertura giudiziaria prima di donare il Rolex all’amico («ohi Dà… eh questo naturalmente una volta. A fatto compiuto. prima non si dà un cazzo!»).
Come se non bastasse, Dante Mannolo indica i soggetti con i quali Remo «era entrato in contatto come “coloro i quali facevano le indagini”, mentre, a suo dire l’importante era comprendere la posizione del “magistrato”. Riteneva, infatti, che gli “operatori di polizia” avevano minore incidenza rispetto a un magistrato». (p.petrasso@corrierecal.it)
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