di Pietro Bellantoni
LAMEZIA TERME Alla fine Oliverio si è incatenato davvero. Non davanti a Palazzo Chigi, ma alla sua presunzione di voler andare avanti contro tutto e tutti.
Pare che lo strappo deciso dal Nazareno – che ha annunciato per il prossimo 13 giugno l’evento il “Pd che riparte”, una sorta di laboratorio da cui arriverà quella proposta politica «innovativa» destinata a privare il governatore Oliverio del simbolo del partito – sia stato determinato proprio dalle dichiarazioni provocatorie di Oliverio. Che, dopo aver accresciuto a dismisura i suoi meriti elettorali, ha annunciato la propria ricandidatura alla presidenza, con o senza il Pd.
«Ma come, Oliverio si è preso il lusso di non votare Roberti, di non seguire le indicazioni del partito, e adesso si permette pure di lanciare sfide?», hanno subito commentato, con una certa dose di stupore, tutti quei dirigenti romani che seguono da vicino l’evoluzione del caso Calabria.
E infatti, poche ore dopo le dichiarazioni del presidente, il commissario regionale Graziano ha comunicato, con largo anticipo, la data della nuova convention, alla quale parteciperà, non a caso, proprio il vicesegretario del Pd Andrea Orlando (qui il nostro servizio). Ovvero l’emissario che, su mandato di Zingaretti, poco prima delle Europee ha chiesto all’area Oliverio un aiuto elettorale per Roberti, ricevendo in cambio un sonoro due di picche.
Ad aver dato fastidio ai piani alti del partito, inoltre, è la lettura del tutto autoreferenziale sul voto europeo. Oliverio si è intestato la paternità di quei 4 punti percentuali in più ottenuti dal Pd rispetto al 2018 (dal 14% al 18). Una interpretazione del tutto singolare – fanno notare alcuni dem – dal momento che il governatore era stato impegnato in prima persona anche alle ultime Politiche e in tutte le ultime competizioni elettorali. Semmai, è più opportuno supporre che quella crescita sia dovuta all’apporto offerto da Mdp-Articolo Uno, i cui candidati sono stati “ospitati” nelle liste del Pd.
ROTTURA E NUOVA MISSIONE Le premesse non promettono nulla di buono. Oggi Oliverio ha tentato di correre ai ripari, di smentire «rappresentazioni fantasiose» e di ribadire il suo lavoro a favore di un «un’ampia coalizione inclusiva del civismo democratico» in linea con l’impostazione di Zingaretti.
Al di là delle precisazioni, la strada verso la rottura sembra tuttavia già tracciata, anche perché la convention di Lamezia – per certi versi sponsorizzata perfino dalla corrente renziana calabrese, nettamente contraria a un Oliverio bis – viene già considerata come il momento esatto in cui il Pd prenderà ufficialmente le distanze dal governatore. Che, di fatto, si è incatenato a un destino molto incerto.
Una cosa è però sicura: Oliverio andrà avanti comunque. La domanda giusta ora è: con chi? Quali dirigenti del partito saranno pronti a seguirlo in questa missione solitaria?
Il governatore porterebbe con sé diversi fedelissimi e titolari di grossi pacchetti di voti, i pochi consiglieri regionali non troppo organici al Pd, qualche quadro intermedio, qualche sindaco e gli attuali assessori tecnici della sua giunta. Oliverio non avrebbe però modo di convincere tutti i maggiorenti più strutturati del territorio. Non lo seguiranno certamente i vari Mimmetto Battaglia, Orlandino Greco, Franco Sergio e Vincenzo Ciconte (già in “trattativa” con Occhiuto), Mimmo Bevacqua e Nicola Irto.
CHANCE PER GUCCIONE Non lo seguirà, certamente, neanche Carlo Guccione, per il quale le ultime mosse del governatore potrebbero trasformarsi in un assist insperato. Il consigliere regionale, oltre a incarnare il risentimento contro Oliverio che cova in molte aree del partito calabrese, ha da tempo annunciato la sua volontà di concorrere alle eventuali primarie. L’estromissione, decisa da Roma, del competitor diretto lo avvantaggerebbe a dismisura, ma la sua candidatura non diverrebbe per questo automatica. Guccione ha dalla sua la stima e l’appoggio di Orlando e anche quella degli animatori di Mdp (incluso il leader reggino De Gaetano); nessuno, però, potrebbe considerare la sua una scelta davvero «innovativa». E allora prende sempre più quota anche l’ipotesi del “papa nero”, ovvero di una personalità esterna che possa ridare slancio e unità a un partito logorato (anche) dalla spinte disgreganti di Oliverio.
DOVE VA IL CENTROSINISTRA Le corse solitarie di Oliverio e del Pd sono oggi ipotesi molto concrete. Ma tutte portano a un unico risultato: alla disfatta del centrosinistra. La traslazione di dirigenti e simpatizzanti operata dal governatore riuscirebbe infatti a depotenziare un partito che non riesce più a essere attrattivo, anche a causa di un grave deficit di rappresentantitivà. Basti pensare al ruolo del commissario “part-time” Graziano, da mesi al timone del Pd calabrese senza aver mai dato nemmeno la sensazione di voler coinvolgere i territori e i circoli in un vero percorso di ricostruzione. Così frammentato, il centrosinistra non avrebbe numeri elettorali da opporre al centrodestra, oggi di poco sotto al 50%, come certificato dalle Europee.
Non c’è niente di scontato, in realtà, visto che il candidato di Fi, Mario Occhiuto, in caso di resistenze da parte di Lega e Fdi potrebbe anche lui tentare la via solitaria. Ma questa è un’altra storia. (p.bellantoni@corrierecal.it)
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