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«La relazione (dimenticata) di fine mandato»

di Ettore Jorio*

Pubblicato il: 04/06/2019 – 11:02
«La relazione (dimenticata) di fine mandato»

La fine della consiliatura con la naturale campagna elettorale successiva per l’elezione dei nuovi sindaci (136 in Calabria) e dei nuovi consigli regionali impone un obbligo, di non poco conto, ai primi cittadini uscenti: la firma della relazione di fine mandato. Un importante documento elaborato dal responsabile dei servizi finanziari e certificato dall’organo di revisione, da perfezionare entro 60 giorni dalla conclusione del mandato del sindaco firmatario.
Un obbligo assolto, ma rimasto un illustre sconosciuto
Così hanno fatto i sindaci dei Comuni al voto il 26 maggio scorso. Corigliano-Rossano ad opera del Commissario prefettizio ivi preposto per guidare (si fa per dire) l’esordio della nuova città. Stessa cosa, avrebbe dovuto fare (avrebbe perché non c’è stato modo di rilevarla dal sito istituzionale) l’omologo commissario preposto a Vibo Valentia a seguito della traumatica caduta della giunta Costa.
A ben vedere, un appuntamento nato per rappresentare la pietra miliare giuridico-economica del vecchio che esce (salvo, per taluni, essere rieletto) e lo start del nuovo che vi subentra, tenuto a sua volta a perfezionare la relazione di inizio mandato entro 90 da giorni dal suo insediamento (art. 4 bis, d.lgs. 149/2011).
Uno strumento indispensabile – al quale ebbi modo di dare il mio contributo a scrivere la norma di riferimento, inserita nel d.lgs. 149/2011 (art. 4), quale componente tecnico della Copaff, allora presieduta da Luca Antonini, oggi giudice della Corte costituzionale – cui adempiere non solo per le ragioni legislative bensì per rendere edotti i cittadini sull’operato della amministrazione uscente. Tale era l’aspettativa primaria del legislatore, che ebbe ad introdurre a regime un siffatto obbligo sanzionato, non affatto assolta, quasi ovunque, con la dovuta chiarezza compilativa.
I soliti responsabili: la burocrazia e le improprie utilità della politica
Invero, così come viene redatta dappertutto sin dal suo esordio, costituisce l’ulteriore prova della grande insufficienza – come capita con le cose che nel Paese contano per favorire il concretizzarsi del voto più consapevole possibile dei cittadini – della cura redazionale assicurata a siffatto documento, tanto da farlo ritenere segnatamente bistrattato dalle istituzioni coinvolte.
Dal versante ministeriale lo si è fatto attraverso la predisposizione del solito scarno format, pedissequamente nozionistico, pieno di informazioni banali e ripetitivo della normativa di riferimento. Modalità, queste, propedeutiche esclusivamente a favorire e facilitare i compiti dei preposti alla verifica burocratica, ridotti alla minimale elaborazione informatizzata delle consuntivazioni ivi riportate, estratte dai dati dei documenti contabili del quinquennio di mandato dei singoli enti locali, utili solo alla rappresentazione delle solite statistiche.
Su quello del Comune interessato, si è fatto altrettanto con l’aggravante di avere spesso eluso i dati finali di consuntivo, ricorrendo a quelli del c.d. preconsuntivo che non significa alcunché sul piano probatorio. Ciò allo scopo di offrire notizie più malleabili alla collettività, in quanto tali rese più funzionali a catturare, nell’immediato, il conseguente consenso elettorale per l’uscente ovvero, se non ricandidato, per un suo frequente designato. Non solo. Nessun sindaco firmatario ha ritenuto – in Calabria come altrove, fatta qualche rarissima eccezione rinvenibile nelle solite e più efficienti aree del Paese – riportare in esso le cause giustificative dei ritardi realizzativi registrati nella programmazione promessa, che in alcuni Comuni sono stati rilevanti e colpevoli.
Insomma, si è fatto di tutto per svilire il peso di un così importante adempimento individuato dal legislatore per offrire alla cittadinanza documenti obiettivi dell’operato dei sindaci uscenti e delle condizioni di accesso di quelli subentranti. Un’occasione documentale, da trasmettere anche al Giudice contabile regionale, indispensabile per scegliere più consapevolmente, per comprendere il corretto mantenimento delle promesse elettorali e di conseguenza decidere chi promuovere e chi bocciare.
Un caso particolare in una fattispecie molto diffusa in Calabria
In alcuni importanti Comuni si è andato anche oltre, specie in quelli già in predissesto, atteso che in alcuni di essi – più precisamente in quello di Rende – la relazione di fine mandato firmata dal sindaco uscente ha costituito la prova di un autogol, la sconfessione di proprie riassicurazioni distribuite alla cittadinanza infra-mandato.
A fronte infatti delle contraddizioni registrate nell’operato dell’allora Commissario governativo, Maurizio Valiante, che – seppure ricorrendo (troppo) d’emblée alla procedura di riequilibrio finanziario decennale – aveva avuto modo di affermare appena dopo, al termine dalla sua missione e a dimostrazione dei suoi sovrannaturali poteri (!), di avere risanato i conti. Un risultato da Nobel, attesa la premessa dell’esistenza da medesimo validata (!) delle condizioni obiettive per ricorrere al predissesto come soluzione preventiva all’alternativo verosimile default. Una affermazione, quantomeno improvvida, riconfermata dall’amministrazione uscente che ha, in più occasioni, reiteratamente millantato il ritrovato benessere del proprio bilancio. Un vanto che tuttavia non ha prodotto l’esito, altrettanto velleitariamente promesso, di essere autorizzati dal giudice contabile a vedersi riconosciuto il prematuro raggiungimento degli obiettivi della sostenibilità del bilancio, tale da pretendere la riduzione della durata del predissesto, a mente dell’art. 243-quater, comma 7 bis, del Tuel.
Così non è stato, generando più di un legittimo dubbio. Il primo, riguardante l’originario improprio ricorso al predissesto da parte del Commissario Valiante, provato da quanto dallo stesso dichiarato relativamente al sopraggiunto precoce equilibrio economico-finanziario, a dimostrazione che la «malattia» di cui era affetto il Comune sarebbe stata curabile con una «aspirina». Il secondo, afferente alla strumentalità dell’informazione somministrata, peraltro in senso spesso contraddittorio, tendente ad essere utilizzata esclusivamente contro un avversario politico piuttosto che attrattiva della giusta soluzione individuata dal Tuel di ridurre i tempi del rientro con conseguente guadagno dei cittadini, in termini di minore prelievo fiscale e di maggiori servizi.
Concludendo delle due una. O il risanamento è da tempo nelle corde dell’amministrazione, nel senso che è stato traguardato sin dalla cessazione del commissariamento Valiante o giù di lì, ed è stato artatamente sottaciuto per continuare a fare un uso politico del verificato squilibrio, oppure l’intervenuto risanamento del quale ci si vanta in giro è tutta una balla, con la conseguenza che costituirà la spada di Damocle sulla testa dei cittadini per ulteriori 4/5 cinque anni.

*docente Unical

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