di Pablo Petrasso
REGGIO CALABRIA Tutti attorno al capezzale dell’Asp di Reggio Calabria. Per più di 10 anni il buco contabile è stato l’elefante rosa nella stanza della sanità calabrese. Ora che il velo è caduto – parzialmente, perché di certo c’è soltanto che i debiti scoperti ammontano a 400 milioni e il contenzioso a 250, ma è soltanto una prima stima –, le conseguenze rischiano di essere pesantissime. Tanto per cominciare c’è da “ricalcolare” il deficit complessivo del sistema. E l’emersione del buco milionario può compromettere il lavoro iniziato dal dipartimento Tutela della Salute per riportare la montagna del deficit al di sotto dei 100 milioni. Lo screening della migrazione sanitaria, il cui saldo negativo è probabilmente sovradimensionato, farà “recuperare” decine di milioni, ma i conti disastrati (e finalmente “in chiaro”) di Reggio Calabria potrebbero vanificare ogni sforzo.
E dire che gli occhi erano puntati sull’Azienda da anni, anche quelli del Grande Fratello contabile chiamato a monitorare le casse del sistema sanitario. Di proroga in proroga, il controllo di Kpmg va avanti dal 2010. Ed è costato milioni di euro alle casse pubbliche. L’ultima proroga – la Gazzetta del Sud ne dava notizia il 25 ottobre 2018 – sarebbe costata 1,2 milioni di euro (Iva esclusa) per trenta mesi. Dopo un anno e mezzo di assenza, dunque, l’advisor avrebbe ripreso il posto che aveva mantenuto per anni, a partire dal 2010, quando, dopo un’iniziale freddezza, l’allora governatore Giuseppe Scopelliti, dietro insistenze romane, aveva dato il via al rapporto.
Nove anni, dunque. Gli stessi nei quali la voragine della sanità reggina ha continuato a crescere senza controllo. Controlli costosi e conti a rotoli: un binomio risuonato spesso nelle pagine dedicate alla politica. A cominciare dalla legislatura 2010-2014, guidata proprio dal centrodestra scopellitiano. Soldi (tanti) e trasparenza (poca) erano il fulcro di una interrogazione firmata da Mario Franchino, Carlo Guccione e Demetrio Naccari Carlizzi: i tre consiglieri regionali chiedevano conto dei 2,3 milioni di euro destinati alle attività dell’advisor per sette mesi, del «costo complessivo di tutti i contratti in essere tra il dipartimento Salute e Kpmg». E domandavano «se Kpmg o altre società satellite (K legal etc.etc.)» avessero «sotto contratto a qualsiasi titolo dipendenti della Regione Calabria o loro familiari». Anni dopo, il leitmotiv delle critiche all’advisor non cambia. È la deputata del M5S Dalila Nesci ad avanzare esposti e interrogazioni. Nel mirino finiscono estensioni dei contratti per servizi aggiuntivi, opacità sulla certificazione del debito, addirittura l’effettiva presenza in Regione degli advisor. Uno dei consulenti individuati aveva, addirittura, uno “stipendio” di 600 euro al giorno. Per la parlamentare grillina c’erano alternative a basso costo: «Una ventina di laureati, magari calabresi, suddivisi tra dipartimento e Aziende della sanità, avrebbero potuto e potrebbero svolgere in tranquillità lo stesso compito affidato per milioni a Kpmg, anche a un quinto del costo complessivo».
Di tanto in tanto, in un dibattito più preoccupato della nomine che dello stato dei conti sanitari e, di conseguenza, dei servizi, il fantasma dell’Asp di Reggio spuntava fuori con tutto il proprio carico di inquietudini. Nel marzo 2016, a reggere le sorti dell’Azienda c’erano tre commissari. E Zoomsud riportava stralci di una delibera dai toni preoccupanti: «Gli interventi al riguardo dell’advisor contabile Kpmg e del soggetto attuatore incaricato (…) nonché dei consulenti legali incaricati a supporto dello stesso, non hanno consentito e non consentono, allo stato, di individuare una specifica linea d’intervento per poter assumere idonee iniziative finalizzate alla risoluzione della problematica segnalata ovvero alla adeguata predisposizione di misure di intervento di sicura efficacia». Un disastro contabile annunciato, nonostante il costoso intervento pluriennale di Kpmg. L’allora segretario provinciale della Uil Nuccio Azzarà chiedeva che si dichiarasse il dissesto: «A nessuno è dato sapere a quanto ammonti il debito – tra 500 e 700 milioni –, nemmeno Kpmg – diceva– . Se continuiamo di questo passo l’Asp travolgerà tutta la sanità calabrese». Una previsione, all’epoca. Oggi potrebbe diventare un fatto. Sempre 2016, ma a maggio. Il Corriere della Sera si occupava del caso: «Tale è il caos patrimoniale della Asp che nessuno — ma proprio nessuno — oggi saprebbe dire a quanto ammonta esattamente il suo debito: le cifre ipotizzate vanno da un minimo di 400 milioni di euro a un massimo del tutto indefinito. E non hanno ancora trovato il bandolo della matassa nemmeno i supercontabili della Kpmg, i revisori voluti dai ministeri di Economia e Salute per aiutare le regioni con i piani di rientro. Il loro conteggio più aggiornato (di pochi giorni fa) parla — testuale — di debito «presunto»: 276 milioni di euro al 31 dicembre 2014. Ai quali vanno aggiunte le pretese dei creditori dal 1° gennaio 2015 a oggi che potrebbero far lievitare la cifra, appunto, a 400 milioni di euro o anche più». Ecco, la risposta è «anche più». Ma è impossibile dire quanto. Anche dopo dieci anni di (costoso) Grande Fratello contabile. (p.petrasso@corrierecal.it)
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