di Pietro Bellantoni
REGGIO CALABRIA Prima l’Università di Messina, ora anche il consiglio regionale della Calabria. Le istituzioni culturali e politiche del Sud Italia chiudono le porte in faccia al filosofo e “consigliere di Putin” Aleksandr Dugin.
Il pensatore e autore de “La Quarta teoria politica”, considerato uno dei principali teorici del sovranismo insieme all’americano Steve Bannon, avrebbe dovuto partecipare a un convegno nella sala del Rettorato di Messina, ma le proteste di alcuni docenti e di altri movimenti – tra cui la Federazione italiana associazioni partigiane – hanno poi spinto l’ateneo a non concedere la sala “Cannizzaro”.
Lo staff di Dugin, con una nota ufficiale, ha subito bollato quanto accaduto come un «fatto gravissimo». La stessa università «che ha ospitato in tempi recenti personaggi come Bruti Liberati, Cacciari, Fornero e Cottarelli, cedendo alle pressioni di una parte politica oscurantista, illiberale e antidemocratica, ha ritenuto di negare la possibilità di esprimere le proprie idee (pur controverse che siano) ad un filosofo e politologo, nonché docente universitario, di caratura internazionale».
L’evento, in un primo momento, era stato spostato in un hotel della città, per poi essere cancellato definitivamente. Dugin aveva infatti deciso di tenere la propria conferenza dall’altra parte dello Stretto, precisamente a Reggio, nella sede del consiglio regionale della Calabria. Ma, anche in questo caso, la domanda del filosofo è caduta nel vuoto, perché i vertici di Palazzo Campanella hanno rigettato la richiesta (presentata dal consigliere regionale Gianluca Gallo), per «motivi di opportunità».
Furioso Francesco Toscano, il presidente del “Risorgimento meridionale per l’Italia” che ha accompagnato Dugin nel suo tour tra Calabria e Sicilia: «È un fatto gravissimo, questa storia non finisce qui».
A quanto pare, lo stesso Toscano si sarebbe adoperato per lo svolgimento della conferenza in una sala pubblica di Gioia Tauro, a una quarantina di chilometri da Reggio.
Dugin continua insomma a dividere l’opinione pubblica. Etichettato, in modo improprio, come «il Rasputin di Putin», il filosofo – come ha avuto modo di specificare più volte Camilla Scarpa, editore italiano delle sue opere – preferisce definirsi l’«ideologo della Russia». Dugin è il teorico della cosiddetta «democrazia illiberale» e un acerrimo nemico della globalizzazione (o globalismo), a cui contrappone l’«Eurasiatismo», un modello che sarebbe in grado di difendere l’identità dei popoli di fronte all’avanzata dell’Occidente.
Ne “La quarta teoria politica”, il politologo analizza le tre ideologie della storia recente (comunismo, fascismo e liberalismo) e ne propone una quarta, in grado di superarle tutte attraverso la dialettica.
Secondo Dugin, inoltre, il voto europeo del 26 maggio scorso avrebbe messo in luce «l’insorgere di un’immensa volontà popolare contro la dominazione totalitaria del pensiero europeista».
Il filosofo, tra l’altro, non sembra aver mai nascosto le sue simpatie per il governo Lega-M5S, considerato «il primo caso di vittoria dei populisti nella storia della politica moderna». (p.bellantoni@corrierecal.it)
x
x